Adesione Ue e derive separatiste: il calvario della Bosnia-Erzegovina.

Le elezioni locali in Bosnia ed Erzegovina, in programma il prossimo 6 ottobre 2024, potrebbero portare nuovi sviluppi sui futuri equilibri del Paese lungo il tortuoso percorso per l’adesione all’Ue. Sebbene la Federazione abbia ricevuto il via libera per avviare i negoziati di adesione all’UE lo scorso mese di marzo, dalle parti della Republika Srpska,il presidente Milorad Dodik del SNSD, ha annunciato l’intenzione di sostenere una “separazione pacifica” dalla Federazione bosniaca.

Presidente della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina che sta intensificando gli sforzi per dichiarare l’indipendenza della Republika Srpska, causando tensioni che potrebbero portare a un conflitto in un Paese già fragile in termini di pace e sicurezza.

Secondo l’Ifimes, l’Istituto Internazionale per gli Studi sul Medio Oriente e sui Balcani, l’azione di Dodik nascerebbe dall’esigenza di salvaguardare la propria ricchezza e quella della sua oligarchia trasferendo denaro e altri beni in paradisi fiscali. Secondo il lavoro di ricerca dell’istituto, in particolare, si stima che circa tre miliardi di euro di capitale appartenenti a Milorad Dodik e alla sua oligarchia circolino in Slovenia. Movimenti che vedrebbero anche il coinvolgimento del cartello della droga di Sarajevo, funzionari e banche slovene che, consapevolmente, faciliterebbero queste controverse transazioni che coinvolgono denaro pubblico e fondi UE, che minacciano la pace e l’accordo di pace di Dayton.

La Bosnia-Erzegovina, proseguono dall’Ifimes, ha recentemente dovuto affrontare notevoli minacce mediatiche da parte del regime di Milorad Dodik e della sua famiglia. Sotto la guida di Milica Ristović Krstić, nominata da Dodik all’Istituto statale di metrologia della Bosnia-Erzegovina (IMBiH) è stato inflitto un duro colpo, in termini di sostenibilità economica, ai media locali. Strategia che ha come obiettivo la creazione di un monopolio sulla misurazione dell’audience e rafforzare i canali TV allineati al regime della Republika Srpska, indebolendo così i media indipendenti, in particolare BN TV nella Republika Srpska e TV Hayat a Sarajevo.

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Sul tema, il capo della delegazione dell’UE in BiH, Johann Sattler e l’Alto rappresentante della comunità internazionale (OHR), Christian Schmidt , si sono finora astenuti dal commentare.

I partiti al potere, ancora, cercano di esercitare influenza su settori e istituzioni chiave. Una di queste è l’Alto Consiglio giudiziario e della Procura della Bosnia ed Erzegovina (HJPC) della quale si vuole ridurre l’autorità, l’indipendenza e introducendo criteri etnici nella magistratura.

L’ Assemblea nazionale della Republika Srpska, ricordano sempre dall’Ifimes, ha poi approvato emendamenti al Codice penale della Republika Srpska, reintroducendo la diffamazione come reato penale dopo 20 anni di assenza e reintegrandola nella legislazione penale. I piccoli organi di informazione, già in difficoltà finanziarie, rischiano di scomparire, portando così all’autocensura dei media, rispecchiando una tendenza di crescente populismo nella regione.

Secondo i dati della stessa Procura della Republika Srpska, sono state avviate quasi 100 indagini relative al reato penale di diffamazione e le Procure della repubblica stanno interrogando i giornalisti.

Allo stesso tempo, mentre sottopone giornalisti e attivisti della società civile al peso di leggi autocratiche, l’Assemblea nazionale della Republika Srpska ha recentemente approvato la Legge sull’immunità, che garantisce al Presidente e ai Vicepresidenti della RS, ai membri del Governo della RS, ai deputati dell’Assemblea nazionale della RS e ai delegati del Consiglio dei popoli l’immunità da responsabilità penale o civile per qualsiasi azione intrapresa nell’ambito delle loro funzioni ufficiali, sia durante che dopo i loro mandati.

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È in gioco, quindi, un’evidente discriminazione: giornalisti e organi di informazione sono soggetti a responsabilità penale per ciò che dicono o scrivono, mentre i funzionari pubblici godono di un’immunità aggiuntiva, che li protegge dalla responsabilità penale.

Critica anche la legge sugli agenti stranieri (che dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2025) che ha spinto un certo numero di dipendenti delle ONG a dimettersi, poiché molti non desiderano essere sottoposti a un ” trattamento speciale ” da parte delle autorità della Republika Srpska. È interessante notare che lo stesso governo, i ministeri e altre istituzioni utilizzano liberamente decine di milioni di donazioni straniere e vari accordi finanziari. Ciò significa che mentre il governo può utilizzare denaro di donatori stranieri, la società civile subirà un trattamento discriminatorio se fa lo stesso. Vale anche la pena menzionare che il governo della RS e altre istituzioni si sono costantemente astenuti dal sostenere finanziariamente il lavoro delle ONG, ad eccezione, ovviamente, di quelle che controllano interamente o che hanno fondato autonomamente. 

L’emanazione di queste tre leggi ha comprensibilmente suscitato critiche e preoccupazioni da parte dell’UE e degli Stati Uniti, poiché sono in conflitto con le strategie di integrazione europea.

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Repubblica che sullo sfondo è colpita anche da un’altra criticità, il declino demografico (1,45 milioni di abitanti nel 1998 contro i 750.000 di oggi).

“Gli sviluppi politici nella regione – ricordano dall’Ifimes – assomigliano a una replica dei primi anni ’90. Tuttavia, gli incontri nazionali hanno una nuova svolta con le élite politiche nei Balcani occidentali a sostegno dell’adesione dei loro Paesi all’UE. L’attenzione attuale è rivolta alle relazioni tra Serbia e Bosnia-Erzegovina, dove c’è un crescente sostegno dell’UE per l’adesione simultanea di Serbia e Bosnia-Erzegovina. Si prevede che il Governo bosniaco avvierà una dichiarazione congiunta con la Serbia affermando l’adesione urgente e indispensabile di entrambi gli Stati all’UE. La dichiarazione verrebbe adottata in una sessione congiunta di entrambi i parlamenti/assemblee e prontamente inviata all’UE. La dichiarazione non conterrebbe altro che una chiara richiesta che chiede la decisione urgente dell’UE di ammettere i due Stati. Tale approccio – proseguono – mira ad allentare le tensioni, consentendo all’UE di considerare collettivamente tutte le misure necessarie e anche di assumersi la responsabilità della pace nei Balcani. Il fallimento nel perseguire iniziative pro-europee dimostrerebbe inequivocabilmente che le élite politiche sono profondamente impantanate nella criminalità e nella corruzione e che l’adesione all’UE è solo un pretesto per estorcere fondi dai bilanci dell’UE”, concludono dall’Ifimes.

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