Gli accordi Ue con i Paesi ‘democratici’ africani. Il caso tunisino.

L’Ue si conferma ‘distratta’ sulla scelta dei propri partner extra europei. Nazioni, non propriamente rispettose dello Stato di diritto, come ricorda il caso della Tunisia, Paese partner Ue – addirittura osannato da Ursula lo scorso 17 luglio 2023 in occasione della sottoscrizione del pacchetto di partenariato globale – dove per effetto del decreto emesso lo scorso 1° luglio il presidente tunisino Kais Saied ha indetto elezioni presidenziali per il 6 ottobre 2024.

Una scelta, di fatto, che sta permettendo a Saied di essere rieletto senza troppi ostacoli, poiché tutti i candidati dell’opposizione, tranne uno, sono in prigione o sono stati dichiarati non eleggibili dalla commissione elettorale tunisina. Ad essere ammessi, invece, sono stati Zouhair Magzhaoui, Segretario generale del partito politico Movimento popolare, considerato uno stretto alleato di Saied, e l’ex membro del parlamento e imprenditore Ayachi Zammel, presidente del partito Azimoun.

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La commissione elettorale tunisina ha poi respinto altri 14 candidati, tra cui politici e personalità di spicco come Mondher Znaidi, Imed Daimi, Abdel Latif Mekki, Karim Gharbi, Kamel Akrout e Nizar Chaari, perchè “non allineati” alla legge per le elezioni. Un altro candidato, Safi Said, si è ritirato, descrivendo le elezioni come uno “spettacolo di un solo uomo”. Ahmed Nejib Chebbi, presidente del Fronte di salvezza nazionale, che unisce i principali partiti di opposizione, tra cui il movimento islamico Ennahda e il Partito progressista democratico, ha denunciato la “farsa elettorale” e ha confermato già dal mese di aprile che il Fronte di salvezza non avrebbe presentato un candidato presidenziale

Un terzo candidato, Ayachi Zammel, che era stato approvato dalla commissione elettorale, ancora, è stato condannato dal tribunale di Jendouba a 20 mesi di carcere lo scorso 19 settembre “per aver falsificato le firme degli elettori sui documenti della sua candidatura”, secondo le motivazioni dell’arresto.

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Ora in cerca di rielezione per un secondo mandato di 5 anni, Saied è stato eletto per la prima volta nel 2019 come candidato anti-establishment. Ma dal 2021, anno in cui ha consolidato il proprio potere, ha sciolto (molto democraticamente, come sembra piacere ai vertici dell’Ue) il Parlamento eletto e iniziato a governare per decreto, una mossa che l’opposizione e la comunità internazionale hanno definito un colpo di Stato. Nulla di che, invece, per Ursula von der Leyen, come ricorda la sottoscrizione del pacchetto di partenariato globale.

Una nuova costituzione, approvata tramite referendum nel 2022, ha ancora istituito in Tunisia un sistema presidenziale, paralizzando il Parlamento. Insomma, l’uomo che doveva combattere l’establishment e la corruzione è andato verso un’altra strada…

Imbarazzante, quindi, per l’Ue sostenere i processi democratici interni e promuovere nel contempo l’attuazione del Memorandum d’intesa (MoU) UE-Tunisia, con un siffatto esponente politico. Ma, probabilmente, in nome del contrasto all’immigrazione irregolare l’Ue (quella democratica e rispettosa dei valori) farà a meno di “rompere le scatole” al presidente Saied.

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Attualmente, volendo rimanere sul tema dei diritti, ci sono circa 20 prigionieri politici in Tunisia. I due critici più importanti di Saied, Abir Moussi del Partito di destra Destourian libero e Rached Ghannouchi del partito islamista Ennahda, ex presidente dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo. Le autorità tunisine, inoltre, hanno anche vietato le riunioni in tutti gli uffici di Ennahda e chiuso la sede centrale del Fronte di salvezza nazionale.

Secondo Human Rights Watch, le violazioni dei diritti umani sono in corso in Tunisia e la repressione degli oppositori politici si sta intensificando, confermando la deriva autoritaria.

foto Commissione europea