Calano i pubblici esercizi in Sardegna: -51 aziende nell’ultimo anno.

41 iscrizioni e 92 cessazioni, per un saldo negativo di -51 imprese nel solo comparto dei pubblici esercizi registrato nell’ultimo anno nell’Isola. Basterebbe questo semplice dato sulla mortalità delle imprese per togliere il dono della parola ai protagonisti delle ridondanti opere di disinformazione, spesso sostenute dalla comunicazione istituzionale della Giunta regionale della Sardegna, circa lo stato di salute del commercio e del turismo nell’Isola.

Un dato, ricordato ieri nel corso dell’evento promosso dalla Fipe Sardegna, capace di esprimere (se mai ce ne fosse stato bisogno) le importanti difficoltà del settore della ristorazione nell’Isola, dove, a distanza di 5 anni dall’apertura, soccombe una azienda su due. Numeri da far tremare i polsi, considerando che nella sola Sardegna sono presenti circa 11590 pubblici esercizi, pari al 3,5% a livello nazionale: 4517 a Cagliari, 2093 a Nùoro, 889 Oristano e 4091 nella provincia di Sassari.

Persone, foto Sardegnagol, riproduzione riservata
Persone, foto Sardegnagol, riproduzione riservata

Imprese la cui salute è fondamentale per il turismo e la socialità nell’Isola, come più volte rimarcato nel corso dell’incontro.

Quanto impatto sulla quotidiana qualità della vita, infatti, potrebbe produrre la perdita nell’Isola dei suoi 6573 ristoranti e 4893 bar? Tolto qualche sgangerato comitato di residenti a chi gioverebbe? Eppure, nonostante l’utilità sociale degli esercizi pubblici (dove in media lavorano 6,5 dipendenti), ormai con cadenza quasi settimanale, da parte della Regione (e rispettivi assessorati di competenza) e comuni (come non citare la fantastica esperienza di governo dell’amministrizone di Paolo Truzzu, arrivata pure a introdurre la ‘corriera ecologica’), si assiste alla sempre più complicata “lotta per la sopravvivenza” degli esercenti pubblici in Sardegna.

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Vittime incolpevoli – escludendo le “buone pratiche” di scarsa professionalità – di una burocrazia incompetente e ostile, senza contare l’operatività degli/delle esercenti sardi/e all’interno di un mercato locale sparuto e composto in larga parte da consumatori sempre più indigenti.

Un dato di fatto, però, tenuto poco in considerazione nelle “note edulcorate” della comunicazione istituzionale della Giunta regionale, ferma a celebrare le “eccezionali performance di arrivi nei porti e aeroporti sardi”.

E il futuro non fa certo ben sperare per il ricambio generazionale nel settore. Escludendo la provincia di Nùoro, infatti, solo il 12,9% dei pubblici esercizi è amministrato da under35, mentre nelle altre province della Sardegna il dato è sotto il 10%: 9,8 a Cagliari, 9,4% a Oristano e 9,9% a Sassari. Percentuali, va rimarcato, in linea con il 12,9% del disastroso sistema italiano per l’inclusione dei giovani imprenditori.

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Non dovrebbero sorprendere, allora, le parole dello stesso Presidente FIPE Sardegna, Emanuele Frongia, secondo il quale “la nostra federazione è fatta di piccoli imprenditori che quotidianamente fanno grandi imprese”. Una dichiarazione assolutamente incontrovertibile per quei tanti imprenditori del comparto che in anni di pandemia hanno dovuto subire l’inerzia della politica, i bug dell’amministrazione pubblica – come non ricordare le alzate di ingegno dei bandi della Giunta degli infallibili di Solinas, R(E)SISTO e Destinazione Lavoro – e, per ultimo, l’arroganza e il cinismo dei comitati dei residenti. Espressioni di egosismo sociale che farebbero meglio a lamentarsi delle assenze della pubblica amministrazione, a partire dalla mancanza dei controlli e della sicurezza, piuttosto che della libera impresa.

Emanuele Frongia, Ada Lai, Paolo Manca, foto Sardegnagol riproduzione riservata
Emanuele Frongia, Ada Lai, Paolo Manca, foto Sardegnagol riproduzione riservata

Nel corso dell’incontro, ‘bucato’ dagli assessori al Turismo, Gianni Chessa, e ai Trasporti, Antonio Moro, però è intervenuta l’assessora Ada Lai per rimarcare il peso della formazione professionale per produrre un servizio di qualità. Formazione, però, continuamente affidata (attraverso bandi da milioni di euro) alle agenzie di formazione sparse nella regione piuttosto che affidare tali percorsi professionalizzanti direttamente alle aziende sarde.

La stessa iniziativa delle Academy, lanciata lo scorso febbraio 2022 sempre dalla Giunta degli infallibili, si è rivelata un flop come confermato dalla esponente della Giunta Solinas: “Le Academy non hanno avuto successo e non c’è stata alcuna risposta da parte delle aziende. Si è trattato di una sperimentazione o meglio un tentativo di studio”.

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D’altronde con i soldi pubblici cosa non si può fare?

Ma, tornando alla bonta dell’iniziativa formativa “ideata” dalla Regione, la Lai ha poi dichiarato che nella variazione di bilancio 2023 “sono stati inseriti circa 8 milioni di euro per i corsi di formazione gestiti dalle aziende”. Volendo dare il beneficio del dubbio all’assessora sul tenore dell’iniziativa, ricordiamo, però, che per il settore la destinazione di 600mila euro per l’accoglienza turistica e l’enogastronomia non può considerarsi una dotazione esaustiva per “elevare” la qualità del servizio in Sardegna, come non può esserlo neanche la destinazione di 240mila euro per la formazione nel settore dei trasporti e mobilità.

Nell’isola delle opportunità di formazione “busta”, infine, non bisogna mai sorprendersi della folle spesa per l’educazione professionale, come ricordato dal corso di formazione per 500 receptionist di SPA citato durante l’incontro da Paolo Manca, presidente di Federalberghi Sardegna.