Caporalato: solo 1 comune su 5 ha attivato interventi a contrasto dello sfruttamento.

Sono scaduti da poche ore i termini per partecipare alla prima Rilevazione nazionale sugli interventi dei Comuni a supporto delle vittime di sfruttamento lavorativo, sullo sfruttamento lavorativo e caporalato, che Anci ha rivolto tra maggio e luglio 2024 a tutti Comuni italiani sopra i 15mila abitanti, quindi anche di quei territori che non compaiono nelle consuete “mappe geografiche dello sfruttamento lavorativo”.

Su un universo di 737 Comuni, hanno risposto all’indagine ben 603 Comuni, pari all’82% del totale. In particolare, hanno partecipato tutte le città metropolitane, tutti i capoluoghi di regione e il 94% dei capoluoghi di provincia (103 su 110). 

Colpisce il dato per cui 1 comune su 5 (il 20% dei Comuni rispondenti) dichiara di aver attivato direttamente o realizzato con altri enti sul proprio territorio servizi, progetti e strumenti di governance finalizzati a prevenire e contrastare lo sfruttamento lavorativo e/o sostenerne le vittime o potenziali vittime. Si tratta principalmente dell’adozione di protocolli d’intesa, Tavoli di lavoro, Piani locali e documenti di programmazione locale, fino alla costituzione di veri e propri Osservatori locali sullo sfruttamento lavorativo.

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Anci, nell’occasione, ha richiamato l’urgenza di sbloccare la misura del PNRR a supporto del superamento degli insediamenti abusivi connessi al lavoro agricolo. Sono 200 milioni già assegnati da più di due anni a 37 Comuni che, già a gennaio 2023, hanno presentato le loro proposte progettuali. Da allora è tutto fermo e, nonostante la nomina di un Commissario straordinario, la misura rimane inspiegabilmente bloccata. Sono risorse importanti, che contribuirebbero alla definizione di un “modello italiano” di abitare connesso al lavoro agricolo e a superare le tante situazioni di degrado.

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