Centrosinistra, quale futuro per la Città Metropolitana di Cagliari?

Quali sono le prospettive di lungo periodo per la Città Metropolitana di Cagliari e come ancorare la sua esistenza alle reali esigenze del territorio e dei suoi cittadini, alla luce di un percorso istituzionale ancora in corso d’opera e, soprattutto, di una intermittente espressione di coesione sulle scelte di sviluppo all’interno dell’area metropolitana?

Una riflessione alla base dell’incontro promosso dal circolo Sergio Atzeni, che, attraverso l’esperienza diretta dei consiglieri metropolitani e l’analisi sullo stato dell’arte, ha approfondito il tema della rappresentatività di questo particolare ente locale territoriale, “sullo sfondo – come ricordato dal consigliere metropolitano Matteo Massa – dei nuovi scenari legati alla riforma regionale degli Enti locali (impugnata dal Governo) e del dibattito sulle modifiche al TUEL (Testo Unico degli Enti Locali), attualmente in discussione in Parlamento”.

Aspetti tutt’altro che di poco conto o di appannaggio per i soli cultori dell’ordinamento degli enti locali, data la potenzialità della Città Metropolitana di creare una rete tra comuni per la gestione dei principali servizi pubblici, a partire dal trasporto pubblico locale e dalla raccolta dei rifiuti, e di superare il gap di rappresentatività diretta all’interno dello stesso ente, attualmente fondato sull’autogoverno.

Elemento, quest’ultimo, da sempre alla base di una certa diffidenza da parte della cittadinanza: sentimento acuitosi nel tempo per effetto di una certa rigidità propria dell’ente, contestualmente privo di una dotazione finanziaria adeguata e sovraccaricato dalle funzioni fondamentali attribuite dalla legge 56 del 7 aprile 2014 e da quelle proprie dell’ex Provincia di Cagliari, senza contare l’immancabile insufficienza delle risorse umane nei rispettivi comuni metropolitani. Aspetto foriero di scarse performance verso la cittadinanza e alla base della mancata partecipazione a bandi ministeriali ed europei per l’attrazione delle risorse nel territorio metropolitano.

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Spunti di riflessione dai quali bisogna partire per Guido Portoghese, consigliere comunale di Cagliari, per il quale “bisognerà rivedere l’attuale conformazione del territorio per supportare la legittimazione del sindaco metropolitano. Un primo cittadino di Cagliari che diventa automaticamente sindaco metropolitano, infatti, non può essere autorevole”. Ente, ha ricordato l’esponente cittadino del PD, che merita una maggiore considerazione a livello regionale, alla luce dell’approvazione del piano strategico della Città Metropolitana “che ha permesso la creazione di un’unica area umida metropolitana, lo sviluppo del piano della Laguna di Santa Gilla, l’avvio del progetto ITS Area Vasta sulla viabilità e dimostrato una virtuosa forma di cooperazione tra comuni nel corso della gestione della pandemia”.

Sullo sfondo di questo ‘patrimonio’ istituzionale, però la considerazione dell’esigenza di nutrire una visione sovraordinata capace di raccordare le scelte di carattere strategico e gli indirizzi di politica economica con le istanze provenienti dai comuni dell’Area Metropolitana, come ricordato dal consigliere comunale di Assemini Sandro Sanna (M5S), anch’esso concorde sul ‘paradosso’ del sindaco metropolitano e sul deficit di rappresentatività dei consiglieri metropolitani “eletti senza il coinvolgimento popolare”. Da qui la proposta per l’elezione diretta degli organi dell’ente (“I cittadini devono scegliere sia il sindaco che i consiglieri metropolitani”) e la necessità di supportare la costruzione di un’ identità metropolitana: “Anche se lavorano, fanno acquisti e portano i figli a scuola nei diversi comuni dell’Area Metropolitana, tra i cittadini dell’Area Vasta manca una identità metropolitana. Viviamo da cittadini metropolitani ma non ci sentiamo tali”.

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Per l’esponente pentastellato, ancora, la gestione dei servizi pubblici dovrebbe essere di esclusiva competenza della Città Metropolitana, a partire dal trasporto pubblico locale e fino ad arrivare alla raccolta dei rifiuti, e si dovrebbe sostenere la complementarietà tra comuni, in modo da realizzare una gestione coordinata capace di aumentare l’efficienza e abbattere i costi per i cittadini.

Maria Laura Orrù, Massimo Zedda, foto Sardegnagol riproduzione riservata
Maria Laura Orrù, Massimo Zedda, foto Sardegnagol riproduzione riservata

Nel corso dell’incontro è intervenuta anche la neo sindaca di Elmas, Maria Laura Orrù, per la quale i comuni dell’Area Metropolitana devono creare “un vero e proprio decentramento per creare nuovo sviluppo” e ancora “sostenere una pianificazione territoriale di coordinamento flessibile e capace di seguire l’evoluzione della società locale”. Flessibilità, ha ricordato la prima cittadina masese, frenata dal Codice degli appalti: “Non è possibile parlare di sviluppo se per realizzare un’opera pubblica bisogna attendere 15 anni. Se si deve mettere in sicurezza il territorio comunale un sindaco deve avere i mezzi per agire tempestivamente. Bisogna intervenire sui tempi di risposta altrimenti i cittadini continueranno a sentirsi esclusi. I comuni – prosegue – devono lavorare in rete condividendo le proprie risorse e capacità”. Un richiamo anche allo sviluppo delle ‘zone cuscinetto’ tra comuni dell’Area Metropolitana e al sempre più ‘salvifico’ Pnrr: “Tra Cagliari ed Elmas esiste un mondo abbandonato che deve essere valorizzato per creare occupazione e nuove prospettive. Sul Pnrr i comuni devono mettersi insieme e fare un ragionamento profondo sulla transizione digitale e ambientale, nonché su come spendere le risorse del Piano Nazionale sul territorio. Un altro aspetto fondamentale – ha concluso Orrù – riguarda il piano assunzioni nei comuni. Negli enti spesso c’è scarsa operatività a causa della carenza di risorse umane, senza contare la disparità di trattamento economico tra dipendenti pubblici, tale da scatenare una fuga dei comuni verso l’amministrazione regionale. I comuni dell’Area Metropolitana su questi temi devono avere una sola voce”.

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Tema ricordato da Stefano Atzori, assessore nel Comune di Settimo San Pietro: “Nonostante l’ampiezza del territorio nel nostro comune ci sono 18 dipendenti, ovvero 1 dipendente ogni 400 abitanti. Con tali numeri è difficile dare risposte tempestive ai cittadini, attirare investimenti e programmare con serenità. Criticità, queste, capaci di portare gli amministratori locali a rinunciare alla ricerca di soluzioni proattive per la cittadinanza”. Da qui il suggerimento per l’apertura di un ufficio di progettazione per i comuni metropolitani “così da razionalizzare le risorse, facilitare la partecipazione a bandi ministeriali ed europei e migliorare le competenze dei dipendenti comunali”.

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