Bi.Ar, la scienza al servizio dei produttori di birra artigianale della Sardegna.

Una birra artigianale, sostenibile e dal gusto inconfondibilmente sardo. Questo l’obiettivo del progetto cluster Bi.Ar. di Sardegna Ricerche che, nel valorizzare l’economia circolare, ha messo in contatto imprese e innovazione, proponendosi di migliorare le caratteristiche produttive delle birre e la loro shelf life, trasformando gli scarti in risorse.

La prima fase del progetto Bi.Ar. si è concentrata sulla selezione di varietà locali di cereali e orzi adatti alla produzione dei malti. Questi ultimi sono stati affidati agli esperti della Porto Conte Ricerche che sono al lavoro per valorizzarne le caratteristiche più interessanti. I malti isolani, aggiunti a quelli in commercio, possono conferire alla birra un gusto inconfondibilmente sardo. A confermarlo anche le analisi qualitative e sensoriali che valutano colore, gusto, resa della schiuma, aderenza ai parametri di stile e gradimento tra i consumatori.  

Allo studio anche le diverse tecniche per aumentare la shelf life delle birre artigianali, garantendone così la freschezza anche a distanza di tempo. I ricercatori stanno sperimentando diversi elementi: dal packaging attivo – come i tappi assorbitori di ossigeno – alle correzioni nelle tecnologie di trasformazione, fino all’analisi delle temperature di conservazione.

Sardegna ricerche
Sardegna ricerche

Ad Alghero si lavora anche sulle fruit beer, uno stile birrario riconosciuto, per esaltare le biodiversità isolane. L’obiettivo è usare la frutta locale, anche quella che ormai ha perso appeal tra i consumatori, per farne la carta vincente delle fruit beer sarde. Alla Porto Conte Ricerche si lavora sugli aromi e le qualità dell’albicocca “busucciu” in chiave brassicola. Anche in questo caso le produzioni pilota verranno poi testate sia dal punto di vista chimico che sensoriale.

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“Oggi se non ti distingui ti estingui. Le imprese, soprattutto quelle che devono competere sullo ‘scaffale mondiale’ del mercato globalizzato e sul web, devono aumentare il valore della tipicità e di una moderna artigianalità, arma vincente per distinguersi, ma solo se abbinata ad una alta qualità organolettica di prodotto e una sostenibilità dell’intero processo”, evidenzia Gavino Sini amministratore unico di Porto Conte Ricerche.

In cantiere ci sono anche nuove tecnologie capaci di ridurre il consumo energetico. Criticità significative per i birrifici che ogni anno devono smaltire fino a 36mila kg di trebbie, lo scarto più consistente nella produzione della birra. Generalmente cedute agli allevatori o conferite in discarica con relativi alti costi di smaltimento, le trebbie – correttamente trattate – potrebbero diventare un fertilizzante adatto anche all’agricoltura biologica, per un’economia circolare dall’alto valore aggiunto così come dimostrato dai microbiologi dell’Università di Sassari. Questo tipo di scarto ha anche un’altra strada: le trebbie possono essere trasformate in un bio-carburante capace di sostituire il GPL oggi utilizzato per alimentare le caldaie indispensabili nel processo di produzione della birra.

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A questo scopo la Sotacarbo ha studiato e sta testando una caldaia a biomassa che abbatterebbe i costi energetici – oggi pari a oltre 0,35 euro a litro di birra prodotto – e quelli di smaltimento.

L’ultimo e importante punto al vaglio dei ricercatori è rappresentato dai consumi idrici. Per produrre un litro di birra in birrificio, sono necessari 6 litri di acqua che rappresentano un costo economico e ambientale. Per questo il dipartimento di agraria dell’università di Sassari ha elaborato un sistema per purificare biologicamente l’acqua utilizzata durante la produzione e poterla così riutilizzare nei birrifici.