“La libertà di parola nell’UE non è illimitata”. Parola di Věra Jourová.

Lo scorso mercoledì 26 aprile, come ricordato dall’eurodeputato Marco Zanni di ID, la vicepresidente della Commissione europea Věra Jourová durante un incontro con i giornalisti avrebbe dichiarato che “la libertà di parola nell’UE non è illimitata”.

Uno schiaffo ai cultori della libertà di espressione, sferrato proprio da una rappresentante della “lotta alla disinformazione della Federazione Russa”.

Eppure, come ricordato dallo stesso Zanni nel suo intervento, “la libertà di espressione viene ribadita innumerevoli volte nella legislazione europea e trova il suo riferimento cardine nell’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”. Qualcuno, però, deve averlo dimenticato dalle parti dell’Esecutivo von der Leyen.

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Per il Commissario Didier Reynders, collega della Jourovà, nonostante il diritto alla libertà di espressione richiamato dall’art 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea sia applicabile alle informazioni o alle idee, tale diritto “non è un diritto assoluto e può essere limitato ai sensi dell’articolo 52 della Carta, a condizione che le limitazioni siano previste dalla legge, rispettino il contenuto essenziale del diritto stesso e, conformemente al principio di proporzionalità, siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’UE o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui”.

Sicuramente sono da sanzionare e prevenire le forme di espressione che incitano o giustificano l’odio basato sull’intolleranza, ma su quali basi un esponente della Commissione UE può arrivare a dire che “la libertà di parola nell’UE non è illimitata”? L’effetto boomerang non può che essere prevedibile e inficiare anche l’obiettività della legge sui servizi digitali che, tra i suoi scopi, vede proprio la salvaguardia della libertà di espressione.

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