Botticelli e i ‘ripensamenti’ sulla Venere.
I Musei Reali di Torino raccontano una delle opere più iconiche del museo: “La Venere pudica” di Sandro Botticelli, vero nome Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi. Sono la storica dell’arte Annamaria Bava e la restauratrice Tiziana Sandri ad illustrare in un video il dipinto, dove la figura della dea – su fondo scuro, disposta in piedi su un basamento come una scultura – richiama subito ‘La nascita di Venere’ delle Gallerie degli Uffizi.
Il video presenta, sotto la pellicola pittorica di tempera e olio su tela, i tratti del disegno di Botticelli che evidenziano dubbi e ripensamenti nel trovare la giusta posizione delle mani, dei piedi, delle ginocchia nella definizione degli arti e i tratti rimarcati dell’ovale del volto. Teorie confermate dalle radiazioni infrarosse, che hanno portato alla scoperta del processo creativo e rivelato importanti informazioni sulla genesi dell’opera e sulla tecnica.
Acquistata nel 1920 dal finanziere e collezionista Riccardo Gualino che la donò nel 1930 alla Galleria Sabauda, l’opera fu dipinta nel momento di massima attività della bottega del maestro fiorentino, alla fine del XV secolo, negli anni 1485 – 1490. Nei tratti della Venere è sembrato riconoscere Simonetta Vespucci, giovane di ineguagliabile bellezza, amata da Giuliano De’ Medici, fratello minore di Lorenzo.
“Della Venere di Torino, che ha una perla tra i capelli, – si spiega nel video – esiste una versione gemella conservata a Berlino, dai colori più chiari, ma è lo stesso Vasari a ricordare che a casa De’ Medici esistevano molti quadri con nudi di donne”.
L’opera da sempre ha suscitato i dubbi dei critici e dei pittori sul perché il pittore rinascimentale avesse deciso di dipingere più volte lo stesso soggetto. Nel 1926 il critico Leonello Venturi sostenne che la “Venere pudica” non era altro che lo studio per “La nascita di Venere”. Per conoscere le relazioni tra le diverse Veneri di Botticelli, lo scorso anno, quella della Collezione Gualino è stato oggetto di approfondite indagini diagnostiche condotte da Thierry Radelet, coaudiuvato dai tecnici del laboratorio di restauro dei Musei Reali.