Immobili: una abitazione su quattro non è occupata.
Su 35,3 milioni di abitazioni circa 9,6 non sono permanentemente occupate. A ricordare un altro elemento che si cita in perfetta linea di continuità con lo spopolamento progressivo del Paese, è stata Fondazione Openpolis (su dati Istat). “Depopolamento immobiliare”, particolarmente evidente nelle zone ultraperiferiche del Paese e nelle zone montuose.
Si tratta di dati che variano molto nelle diverse aree del Paese. Questa quota è infatti minore nelle aree del centro (22,3%), del nord-est (23,1%) e del nord-ovest (26%). Maggiore invece l’incidenza nel sud (32%) e nelle isole (34,9%). A livello regionale è però la Valle d’Aosta la regione che in proporzione ha più case non abitate permanentemente (56%), seguita da tre aree del mezzogiorno: Molise (44,6%), Calabria (42,2%) e Abruzzo (38,7%). A registrare la percentuale minore invece Emilia-Romagna (21,8%), Lombardia (21,2%) e Lazio (19,5%).
Se si considerano invece le province, tra le prime dieci per quota di case senza dimoranti abituali, ce ne sono quattro in cui si supera il 50%: Sondrio (56,1% che corrispondono a 100.765 abitazioni non occupate), Aosta (56%, 75.948), L’Aquila (53,2%, 146.116) e Imperia (50,7%, 104.201). Per quel che riguarda invece i territori dove questa quota è minore, si segnalano Milano (12,4%, 214.674), Cagliari (11%, 23.809) e Prato (7,8%, 8.814).
Incide anche la zona altimetrica in cui il comune è situato. In pianura l’incidenza è al 18,9%, crescendo al 26,2% nella collina interna. Montagna e collina litoranea riportano valori pari al 32% e al 33,1%. È però nella montagna interna che il fenomeno è più prevalente, con il 47% delle abitazioni presenti non occupate da almeno un dimorante abituale.
Il comune in cui incide di più la presenza di case non permanentemente occupate è Foppolo (Bergamo) con una percentuale del 95,1% (pari a 1.790 su 1.883). Campi Bisenzio, in provincia di Firenze, è invece quello con la quota minore (2,7%, 524 su 19.207).