Caso Todde: i “principi del Consiglio” tra affidamenti diretti e dovere istituzionale.
La Sardegna, oltre che rappresentare una delle regioni d’Italia più arretrate sotto il profilo economico e, forse critico dei suoi abitanti, dallo scorso 3 gennaio si è ritrovata a discutere di politica, grazie, paradossalmente, alla delibera della Corte d’Appello di Cagliari che ha dichiarato decaduta la Presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde.
Da quel momento, la cronaca locale è stata dominata da notizie sulle cifre dichiarate e non dichiarate per la campagna elettorale, sull’assenza del mandatario e sulle prime indiscrezioni dei legali di Alessandra Todde circa la difesa di parte della presidente decaduta. Si è poi aggiunto il tema del Consiglio regionale che, già dalle prime battute, non è sembrato tanto propenso a puntualizzare sul regolamento interno e, quindi, a voler chiudere le discussioni di merito all’interno della Giunta per le elezioni e arrivare, nel più breve tempo possibile, a informare il Consiglio in plenaria sul da farsi.
Puerili argomentazioni, riassumendo, in presenza di un gruppo consiliare di maggioranza (e ovviamente di minoranza) che ha già dimostrato, con l’approvazione dell’ultima variazione di bilancio dello scorso 2024 (dove sono stati spartiti tra amici e parrocchie oltre 100 milioni di euro), il proprio “tenore istituzionale”, alimentando (ma non troppo, complice il crescente analfabetismo funzionale dei/delle sardi/e) un clima di sfiducia nei confronti della classe dirigente.
Può ritenersi giusto, quindi, lanciare tanto fumo negli occhi verso i cittadini/e sardi/e sul tema del “cavillo”, che potrà o meno salvare la presidente nuorese dalla decadenza, in presenza di una sistema partitico effettivamente repellente e stomachevole? Qualcuno/a può nutrire dubbi circa il fatto che questo scandalo si risolverà in un nulla di fatto?
Nel frattempo, bisognerà aspettare le prossime delibere di Giunta o la bozza degli emendamenti della prossima finanziaria regionale, per capire se gli appetiti dei consiglieri/e si paleseranno o se si terrà, visto il momento, un basso profilo. Optiamo, visti i precedenti, per la prima opzione. Ma tanto, sempre complice il crescente analfabetismo funzionale, continuerà a non succedere niente: aspettiamoci qualche altro centinaio di milioni spartiti in preparazione della prossima campagna elettorale regionale del 2029 di questo/a o di quel/quella consigliere/a regionale.
In questo scenario, quindi, appare paradossale focalizzarsi sui tecnicismi legali che potrebbero salvare la Presidenza Todde, mentre questioni ben più gravi, come la gestione opaca dei fondi pubblici, restano in secondo piano. Dinamica che rivela, ancora una volta, una politica regionale autoreferenziale e lontana dalle esigenze reali dei/delle cittadini/e.
La vicenda di Alessandra Todde, quindi, è solo un tassello di un problema più ampio, che richiederebbe un’analisi profonda sullo stato della governance in Sardegna. Non è forse ironico aspettarsi dinamiche di trasparenza e buona amministrazione in una regione che fatica ancora a liberarsi da carenze strutturali e culturali? La storia raccontata, infatti, non potrebbe che essere una storia che ha un suo svolgimento in un’Isola “persa” come quella sarda.