Afghanistan: stop all’istruzione medica per le donne.
Mentre in Italia si sono conclusi da poco le rumorose (e poco sostanziali) celebrazioni contro la violenza di genere, restando sulla linea dell’irrilevanza, nessuna organizzazione e comitato femminile ha, al momento, espresso, alcuna parola di solidarietà verso le donne afghane, private recentemente del diritto all’istruzione medica in Afghanistan.
Mentre per le nostrane “guerriere da comodino”, probabilmente, i diritti per le donne vanno promossi in determinati contesti codificati e precostituiti, poco o nulla si fa per sensibilizzare l’opinione pubblica verso i diritti sostanziali delle donne.
Fortunatamente, a commentare l’ennesima (quanto deprecabile) azione del governo dei talebani, è intervenuto il SEAE, il Servizio Europeo per l’Azione Esterna, dichiarando in una nota che sospendere l’istruzione medica per donne e ragazze “rappresenta un’altra spaventosa violazione dei diritti umani fondamentali e un attacco ingiustificato all’accesso delle donne all’istruzione in Afghanistan”.
Paese, incredibilmente, verso il quale l’Ue si è impegnata a erogare 1,2 miliardi di EUR per il periodo 2021-2025 per promuovere la cooperazione allo sviluppo, contrastare l’estremismo, creare istituzioni legittime e democratiche e garantire il rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle donne, dei bambini, delle minoranze etniche e religiose.
Ma, mentre l’Ue spende male i suoi fondi, le donne afghane continuano a essere private dei loro diritti e, all’orizzonte, non si prevede alcuna decisione tranchant circa la sospensione dell’accordo di cooperazione da parte della “democratica Europa”.
Eppure, dovrebbe essere ovvio, la partecipazione delle donne all’istruzione e alla forza lavoro non è solo una questione di uguaglianza ma è essenziale per l’autosufficienza, lo sviluppo e la prosperità della nazione afghana.
Punto che lo stesso accordo con dell’Afghanistan con l’Ue mette in risalto.
foto © UNICEF/UN0648262/Bidel