Carceri europee: sovraffollamento al 107.4%.
Meritano un trattamento disumano gli autori dei più efferati crimini? Stando a quanto largamente condiviso dalla popolazione europea decisamente si ma, lontano dagli istinti di pancia, come si può rendere sostanziale l’azione di recupero dei detenuti in un contesto carcerario europeo sempre meno coerente con l’appartenenza ad uno Stato di diritto?
Un tema, il sovrapopolamento degli istituti di pena, recentemente sollevato dall’eurodeputata del gruppo Conservatori e riformisti europei, Chiara Gemma. “Secondo i dati del rapporto SPACE ) del Consiglio d’Europa – scrive l’eurodeputata – il tasso ufficiale di sovraffollamento delle carceri europee è del 107,4 %. Questa situazione, unitamente al problema endemico della carenza di personale, causa un generale declino del benessere degli agenti penitenziari. Come sottolineato anche da uno studio sul tema “Prigioni e condizioni di detenzione nell’UE” (2023), non esistono misure di armonizzazione che stabiliscano norme minime per le condizioni di detenzione a livello dell’UE, in quanto materia di competenza esclusiva degli Stati membri. Ad ogni modo, le cattive condizioni di detenzione generano gravi problematiche che ledono i valori e i principi fondamentali dell’Unione europea alla base della cooperazione giudiziaria in materia penale”.
Difficile andare oltre le questioni di “competenza nazionale” quando si parla di diritti dalle parti della Commissione europea, come ricordato dalla risposta del commissario Didier Reynders all’esponente italiana di ECR: “Le questioni relative alla detenzione, tra cui il sovraffollamento carcerario, sono di competenza degli Stati membri. Questi ultimi tuttavia si sono impegnati a rispettare le norme del Consiglio d’Europa al riguardo, quali le regole penitenziarie europee del 2006. L’8 dicembre 2022 – prosegue – la Commissione ha adottato una raccomandazione sui diritti procedurali di indagati e imputati sottoposti a custodia cautelare e sulle condizioni materiali di detenzione”.
Raccomandazione che stabilisce norme minime relative alle dimensioni delle celle, al tempo da trascorrere all’aria aperta, alle iniziative finalizzate al reinserimento e alla riabilitazione sociale e alle misure speciali per i detenuti vulnerabili”.
Norme, però, che non sono giuridicamente vincolanti per gli Stati membri. Perchè proporle allora, se poi non esiste alcuna possibilità di trasformare tali raccomandazioni in elementi giuridicamente vincolanti per i Paesi UE?