Insediamenti illegali israeliani. L’Ue si conferma leader globale del “doppio standard”.

L’Ue, si conferma essere la leader globale dei doppi standard. A ricordarlo la circostanza che vede tutti i 27 Paesi Ue contrari agli insediamenti israeliani illegali – come ci ricorda il diritto internazionale e le stesse conclusioni del Consiglio europeo del 22 marzo 2024 – e, contestualmente, la presenza di un florido commercio Ue con gli stessi insediamenti israeliani illegali, sostenendo, di fatto, non solo il loro mantenimento e gli abusi che ne sono alla base, ma violando anche gli obblighi che incombono in virtù del diritto internazionale.

Inoltre, il 19 luglio 2024, la Corte internazionale di giustizia (CIG) ha stabilito che gli Stati hanno l’obbligo di astenersi dall’avviare con Israele rapporti economici o commerciali riguardanti i territori palestinesi occupati o parti di essi che possano consolidare la sua presenza illegale nei territori e di adottare misure per impedire relazioni commerciali o di investimento che contribuiscano al mantenimento della situazione illegale creata da Israele nei territori palestinesi occupati.

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L’attuale politica di differenziazione dell’UE, in base alla quale i beni prodotti negli insediamenti israeliani non sono disciplinati dall’accordo di associazione UE-Israele ma sono commercializzati attraverso un “accordo tecnico”, non è conforme agli obblighi stabiliti dalla CIG, che esigono un divieto generale di commercio con gli insediamenti.

Sulla questione numerosi eurodeputati* hanno chiesto alla Commissione Ue di rispettare i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale e vietare urgentemente tutti gli scambi commerciali con gli insediamenti israeliani illegali.

In risposta, il vicepresidente esecutivo della Commissione europea per il Green Deal europeo, Maroš Šefčovič ha dichiarato che “l’UE ha preso debitamente atto del parere consultivo della Corte internazionale di giustizia (CIG) sulle conseguenze legali derivanti dalle politiche e dalle pratiche di Israele nei territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est” e, ancora, che “considera illegali gli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati”.

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Quindi, nonostante il commercio con gli insediamenti illegali, per l’esponente della Commissione von der Leyen, “le posizioni e le politiche dell’UE sono pienamente allineate alle risoluzioni delle Nazioni Unite sullo status dei territori palestinesi occupati”.

Anche sul tema della politica di differenziazione dell’Ue, l’esponente della democratica Commissione Ue, ha confermato tutti i limiti dell’attuale impianto europeo in termini di coerenza: “La politica di differenziazione dell’UE implica che le merci provenienti da insediamenti israeliani nei territori occupati dal giugno 1967 non rientrano nell’ambito di applicazione dell’accordo di associazione UE-Israele e non possono pertanto beneficiare di preferenze commerciali ai sensi dell’accordo. Gli Stati membri discuteranno ulteriormente, in seno ai pertinenti organi preparatori del Consiglio, l’impatto del parere consultivo sulle posizioni e sulle politiche dell’UE”.

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Questa, in breve, è l’Europa.


*Matjaž Nemec (S&D), Tineke Strik (Verts/ALE), Barry Andrews (Renew), Catarina Vieira (Verts/ALE), Daniel Attard (S&D), Irena Joveva (Renew), Lynn Boylan (The Left), Cecilia Strada (S&D), Abir Al-Sahlani (Renew), Billy Kelleher (Renew), Thomas Bajada (S&D), Brando Benifei (S&D), Raphaël Glucksmann (S&D), Pierre Jouvet (S&D), Marco Tarquinio (S&D), Aodhán Ó Ríordáin (S&D), Marc Botenga (The Left), Hana Jalloul Muro (S&D), Ana Miranda Paz (Verts/ALE), Murielle Laurent (S&D), Thijs Reuten (S&D), Chloé Ridel (S&D), Nora Mebarek (S&D), Eric Sargiacomo (S&D), Alessandra Moretti (S&D), Alex Agius Saliba (S&D), Evin Incir (S&D), Seán Kelly (PPE), Maria Walsh (PPE), Nina Carberry (PPE).

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