Boom enti non profit, INAPP: “Quasi raddoppiati negli ultimi 5 anni”.

Dai 19mila del 2016 ai 34mila del 2021. Impegnano 1milione e 200mila addetti, per metà volontari, offrendo servizi che raggiungono 3 milioni e mezzo di persone e famiglie. Sono questi i dati che certificano il boom degli enti non profit in Italia. Fortissima la presenza delle donne (oltre 800mila addette ovvero il doppio degli uomini).

Con questi dati, spiegano gli autori del report “L’offerta dei servizi sociali del terzo settore“, è dunque possibile ricostruire, in maniera puntuale e articolata, il variegato mondo dei servizi sociali offerti dal non profit. Cooperative e imprese sociali, organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, enti filantropici, reti associative, realtà di mutuo soccorso che operano all’interno dell’articolato settore dei servizi sociali: dagli interventi residenziali e socioassistenziali (36,6%), ai servizi di valutazione e accoglienza (26,3%), dal contrasto alla marginalità sociale al sostegno all’inclusione, in particolare con attività di informazione e prevenzione (51%) e integrazione socioeducativa (51%).

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“Sebbene sia in costante crescita e rappresenti un pilastro fondamentale del nostro sistema di welfare – commenta Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp – il non profit italiano è ancora da esplorare in tutte le sue dimensioni e da valorizzare adeguatamente. È necessario sostenerlo, soprattutto in termini di rafforzamento e di riconoscimento delle competenze e dei profili professionali, condizione necessaria per qualificare le politiche di inclusione e per offrire alla cittadinanza servizi di welfare non tanto sostitutivi delle prestazioni essenziali proprie dello Stato Sociale quanto invece a queste complementari, per meglio rispondere ai bisogni dei cittadini”.

La forte presenza delle donne nel settore si concentra interamente nelle posizioni operative e scarsamente rappresentata a livello apicale di governo degli enti. Prevale per loro il lavoro retribuito e, in particolare, sono più numerose che altrove nelle cooperative sociali e nelle fondazioni.

Guardando alla tipologia di enti, è possibile rilevare come le organizzazioni di volontariato siano il principale fornitore non profit di servizi sociali (39,1%), in crescita rispetto al 2016 (+6,2%); si concentrano, soprattutto, nel Nord-Est mentre una presenza più contenuta si rileva nel Mezzogiorno. Le Imprese sociali o Cooperative sociali (35,9%) sono molto rappresentate e in pieno sviluppo, con un incremento del 7,7%. Seguono, a grande distanza, le associazioni di promozione sociale (9,1%) e gli enti filantropici (o fondazioni) in calo rispetto al periodo precedente (-3,2%).

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La distribuzione territoriale degli addetti mostra un diverso andamento: il Nord-Ovest con il 39,4% ha il maggior numero di addetti mentre il Mezzogiorno assorbe solo il 20,6% del totale degli addetti a livello nazionale. Inoltre, la distribuzione del personale tra retribuiti e volontari vede, soprattutto nelle aree settentrionali, una maggiore consistenza di lavoro volontario (nord-ovest 31,6%) mentre nel mezzogiorno si osserva il fenomeno contrario con una prevalenza di lavoro retribuito (43,3%).

La pervasività degli enti non profit nella realizzazione di servizi sociali risulta confermata dalla ragguardevole numerosità di utenza raggiunta che, mediamente, si attesta intorno a quota 3milioni e mezzo di persone. La maggior parte delle prestazioni è rivolta alle famiglie (63,7%) seguite dalle persone disabili (57,1%) e dai minori (53,8%).

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“In questo contesto – conclude Fadda – la valorizzazione del lavoro sociale deve seguire le indicazioni contenute nella recente strategia europea dell’assistenza, che sottolinea la necessità di percorsi formativi altamente qualificanti per garantire efficacia ed efficienza dei servizi sociali, da concepire in un’ottica non di “erogazione di prestazioni” ma di supporto e di coinvolgimento attivo dei soggetti presi in carico. Anche il lavoro volontario deve essere valorizzato in questa prospettiva. Un tema che l’Inapp seguirà da vicino insieme   all’impatto della digitalizzazione, un processo di cambiamento portatore di rischi e opportunità per il futuro anche nel settore dei servizi sociali”.