Overtourism e affitti brevi, Commissione Ue: “No alla tassa di soggiorno europea”.

In risposta ad una recente interrogazione parlamentare, presentata da Esther Sanz Selva per chiedere alla Commissione se è in programma l’elaborazione di una strategia turistica basata sul rispetto dei territori, il commissario Breton ha dichiarato l’impatto prodotto dal nuovo regolamento sui servizi di locazione a breve termine a sostegno delle autorità locali per l’applicazione di norme proporzionate in materia di accoglienza turistica. “Il regolamento STR richiede agli Stati membri di designare un’autorità per monitorare l’attuazione del mercato. È responsabilità delle istituzioni nazionali garantire che le comunità rispettino tale regolamento. Per aiutare le autorità competenti a identificare le inserzioni illegali, le piattaforme online sono tenute a progettare i loro siti Web in modo intuitivo in modo da facilitare gli host a visualizzare e controllare i numeri di registrazione e condividere i loro dati su base mensile con le autorità competenti”.

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“A Valencia – scrive Sanz Selva – ci sono 10.286 appartamenti turistici illegali per le locazioni a breve termine che stanno producendo un effetto devastante sui residenti e sui quartieri della città. Il turismo sfrenato – prosegue – spoglia i quartieri delle attività commerciali tradizionali, ne costringe gli abitanti ad andarsene, mette a dura prova le relazioni con la comunità, rende difficile l’accesso al diritto alla casa, incoraggia la speculazione immobiliare e fa aumentare gli affitti”.

Una questione ormai comune a tantissime realtà europee sulla quale, però, non si avverte l’esigenza di applicare un ulteriore tassazione secondo la Commissione europea: “Non è in programma l’istituzione di una tassa di soggiorno europea – spiega Breton – in quanto gli Stati membri sono liberi di applicare le misure più adatte. Tuttavia, due proposte della Commissione sono pertinenti: una richiede agli operatori delle piattaforme di segnalare informazioni su determinati venditori che svolgono attività che comportano la locazione di beni immobili, l’altra rende le piattaforme responsabili dell’addebito dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) laddove il proprietario non lo faccia. Entrambi consentono la corretta
valutazione delle imposte e l’equalizzazione del trattamento tra i settori tradizionali e delle piattaforme”.

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