Prevenzione, solo 23% italiani si definisce attento.

Poco più di un quinto degli/delle italiani/e è attento alla prevenzione. Questo il principale highlight emerso nel corso del Forum “Health for all Policies: verso una nuova visione strategica del sistema sanitario per la crescita del Paese”, mirato a discutere sulle difformità territoriali, il ruolo della promozione della salute e della prevenzione.

In particolare, il monitoraggio dell’erogazione dei Lea sul territorio nazionale ha confermato che solo 13 regioni e province autonome sono adempienti verso le 3 macro-aree Prevenzione collettiva e salute pubblica, Assistenza Distrettuale e Assistenza Ospedaliera, evidenziando un importante grado di difformità con ripercussioni sull’equità di accesso alle prestazioni sanitarie. In una regione coma la Sardegna, per esempio, bisogna attendere anni per una colonscopia. E la prevenzione medica per i sardi, anche grazie alle pregresse storture del sistema sanitario regionale (fortemente prodotte a partire dal Governo Soru con il famoso accordo con Romano Prodi) e all’attuale inerzia e incapacità dell’attuale Governo regionale (in perfetta continuità con il precedente) è ben lontana da registrare migliori percentuali tra i/le sardi/e.

“Nonostante gli investimenti in prevenzione siano in grado di migliorare la resilienza sociale ed economica del Paese – ha spiegato Daniela Bianco, Partner di The European House – Ambrosetti e Responsabile Practice Healthcare di TEHA Group – al centro delle nuove regole europee di programmazione economica, nel Piano Strutturale di Bilancio di Medio Termine 2025-2029 occupano uno spazio residuale. Nel nuovo regime di Governance europea – prosegue – la spesa sanitaria e, in particolare, la spesa per la prevenzione, può essere considerata un investimento in sicurezza sociale, allo stesso modo degli investimenti in difesa, digitale e green, non concorrendo quindi al deficit e offrendo maggiore flessibilità agli Stati Membri, a partire dall’Italia caratterizzata da un elevato indebitamento”.

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In Italia, quindi, permangono ampie differenze di spesa in prevenzione tra le varie regioni e province Autonome, con poche regioni che superano il target di spesa in prevenzione del 5%. La spesa pro capite in prevenzione, con una media nazionale pari a 109,6 euro nel 2023, oscilla tra un massimo di 160,8 in Molise e un minimo di 85,9 in Liguria, con un differenziale per singolo cittadino di quasi 75 euro, in riduzione rispetto agli anni precedenti. Alla variabilità regionale si aggiunge una criticità relativa all’allocazione delle risorse dedicate alle singole voci: anche nel 2023, le voci di spesa più propriamente dirette alla salute delle persone (sorveglianza, prevenzione e controllo delle malattie infettive e parassitarie, sorveglianza eprevenzione delle patologie croniche) rimangono al di sotto della soglia del 50% del totale.

Secondo una survey realizzata da Meridiano Sanità con Swg, che ha avuto come oggetto proprio le opinioni e i comportamenti degli italiani nei confronti della prevenzione, solo il 23% degli italiani si definisce molto proattivo verso la prevenzione, sostenendo di impegnarsi regolarmente per uno stile di vita sano e sottoporsi a controlli medici periodici. Tra le ragioni sottese a una limitata propensione/partecipazione alle attività di prevenzione figurano le barriere economiche tra i senior, e il senso di benessere percepito e di mancanza di tempo, soprattutto tra i giovani: tutti fattori che, insieme al timore di fare scoperte negative in fase di controllo, contribuiscono a ridurre la frequenza dei controlli preventivi.

Con riferimento agli stili di vita, il 18% dichiara di non presentare alcun fattore di rischio tra consumo di alcol e tabacco, dieta non equilibrata e sedentarietà, con percentuali che aumentano tra i laureati e tra quanti abitano nelle grandi città. Un altro 18%, invece, presenta almeno 3 fattori di rischio, con valori più elevati tra la Gen Z, gli abitanti di Isole e nord-est e gli abitanti dei piccoli centri. Guardando agli screening il 30% dei cittadini di età compresa tra 50 e 70 anni ha dichiarato di non aver mai eseguito lo screening del colon-retto, percentuali che scendono al 15% per la cervice uterina nelle donne di 25-64 anni e al 13% per la mammografia nelle donne di 50-69 anni. Preoccupante anche che circa il 40% dei cittadini non esegua gli screening oncologici da più di 1 anno.

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In termini di adesione alle campagne di immunizzazione, l’indagine mette in luce un aumento significativo della propensione degli italiani verso i vaccini anti-pneumococco, anti-Herpes Zoster e anti-Hpv, con un particolare incremento tra le donne, mentre tra i giovani emerge una generale e crescente apertura nei confronti della vaccinazione. Se in termini di vaccinati e possibilisti rispetto a queste campagne vaccinali, la percentuale di adesione si aggira intorno al 50%, tra coloro che mostrano atteggiamenti meno propensi, la vera causa di una scarsa adesione alle campagne vaccinali sembra essere la mancanza di comunicazione, tanto che, secondo la survey, 1 italiano su 4 potrebbe avvicinarsi a queste vaccinazioni grazie a una maggiore informazione.

La qualità delle informazioni relative alla prevenzione viene percepita come scarsa, contraddittoria e confusa da quasi l’80% degli intervistati, che denunciano una carenza di dati e notizie adeguate: solo i neo-genitori e coloro che godono di una migliore salute esprimono giudizi più positivi. Per migliorare la comunicazione sulla salute, è necessaria una combinazione di iniziative di tipologie tra loro differenti: i Boomers preferiscono un contatto diretto con il medico o il farmacista e apprezzano le campagne istituzionali frequenti, mentre i giovani danno maggiore importanza alla sensibilizzazione attraverso eventi in presenza. Nella comunicazione il tono di voce e lo stile comunicativo devono essere semplici e chiari e provenire da professionisti, mentre tra i giovani, l’aspetto visivo della comunicazione è particolarmente rilevante.

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Imprescindibile, secondo i promotori dell’evento, promuovere la prevenzione primaria (stili di vita e campagne di immunizzazione) e secondaria (screening) lungo tutto l’arco della vita per garantire un invecchiamento sano e attivo e ridurre il peso delle cronicità.

Fondamentale anche aumentare gli investimenti in prevenzione, passando dal 5% al 7% del Fondo Sanitario Nazionale, con un vincolo di utilizzo da parte delle regioni di destinare almeno il 50% delle risorse ad attività rivolta alle persone, per poter offrire alla popolazione una immunizzazione con tutti gli strumenti previsti dal calendario vaccinale / di Immunizzazione e nuove campagne di screening estese. Si auspica, inoltre, la definizione di nuovi indicatori del Nuovo Sistema di Garanzia (Nsg) in ambito prevenzione e l’accelerazione nella definizione di obiettivi, standard organizzativi e di personale così come accaduto con l’area ospedaliera (DM 70) e l’area territoriale (DM 77) al fine di ridurre le disparita regionali che si trasformano in disuguaglianze di salute.

Importante sostenere poi il miglioramento continuo delle Regioni nell’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) procedendo a un aggiornamento periodico degli indicatori di monitoraggio del Nuovo Sistema di Garanzia (Nsg) e semplificare la normativa e i processi per ridurre i tempi di accesso dei pazienti alle nuove terapie, specialmente in favore di quelle più innovative, attraverso un maggior dialogo e confronto tra aziende e Istituzioni.