Egemonia delle solite lingue europee. Il multilinguismo in Europa è solo di facciata.
Il multilinguismo può essere considerato uno degli elementi costitutivi dell’Ue alla luce dell’egemonia delle solite lingue nella pubblica amministrazione europea? Sembrerebbe proprio di no nella pratica, come ricordato in occasione della pratica discriminatoria per l’invio delle domande per l’accesso al Fondo europeo della gioventù del Consiglio d’Europa, e, recentemente, anche dall’intervento dell’esponente di Identità e Demorazia, Catherine Griset che ha nuovamente sollevato l’assenza di una vera parità di fatto tra le varie lingue europee.
“Il multilinguismo è da sempre un ideale europeo caro ai padri fondatori dell’Ue. Tuttavia, i risultati del rapporto Lequesne sono allarmanti: rivelano che l’uso dell’inglese è sempre più egemone. Nel 2019 la Commissione europea ha pubblicato l’85 % dei suoi documenti in inglese. Tuttavia, esiste un evidente problema democratico nel rendere l’inglese – la lingua ufficiale di solo l’1% dei cittadini dell’UE – la principale lingua di lavoro. Usare solo l’inglese aiuta anche a diffondere l’influenza degli Stati Uniti nelle nostre istituzioni. La Commissione europea – conclude Griset – è consapevole della minaccia rappresentata dal monolinguismo per l’indipendenza e la democrazia Ue?”.
Un “non problema” come ricordato dal Vicepresidente esecutivo della Commissione Ue, Maroš Šefčovič, intervenuto per conto della Commissione europea: “La Commissione non ha competenza in materia. Tali norme sono stabilite nel regolamento 1/1958, secondo cui le istituzioni dell’UE attualmente hanno 24 lingue ufficiali e di lavoro, compreso l’inglese. La Commissione promuove il multilinguismo come principio guida e continua a utilizzare tutte le 24 lingue ufficiali e di lavoro dell’UE. L’uso di qualsiasi linguaggio da parte e all’interno della Commissione non costituisce una minaccia per la stessa indipendenza, né ha alcun impatto sulla democrazia europea”.