Alfabetizzazione finanziaria degli studenti italiani. Italia in ritardo.
La bassa alfabetizzazione finanziaria degli studenti/esse italiani/e è stata rimarcata nell’ultima indagine PISA dell’OCSE, confermando la posizione di ritardo del nostro Paese nel contesto internazionale: gli studenti/esse italiani/e, in particolare, conseguono un punteggio medio pari a 476, rispetto a una media OCSE pari a 505.
Solo un quinto dei/delle quindicenni italiani/e, secondo la ricerca, è in grado di identificare prodotti e termini finanziari di uso comune, riconoscere la differenza tra bisogni e desideri e prendere decisioni sulle spese quotidiane.
Tra gli studenti dei paesi OCSE partecipanti alla rilevazione, gli italiani occupano tra l’11° e il 12° posto (tra il 12° e il 13° se si prendono in considerazione anche i paesi non-OCSE che hanno partecipato alla rilevazione).
L’indagine, inoltre, mostra l’esistenza di divari significativi all’interno del Paese. Come per gli altri ambiti della ricerca PISA, vi è un divario tra le aree del Nord e quelle del Sud. In Italia, più che altrove, il divario di genere rimane significativo, con uno scarto negativo di 15 punti che penalizza le ragazze. Emergono, infine, in coerenza con gli altri domini di indagine di PISA, divari tra tipologie di scuole: gli studenti dei licei mostrano un livello di alfabetizzazione superiore a quella degli studenti degli istituti tecnici, che a loro volta hanno punteggi migliori degli studenti degli istituti professionali: il gap tra gli studenti di liceo e i coetanei che frequentano gli istituti professionali è di oltre 100 punti.
Il report ancora segnala come gli studenti acquisiscano la maggior parte delle informazioni di tipo economico e finanziario in famiglia, il che però non può che riprodurre i divari connessi alle condizioni socio-economiche delle famiglie di origine.
La scuola – sarebbe stato sorprendente il contrario – non riesce quindi a far superare il divario di competenze legato al background familiare.
Tra le radici della bassa alfabetizzazione l’assenza di validi percorsi educativi sull’economia e la finanza a partire dalla scuola primaria. Un gap capace di non preparare i/le giovani a sviluppare una preparazione economica e finanziaria adeguata, costruendo, di fatto, una massa di cittadini scarsamente consapevoli e incapaci di comprendere meglio le dinamiche economico-finanziarie della propria società.
Nell’ordinamento scolastico italiano, l’economia non è un insegnamento obbligatorio, eccezione fatta per i licei economico-sociali e in alcuni istituti tecnici e professionali, dove l’insegnamento raramente può definirsi soddisfacente.
Sebbene siano sempre più numerosi i soggetti pubblici e privati che offrono alle scuole programmi di educazione finanziaria, da inserire in maniera trasversale nelle materie obbligatorie oppure attraverso insegnamenti facoltativi che affianchino quelli obbligatori, il numero di studenti raggiunti da iniziative di educazione finanziaria è ancora molto
contenuto.
Ancora, un altro elemento alla base della scarsa alfabetizzazione finanziaria è dato dalla correlazione con le altre competenze di base, in particolare con la matematica. In Italia il livello mediamente più basso delle competenze
di matematica può in parte spiegare il divario anche nelle competenze finanziarie rispetto ai coetanei degli altri Paesi OCSE.
Un ruolo fondamentale, come già rilevato, è svolto dalla famiglia, prima fonte informativa per i giovani sui temi economici e finanziari. In Italia si parla meno in famiglia di questi temi rispetto agli altri Paesi, soprattutto con le ragazze, indipendentemente dal background familiare. Recenti analisi della Banca d’Italia suggeriscono che questo ritardo
possa essere spiegato anche da una minore responsabilizzazione dei giovani sugli aspetti economico-finanziari da parte delle famiglie.
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