Celiachia e diabete: uno studio sardo identifica il rischio futuro d’insorgenza del tipo 1.

Nei bambini affetti da celiachia sarà possibile ritardare, o addirittura prevenire, l’insorgenza del diabete. A questa conclusione è arrivato lo studio di un team tutto sardo guidato dal pediatra dell’ospedale Microcitemico di CagliariMauro Congia, che nei giorni scorsi ha visto pubblicare sulla prestigiosa rivista statunitense Clinical and Translation Gastroenterology uno studio dal titolo La genotipizzazione HLA nei bambini affetti da celiachia consente di stabilire il rischio di sviluppare il diabete di tipo 1.

La ricerca, che ha coinvolto oltre al Microcitemico le Università di Cagliari e Sassari e la Asl 8, getta solide basi soprattutto per l’approccio terapeutico perché dimostra, per la prima volta, come sia possibile identificare il rischio futuro d’insorgenza del diabete tipo 1 grazie alla genotipizzazione HLA, cioè l’analisi dei geni coinvolti nelle risposte immuni dell’organismo. 

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Infatti, spiegano i ricercatori, se è noto che i bambini con celiachia possono diventare anche diabetici, grazie alla strategia delineata nello studio ora sarà possibile identificare quelli più predisposti al diabete tipo 1. Questo si rivela di estrema importanza. La ricerca ha infatti scoperto che solitamente i piccoli pazienti sviluppano prima la celiachia (l’insorgenza in genere è intorno agli otto anni d’età) e solo qualche anno dopo il diabete (mediamente intorno agli undici anni). Quindi, si può approfittare della differenza temporale per intervenire sull’insorgenza del diabete. “Questo diventa possibile grazie a delle terapie che utilizzano anticorpi monoclonali” – spiega Mauro Congia – Negli USA, già dal 2022 è in uso il Teplizumab, un farmaco che lavora in tal senso ora al vaglio anche dell’Agenzia europea per i medicinali”.

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Ma c’è di più: dato che lo scorso anno, con la legge 130/2023, il governo ha previsto un programma di screening per individuare la celiachia e il diabete tipo 1 nella popolazione in età pediatrica, da applicare sin dal terzo anno d’età, i risultati dello studio si rivelano preziosi per aiutare le Regioni alle prese con i controlli. “In questo senso – aggiunge Congia – c’è da capire come, una volta diagnosticati i pazienti celiaci, le regioni intendono seguirli per lo sviluppo futuro del diabete tipo 1. Va poi anche chiarito come le stesse regioni vorranno organizzarsi quando il Teplizumab sarà disponibile anche da noi. Il nostro studio delinea una strategia razionale e fattibile”.

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Lo studio appena pubblicato è stato condotto su un gruppo di 1886 pazienti sardi, 822 con celiachia, 1067 con diabete di tipo 1, mentre 627 sono stati i controlli sani utilizzati.