Diabete, nel 2022 ha interessato 3,9 milioni di persone in Italia.

In Italia, secondo l’Istat, sono circa 3,9 milioni le persone che nel 2022 hanno dichiarato di avere il diabete, ovvero il 6,6% della popolazione, e le proiezioni indicano che nel 2040 questa percentuale potrebbe arrivare al 10% se continuasse il trend osservato combinato con il rilevante impatto della dinamica demografica dei prossimi 20 anni.

Il diabete, si legge nella prefazione del Report Dati sul diabete in Italia, una fotografia su una pandemia complessa e in continua evoluzione, redatta dal ministro della Salute Orazio Schillaci, “rappresenta una delle sfide più rilevanti del nostro tempo, trattandosi di una patologia che continua a registrare una costante crescita in tutti gli Stati, soprattutto in quelli a basso e medio reddito. In questo contesto, il Diabetes Barometer Report si conferma un importante strumento per la valutazione e il monitoraggio dell’andamento del diabete di tipo 2 in Italia, fornendo dati preziosi per orientare le nostre politiche e azioni future nella lotta al diabete”.

Secondo le ultime analisi, inoltre, i fattori socio-demografici che aumentano il rischio di sviluppare il diabete sono l’età avanzata, addirittura di quasi 8 volte tra gli over 74enni (rispetto ai 45-54enni), il sesso maschile, tanto che gli uomini hanno un rischio maggiore delle donne di circa il 40% a parità di età, vivere al sud, con una probabilità più alta di circa il 50% rispetto a chi vive al nord e in comuni con più di 2000 abitanti.

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Per quanto riguarda, invece, gli aspetti socio-economici il rischio quasi raddoppia tra le persone che al massimo hanno un titolo di licenza media inferiore rispetto a chi è in possesso di almeno una laurea. Aumenta di circa il 30% tra chi giudica scarse o insufficienti le risorse economiche della propria famiglia rispetto a chi gode di risorse economiche ottime o adeguate.

Infine, emerge la forte associazione con l’obesità, che incrementa il rischio di diabete di oltre il doppio a parità di tutti gli altri fattori considerati, mentre la sedentarietà aumenta tale rischio di circa il 30%.

Il continuo invecchiamento della popolazione porta all’aumento delle malattie che sono frequenti nelle fasi di vita dell’anziano, come quelle cardio-metaboliche, spesso conseguenza di squilibri energetici dovuti a eccessiva nutrizione associata a sedentarietà e che combinati con caratteristiche genetiche, comportamentali, sociali e ambientali portano a sviluppare malattie croniche come obesità, diabete, aterosclerosi, steatosi epatica non alcolica, con conseguente peggioramento della qualità di vita.   

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“La compresenza di altre malattie croniche, che colpisce oltre tre diabetici su quattro – spiega il presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli– costituisce un altro importante fattore da considerare nella presa in carico dei pazienti e nella organizzazione dei servizi sanitari che devono rispondere ai bisogni assistenziali di queste persone. Nel Rapporto si sottolinea come convivere con altre malattie, oltre al diabete, ha significative conseguenze sulla qualità della vita dei pazienti e dei loro familiari”.

“Nel 2022 – sottolinea Roberta Crialesi, dirigente Servizio Sistema integrato salute, assistenza, previdenza e giustizia dell’Istat – il numero di anziani multicronici con diabete che hanno espresso un giudizio elevato di soddisfazione per la propria vita è risultato di 5 punti percentuali più basso rispetto a quelli senza diabete (33,6% contro il 38,4%) e di ben oltre 9 punti percentuali rispetto al dato medio generale (42,8%). Anche se la minor soddisfazione degli anziani con diabete accomuna tutte le aree del Paese, è stato riscontrato un divario evidente tra i residenti nel Mezzogiorno e quelli del nord, tanto che solo il 26,4% degli anziani multicronici con diabete residente al sud e il 28,5% residente nelle isole esprime un’elevata soddisfazione per la vita nel complesso rispetto al 41,1% residente nel nord-ovest e il 44,7% residente nel nord-est con gli stessi problemi”.

“Delle quasi 4 milioni di persone con diabete – evidenzia Riccardo Candido, presidente Associazione Medici Diabetologi (Amd) e presidente Federazione delle Società Diabetologiche Italiane (FeSdi) – 2 su 3 hanno più di 65 anni. Parliamo di persone spesso fragili, con altre malattie croniche e un rischio più elevato di comorbilità, che assumono quotidianamente diversi farmaci, il che rende più complesso il percorso assistenziale e terapeutico con rischio di frammentazione e ridondanze. Possiamo e dobbiamo comunque ambire al buon controllo glicemico e dei diversi fattori di rischio cardiovascolare anche per queste persone per ridurre le complicanze e le ospedalizzazioni”.

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Secondo Riccardo Candido, “il modo migliore per raggiungere buoni risultati è quello di personalizzare e, soprattutto, semplificare il più possibile i percorsi di presa in cura e di trattamento, per migliorare l’assistenza, l’aderenza terapeutica e la qualità di vita delle persone con diabete e multi-cronicità. Per fortuna questo è oggi possibile grazie al progresso tecnologico e farmacologico che permette non solo di trattare meglio le persone ma sviluppare anche dei modelli organizzativi volti a ridurre la frammentarietà dei percorsi”.

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