Cagliari, la (non) amministrazione Zedda si interroga sul disagio giovanile.

Autoreferenzialità, autoreferenzialità e autoreferenzialità. La (non) amministrazione del Campo largo, guidata da Massimo Zedda, continua – andando oltre le odierne dichiarazioni telefonate dell’assessora alle politiche sociali del Comune di Cagliari – a ricordare mancanza di innovazione e volontà di introdurre innovazione sul fronte dei servizi per i giovani del territorio.

Segmento della popolazione, ribadiamolo, visto e percepito dalle amministrazioni cittadine degli ultimi lustri come un agglomerato passivo e non meritevole di politiche e servizi di qualità, come confermato dall’azione politico-amministrativa rilevata nel corso del primo, secondo e nella fase embrionale di questo terzo mandato di Massimo Zedda che, di fatto, ha confermato negli anni, per esempio, l’esistenza del servizio informagiovani. Prassi, va rimarcato, proseguita trasversalmente dall’ex sindaco, Paolo Truzzu. Un servizio, l’informagiovani della MEM, sul quale chi di dovere – compresi alcuni consiglieri comunali ora in maggioranza – non ha mai voluto approfondire.

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Elementi, senza ombra di dubbio, che potrebbero aver inciso sulla performanza dell’amministrazione cittadina, data la mancanza di “alternative”, sul sempre più crescente fenomeno del disagio giovanile locale che, di fatto, sta portando un maggior numero di giovani a vivere una esistenza da semplici “leftover” piuttosto di spingere “la migliore gioventù cagliaritana” verso l’impegno (ovviamente non ci riferiamo a quello da sezione politica locale sfigata) e l’acquisizione di competenze trasversali, tra le quali, appunto, quelle sociali di cui tanto si sente spesso parlare a sproposito.

Maggioranza, a ulteriore conferma della sostanziale volontà di cambiare una situazione negativa di fatto per i/le giovani cagliaritani/e, che non ha mai voluto mettere mano alla configurazione dello stesso bilancio comunale del Comune di Cagliari, affidando le poche risorse per la gioventù all’assessorato delle Politiche sociali, ricordandoci, in sintesi, che i giovani in questo comune sono percepiti dagli amministratori come un problema, o, meglio, un segmento vulnerabile e “povero di risorse”. Bilancio, inoltre, sempre sul fronte del paradosso e della incoerenza della (non) amministrazione Zedda, che attribuisce invece poche risorse all’assessorato alla Pubblica istruzione, dotato di apposita delega alle politiche giovanili, togliendo, così, ogni dubbio circa l’essenza stessa del tokenismo alla base dell’azione per i giovani esercitata dall’amministrazione locale.

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Che dire poi della prassi (tutta politica) messa in campo da diversi lustri da alcune figure di spicco dell’amministrazione Zedda, buone soltanto (ma non troppo) a prendere il microfono agli eventi locali promossi da organizzazioni qualificate nel lavoro giovanile, salvo poi far saltare ogni tentativo per l’avvio di un serio tavolo di co-programmazione degli interventi per i giovani del territorio?

Forse avviare le solite iniziative per i giovani, senza programmazione e impatto, può essere una valida alternativa per i “poco usciti” al governo della città ma, di sicuro, non per contrastare in modo strutturato il fenomeno del disagio giovanile nel nostro territorio.

Se è vero, come è stato detto oggi, che “molti ragazzi/e usano l’alcol come strumento di socializzazione gruppale” il Comune di Cagliari dovrebbe cambiare il proprio modus operandi, smettere di continuare con le solite cazzate finanziate da oltre due decenni e aprire, finalmente, il “proprio piccolo mondo antico politico-burocratico” alle migliori buone pratiche della città.

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Insomma, si tratta di mettere in campo uno slancio di alta politica, mentre (purtroppo) la città continua ad essere amministrata da semplici arrampicatori senza arte né parte.