Rifiuti elettronici, 1 su 8 raggiunge gli impianti di smaltimento.

Lo smaltimento dei rifiuti elettronici ed elettrici in Italia non va a gonfie vele. Come confermato dal tracciamento operato da Greepeace in 5 regioni italiane (Lombardia, Toscana, Lazio, Campania e Puglia), su 21 dispositivi RAEE (stampanti, schede madri, laptop, smartphone, tv etc.) smaltiti presso isole ecologiche o negozi, in circa tre mesi solo sette hanno raggiunto impianti di smaltimento certificati. Dei rimanenti, cinque sono usciti fuori dalla filiera corretta di recupero, otto non sono stati trasferiti o non risultano più presenti nell’isola ecologica di origine, mentre uno è finito in un impianto registrato ma non certificato. 

Numeri, secondo Greepeace, che confermano le già note scarse performance dell’Italia nella raccolta dei rifiuti elettronici. Nel 2023 si è addirittura registrato un calo nel tasso di raccolta pari al 4,5% rispetto all’anno precedente. Inoltre, il nostro Paese ha raccolto meno della metà dei RAEE richiesti da Bruxelles, raggiungendo solo il 30,2%. Un risultato ben al di sotto del target europeo contenuto nella direttiva 2024/884, che impone un tasso minimo di raccolta del 65% del peso medio delle apparecchiature immesse sul mercato negli ultimi tre anni. A fine luglio la Commissione Europea ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia per il mancato conseguimento degli obiettivi di raccolta e riciclo dei rifiuti in generale e in particolare da apparecchiature elettriche ed elettroniche. Ora il nostro Paese ha due mesi, che scadranno a fine settembre, per rispondere a questa grave  carenza segnalata dall’Unione Europea.

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Nel frattempo, la domanda dei dispositivi elettronici cresce senza sosta. Se da un lato l’aumento dei consumi, e di conseguenza dei rifiuti prodotti, pone un serio problema di inquinamento perché alcuni RAEE contengono sostanze tossiche, dall’altro queste apparecchiature contengono anche una quantità rilevante di materie prime (rame, acciaio, alluminio, terre rare) che, se fossero recuperate e riciclate correttamente, potrebbero ridurre la nostra dipendenza dalle importazioni di risorse critiche dall’estero. I RAEE contribuiscono anche a creare le cosiddette miniere urbane, spazi dove vengono portati scarti quotidiani urbani (compresi i dispositivi elettronici) e poi immagazzinati sotto forma di residui.

“Piuttosto che colmare le evidenti lacune nella filiera di raccolta e riciclo, i legislatori europei e nazionali perseguono politiche di estrattivismo che potrebbero presto portare a riaprire o avviare nuove miniere in Italia e in Europa”, dichiara Ungherese. “Ancora più pericolosamente, nei prossimi anni potrebbero partire le estrazioni minerarie negli abissi, il cosiddetto Deep Sea Mining (estrazione mineraria in acque profonde). Stiamo andando fuori rotta, meglio realizzare una vera economia circolare inserendo meccanismi incentivanti per lo smaltimento e che valorizzino i rifiuti RAEE”.

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