ActionAid: “Per i minori senza cittadinanza italiana l’accesso allo sport è una corsa a ostacoli”.
Secondo il rapporto “Sport e cittadinanza. Norme, pratiche e ostacoli” pubblicato da ActionAid, in Italia permangono ancora troppe disparità nell’accesso all’attività sportiva tra minori italiani e stranieri. “Nonostante i passi in avanti fatti negli ultimi anni, il cammino è ancora lungo – afferma Daniela Capalbo di ActionAid -. Il mondo dello sport, professionistico e dilettantistico, insieme a quello dell’attivismo sociale, della politica e delle istituzioni ha il dovere di ragionare su tali questioni affrontandone le problematiche collegate. Lo sport non dovrebbe concedersi di perdere la sua partita più importante: essere il luogo dell’inclusione di tutte le persone. È necessario quindi garantire la possibilità di accedere alla pratica sportiva per tutti, indipendentemente da origine o status giuridico”.
Il cosiddetto Ius soli sportivo (legge 12/2016) e lo Ius Culturae sportivo (art.1 co. 369 della Legge di Bilancio 2018), secondo l’organizzazione ActionAid, pur basandosi sull’idea di sport come strumento di inclusione hanno finito per produrre ulteriori discriminazioni, amplificando la vulnerabilità dei giovani under 18 senza cittadinanza. Lo Ius soli sportivo prevede, in particolare, che i minorenni che non sono cittadini italiani ma che risiedono regolarmente nel nostro territorio almeno dal compimento del decimo anno di età possano essere tesserati presso le società sportive con le stesse procedure previste per i cittadini italiani. Prima di questa legge, soltanto la Federazione italiana hockey e la Federazione pugilistica italiana avevano adottato disposizioni per equiparare gli atleti. La limitazione al compimento dei dieci anni determina però disparità di trattamento: è il caso, ad esempio, di un minore entrato sul territorio nazionale all’undicesimo o dodicesimo anno di età che si ritrova quindi escluso dai benefici della legge.
Un’altra criticità sollevata nel rapporto, riguarda la questione della “residenza regolare”, dove l’aggettivo regolare sembra far riferimento proprio alla residenza anagrafica. “Un tema particolarmente spinoso per gli stranieri, perché il suo possesso è legato principalmente alla titolarità del permesso di soggiorno”, si legge nella nota di ActionAid.
Ad affiancare lo Ius soli sportivo e a coprirne parzialmente i limiti è intervenuto lo Ius culturae sportivo che stabilisce che i minori cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione Europea, anche non in regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno, possono essere tesserati purché siano iscritti da almeno un anno a una qualsiasi classe dell’ordinamento scolastico italiano. Tuttavia, lo Ius culturae sportivo, ricordano dall’organizzazione, continua a non essere applicato in tutta la sua portata dato che in molti casi ancora non si consente il tesseramento di figli di genitori irregolarmente presenti sul territorio italiano o che hanno difficoltà a ottenere il certificato di residenza anagrafica.
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