La Commissione Ue sulla detenzione di Ilaria Salis in Ungheria: “Affare nazionale”.

Continuano a non destare alcuna sorpresa i pronunciamenti della Commissione europea sulle questioni nazionali. Perimetri di sovranità nei quali l’Esecutivo von der Leyen non può che esprimere la propria limitata competenza e “inutile estraneità”. Assioma confermato anche in occasione dell’interrogazione parlamentare sul caso della detenuta italiana Ilaria Salis, presentata dagli/dalle eurodeputati/e italiani/e del gruppo dei Non Iscritti*.

“Le immagini di Ilaria Salis, cittadina italiana, che compare in catene al suo processo in Ungheria hanno fatto il giro del mondo – scrivono i/le firmatari/e del provvedimento -. È il culmine di 11 mesi di custodia cautelare durante i quali Ilaria Salis è stata trattenuta a Budapest in condizioni disumane. Salis è stata arrestata l’11 febbraio 2023, durante una manifestazione, per un presunto attacco contro alcuni neonazisti, due dei quali sono rimasti feriti in modo lieve, e da allora è detenuta in un carcere di massima sicurezza. Le sue condizioni di detenzione non sono lontanamente compatibili con lo Stato di diritto in Europa. Salis è costretta a mangiare con le mani, e nella sua cella sono presenti cimici del letto, scarafaggi e ratti. Le guardie carcerarie le hanno dato da indossare abiti sporchi e tacchi a spillo. Tutto ciò rappresenta una palese violazione di diversi regolamenti dell’UE e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa. Il rischio di una pena sproporzionata rispetto al presunto crimine, le accuse faziose, la durata eccessiva della custodia cautelare e le condizioni di detenzione inumane impongono all’UE di intervenire contro l’Ungheria”.

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Da qui la richiesta di intervento alla Commissione europea, chiamata in questa occasione a esprimere un giudizio sulla accettabilità del trattamento riservato alla cittadina italiana (e, va ricordato, europea).

Difficile, però, riscontrare una qualsiasi utilità dell’attuale esecutivo europeo leggendo la risposta del commissario Didier Reynders.

“Le questioni relative alla detenzione sono principalmente di competenza degli Stati membri, ma tutti gli Stati membri si sono impegnati a rispettare le norme in materia elaborate dal Consiglio d’Europa. L’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (la “Carta”) vieta la tortura e le pene o trattamenti inumani o degradanti. Tuttavia, a norma dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, essa si applica agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. In questo caso, spetta agli Stati membri, comprese le autorità giudiziarie e di contrasto nazionali, garantire il rispetto dei loro obblighi in materia di diritti fondamentali, quali derivanti dal loro ordinamento costituzionale e dagli accordi internazionali. La direttiva (UE) 2016/343 sulla presunzione di innocenza prevede il divieto di presentare indagati e imputati come colpevoli, in tribunale o in pubblico, attraverso il ricorso a misure di coercizione fisica. La Commissione sta monitorando attentamente il recepimento di tali direttive nell’ordinamento nazionale negli Stati membri dell’UE, compresa l’Ungheria, e potrebbe prendere in considerazione l’avvio di procedimenti di infrazione, se necessario. L’8 dicembre 2022 la Commissione ha adottato una raccomandazione sui diritti procedurali di indagati e imputati sottoposti a custodia cautelare e sulle condizioni materiali di detenzione. Sebbene detta raccomandazione non sia giuridicamente vincolante per gli Stati membri, la Commissione monitorerà le misure adottate dagli Stati membri per attuarla”.

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Insomma, nulla di nuovo… acqua fresca dalle parti della Commissione europea.

*Sabrina Pignedoli (NI), Tiziana Beghin (NI), Mario Furore (NI), Maria Angela Danzì (NI), Laura Ferrara (NI), Fabio Massimo Castaldo (NI) .

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