Giovani NEET in Italia, disparità e sfide tra Aree Urbane e Rurali.

­Come vivono i Neet italiani nei contesti urbani e rurali? A indagare sulla qualità della vita dei giovani non coinvolti in attività di studio, formazione e lavoro, è stato il Consiglio Nazionale dei Giovani con la ricerca “LOST IN TRANSITION: Motivazioni, significati ed esperienza dei giovani in condizione di NEET: un confronto tra aree metropolitane e aree interne”.

Lavoro nel quale si evidenziano significative differenze tra giovani NEET delle aree metropolitane e rurali in termini di accesso all’istruzione, autonomia economica, attivazione sociale e politica, e interazioni sociali. Le esperienze di vita di questi giovani sono variegate, con alcuni che adottano strategie di iperattivismo per crearsi opportunità, mentre altri sperimentano una paralisi dovuta alla precarietà del mercato del lavoro.

Sono state rilevate significative differenze educative tra la popolazione urbana e quella rurale. Solo il 9,6% dei NEET nelle aree rurali possiede una laurea o un diploma accademico, contro il 65,3% nelle aree urbane. Questo dato sottolinea una marcata disparità nell’accesso all’istruzione superiore tra le diverse aree del Paese.

Quasi il 50% dei NEET nelle aree metropolitane dichiara di essere economicamente indipendente, utilizzando spesso i guadagni per emanciparsi dalla famiglia. Al contrario, nelle aree interne, i giovani NEET tendono a dipendere maggiormente dal supporto familiare.

Più della metà del campione mostra alti livelli di attivazione sociale, politica o imprenditoria informale, con differenze significative tra le aree metropolitane e quelle interne. In particolare, i NEET metropolitani sono più attivi nell’economia informale e nella partecipazione a reti sociali e politiche.

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Le motivazioni per la condizione di NEET variano. Molti intervistati descrivono la loro esperienza come una “pausa sabbatica” (29,9%), con una percentuale più alta nelle aree metropolitane (39,7%). Altri motivi includono la necessità di collaborare al sostegno familiare (20,5%) o la disponibilità di risorse finanziarie (13%). La sfiducia nel mercato del lavoro e i carichi familiari sono motivi prevalenti nelle aree interne. Per quanto riguarda la formazione, diversi NEET desiderano svolgere attività legate al proprio percorso di studio (42,6%) o apprendere un mestiere (37,8%). Molti, comunque, non perseguono tali attività per scelta di un periodo “sabbatico” (33%%) o sfiducia nel trovare un percorso formativo (21,4%). I NEET intervistati attribuiscono la responsabilità della propria condizione principalmente all’offerta di lavoro (45%, soprattutto nelle aree metropolitane) e a se stessi (30,4%, soprattutto nelle aree interne).

Il 74,8% dei NEET ha svolto “lavoretti in nero” nell’ultimo mese. Nelle aree metropolitane, l’88,9% dei NEET è coinvolto in attività informali, mentre nelle aree interne la percentuale scende al 53,6%.

I NEET delle aree metropolitane hanno maggiori interazioni sociali quotidiane rispetto ai loro omologhi delle aree interne. Il 72,5% dei NEET metropolitani incontra gruppi di pari quasi ogni giorno, rispetto al 53,2% nelle aree interne. Simili differenze si riscontrano nell’attività sportiva quotidiana (59,3% contro 34%) e nel tempo trascorso giocando ai videogiochi (58,8% contro 35%).

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Le esperienze dei giovani NEET sono viste come transizioni o passaggi di vita che cambiano, evolvono e si orientano tra processi socio-economici complessi e strategie di adattamento individuali. L’analisi per cluster ha identificato due principali tipi di esperienza NEET: “mettersi ancora in gioco” e “mettersi per ora in pausa”, con differenze significative tra aree metropolitane e interne.

L’analisi per cluster dei giovani NEET evidenzia una marcata eterogeneità tra quelli metropolitani, denominati “ancora in gioco”, e quelli delle aree interne, “per ora in pausa”. I primi sono attivamente coinvolti nell’economia informale, attraverso attività come la compravendita online e lavori in nero, mantenendo una certa indipendenza economica. Essi mostrano inoltre un’elevata auto-attivazione sociale e politica. Al contrario, i NEET delle aree interne partecipano meno all’economia informale e alle attività sociali e politiche, un divario attribuibile alle limitate opportunità lavorative e alla carenza di reti di supporto.

Queste differenze si riflettono anche nelle motivazioni e negli approcci al lavoro: i NEET “ancora in gioco” valorizzano maggiormente le proprie competenze, mentre quelli delle aree interne manifestano fatalismo e dipendenza da fattori esterni. La ricerca evidenzia inoltre una tendenza tra i giovani NEET a sacrificare i propri diritti lavorativi pur di trovare occupazione, specialmente tra quelli delle aree interne.

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Questi processi di socializzazione al lavoro, segnati da contraddizioni e sfide, erodono la fiducia dei giovani NEET nelle proprie capacità e nelle istituzioni. A livello politico e pubblico, è cruciale riconoscere che tali situazioni di stallo non derivano dalla passività individuale, ma da processi sociali e culturali più ampi legati alle dinamiche del mercato del lavoro.

“La ricerca ‘LOST IN TRANSITION’ – ha dichiarato la Presidente del Consiglio Nazionale dei Giovani, Maria Cristina Pisani – mette in luce la complessità e la diversità delle esperienze dei giovani NEET in Italia. Non solo, l’indagine fotografa come la percezione dei NEET nell’opinione pubblica non corrisponda alla realtà. L’ennesima dimostrazione di quanto non sia realistica la narrazione dei giovani choosy e di quanto siano estese la zona grigia di formazione non riconosciuta e quella di lavoro sommerso e in deroga. Giovani che, peraltro, affrontano sfide uniche e variegate a seconda del loro contesto territoriale. È cruciale che le politiche pubbliche riconoscano queste differenze e adottino approcci personalizzati per supportare efficacemente i NEET e accompagnarli verso una formazione e un’occupazione di qualità”, conclude Pisani.