Autonomia differenziata, Livolsi: “Fa bene alle imprese”.

“La congiuntura è nel segno dell‘incertezza complessiva, tra le elezioni europee di giugno – in cui si vota col sistema proporzionale per cui i partiti anche della stessa coalizione scendono in campo tutti contro tutti – e il caos geopolitico – ultima notizia il peggioramento delle relazioni, già al minimo per via della guerra in Ucraina, tra democrazie occidentali e Mosca dopo la morte improvvisa di Alexey Navalny nella colonia penale della Russia artica. L’economia italiana fatica a uscire dalla stagnazione. La Commissione europea ha tagliato le stime prevedendo una crescita dello 0,7% nel 2024 rispetto allo 0,9% di novembre. Rivista al ribasso anche l’aspettativa per il 2023: secondo l’Ue lo scorso anno il nostro Pil è aumentato dello 0,6% contro la precedente valutazione dello 0,7%”.

E’ l’analisi di Ubaldo Livolsi, fondatore della Livolsi & Partners S.p.A. “Da queste colonne – continua – da tempo sosteniamo che l’Italia deve puntare sulle imprese: sono queste ultime che, creando occupazione e salari, stimolano la domanda e inducono crescita e sviluppo. Per fare questo, è fondamentale individuare le aree su cui le stesse aziende devono intervenire: l’innovazione, il capitale – su cui dovrebbe essere anche destinato il risparmioprivato – i giovani talenti e i manager capaci, la crescita dimensionale e l’internazionalizzazione. Se è vero che lo Stato deve svolgere la propria funzione tramite leggi ad hoc e immettere forza positiva nel sistema: dall’eliminazione della burocrazia al funzionamento della pubblica amministrazione alle norme contro la concorrenza sleale, sorprende che sia passato sotto silenzio il contributo che può portare alla ripartenza del Paese l’autonomia differenziata, cavallo di battaglia di Roberto Calderoli, ministro degli Affari regionali, il cui ddl, promosso al Senato a fine gennaio, passerà alla Camera dove dovrà essere approvato con la maggioranza assoluta. Le singole Regioni potranno contrattare con lo Stato fino a un massimo di 23 materie: tra cui Salute, Istruzione, Sport, Ambiente, Energia Trasporti, Cultura e Commercio estero. Tutto ciò dovrà essere subordinato ai Lep-Livelli essenziali di prestazione, ossia degli standard minimi di servizio indipendentemente dal luogo di residenza del cittadino”. 

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“Si è ricordato poco – sottolinea quindi Livolsi – come tutto questo sistema possa favorire le imprese. Il federalismo e il liberismo in economia sono due colonne del pensiero liberale. L‘autonomia differenziata va inquadrata in tale contesto. L’obiettivo è arrivare a uno Stato vicino ai cittadini, che faccia gli interessi delle imprese (anch’esse espressione dell’individuo) e del territorio su cui esse sorgono. Dall’istruzione alla salute, dall’energia ai trasporti al commercio estero, tutti questi ambiti, se fatti a misura e a vantaggio delle imprese – oltre che ovviamente dei cittadini – non potranno che fare bene all’impresa. Lo schieramento del centrosinistra biasima l’autonomia differenziata perché disunirebbe l’Italia. Si può ricordare che di fatto una sorta di autonomia differenziata nel nostro Paese sia già in atto, si pensi per esempio a quanto avviene nella sanità con molti cittadini del Sud che si spostano nelle regioni del Nord per essere curati. Che l’autonomia differenziata sia la strada, lo dimostra anche l’istituzione a partire dal 1° gennaio 2024 della Zona economica speciale per il Mezzogiorno, ‘Zes unica’. All’interno di questa – che comprende i territori di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna e sostituisce le Zone economiche speciali frammentate in otto diverse strutture amministrativi – le imprese già operative o di nuovo insediamento possono beneficiare di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative”. 

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“Va anche ricordato – scrive ancora Livolsi – che con l’autonomia differenziata uscita dal Senato, lo Stato si riserva di intervenire e il Governo può sostituire Regioni, Città metropolitane, Comuni e Provincie se inadempienti sui trattati internazionali, normativa comunitaria e sicurezza pubblica. Molto importante è che i Lep siano molto stringenti in tema di diritti civili e sociali. Sarà fondamentale il sistema dei controlli sugli sprechi e la capacità di mettere a tavolino dei processi virtuosi per cui siano premiate quelle Regioni che spendono meno. Si spera anche- conclude- che si risolva il nodo del Fondo perequativo di cinque miliardi per le Regioni che non chiedano l’autonomia, che a tutt’oggi, a causa dei noti problemi di bilancio dello Stato, è a fondo zero, come ha ricordato il Mef, guidato dal ministro Giancarlo Giorgetti”.

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