Censimento della popolazione italiana: -175 mila persone al 31 dicembre 2019.

La popolazione censita in Italia al 31 dicembre 2019, secondo le ultime rilevazioni dell’Istat, ammonta a 59.641.488 residenti, circa 175mila persone in meno rispetto al 31 dicembre 2018, pari a -0,3%. Una diminuzione particolarmente localizzata nell’Italia Meridionale e nelle Isole (rispettivamente -1,9% e -2,3%) mentre si registra un aumento della popolazione nell’Italia Centrale (+2%) e in entrambe le ripartizioni del Nord (+1,6% nell’Italia Nord-orientale e +1,4% nell’Italia Nord-occidentale). Più del 50% dei residenti è, infatti, concentrato in cinque regioni: Lombardia (16,8%), Veneto (8,2%), Lazio (9,7%), Campania (9,6%) e Sicilia (8,2%).

Guardando, invece, al periodo 2011-2019 emerge che la popolazione di cittadinanza italiana è diminuita di circa 800mila unità (-1,5%) mentre i cittadini stranieri sono aumentati di circa 1 milione di unità (+25,1%) oltre al milione di acquisizioni di cittadinanza nel periodo 2012-2019. I cittadini stranieri risultano in crescita in tutte le regioni della Penisola, secondo le rilevazioni dell’Istat, a eccezione della Valle d’Aosta, mentre sono solo quattro le regioni in cui aumenta anche la popolazione italiana, ovvero Lombardia, Lazio, Trentino-Alto Adige ed Emilia-Romagna.

La struttura per genere della popolazione residente si caratterizza per una maggiore presenza di donne. Nel 2019 le donne sono 30.591.392 – circa il 51,3% del totale – superando gli uomini di 1.541.296 unità.

LEGGI ANCHE:  Istat, l'Italia conferma i ritardi nella formazione degli adulti. Giovani sempre meno istruiti.

Il nostro è anche un Paese sempre più vecchio, dove tutte le classi di età sotto i 44 anni vedono diminuire il proprio peso relativo rispetto al 2011 mentre aumentano molto le persone dai 45 anni in su che passano dal 48,2% del 2011 al 53,5% del 2019. Dati che evidenziano un aumento dell’età media di due anni rispetto al 2011 (da 43 a 45 anni). La Campania, con 42 anni, è la regione con la popolazione più giovane, seguita da Trentino Alto Adige (43 anni), Sicilia e Calabria (entrambe con 44 anni). La Liguria si conferma, invece, la regione con l’età media più elevata (49 anni).

Il progressivo invecchiamento della popolazione italiana è ancora più evidente nel confronto con i censimenti passati. Il numero di anziani per bambino passa da meno di 1 nel 1951 a 5 nel 2019 (era 3,8 nel 2011) e l’indice di vecchiaia (dato dal rapporto tra la popolazione di 65 anni e più e quella con meno di 15 anni) è notevolmente aumentato, dal 33,5% del 1951 a quasi il 180% del 2019 (148,7% nel 2001).

I laureati e le persone che hanno conseguito un diploma di Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica (A.F.A.M.) di I o II livello rappresentano il 13,9% della popolazione di 9 anni e più. Il 35,6% dei residenti ha un diploma di scuola secondaria di secondo grado o di qualifica professionale; il 29,5% la licenza di scuola media; il 16,0% la licenza di scuola elementare. La restante quota di popolazione si distribuisce tra analfabeti e alfabeti senza titolo di studio (4,6%) e dottori di ricerca, che possiedono il grado di istruzione più elevato riconosciuto a livello internazionale (232.833, pari allo 0,4% della popolazione di 9 anni e più).

LEGGI ANCHE:  Indagine Istat: +1% Pil nel II trimestre 2022.

Rispetto al 2011, diminuiscono, sia in termini assoluti che percentuali, le persone che non hanno concluso con successo un corso di studi (dal 6% al 4,6%) e quelle con al massimo la licenza di scuola elementare (dal 20,7% al 16,0%) e di scuola media (dal 30,7% al 29,5%).

Nel 2019 aumentano le persone in possesso di titoli di studio più elevati rispetto a otto anni prima. In particolare, si contano quasi 36 diplomati (31 nel 2011) e 14 laureati (11 nel 2011) ogni 100 cento individui di 9 anni e più mentre i dottori di ricerca passano da 164.621 a 232.833, con un incremento pari a più del 40%.

Tra la popolazione residente di 15 anni e più, le forze di lavoro ammontano al 52,5%, dal 50,8% del censimento 2011 mentre calano gli inattivi (47,5% da 49,2%. Gli occupati salgono al 45,6% dal 45,0% del 2011 (23.662.471 da 23.017.840). La quota di disoccupati passa invece dal 5,8% al 6,9%. Quote di occupati sopra la media nazionale (45,6%) si rilevano nelle regioni del Nord e del Centro. Le percentuali più elevate sono quelle del Trentino – Alto Adige (55,6%) e di Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia, con valori compresi tra il 51,7% e il 51,0%. Livelli più bassi si registrano principalmente nel Mezzogiorno, soprattutto in Campania (37,3%), Calabria (36,5%) e Sicilia (34,9%).

LEGGI ANCHE:  Istat: la nota sulle tendenze dell’occupazione. La diminuzione congiuturale è il must del trimestre.

Anche se di poco, aumenta la quota di donne occupate. Se nel 2011 la componente femminile rappresentava il 41,8% degli occupati (9.621.295), nel 2019 sale al 42,4%. La maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro è confermata dalla variazione intercorsa tra il 2011 e il 2019 che è stata per gli uomini pari a +1,7% (+233.895 unità) e per le donne di +4,3% (+410.736). Permane, però, lo squilibrio di genere permane ed è confermato anche dai livelli dei tassi di occupazione (37,4% contro 54,4% per gli uomini), disoccupazione (15,1% contro 11,6%) e inattività (56,0% contro 38,5%).

Foto di Eak K. da Pixabay