Il PNRR Italiano per i giovani, ovvero la reiterazione di schemi desueti e di scarso impatto.

Passano gli anni e i Governi ma di discussione critica sulle politiche per i giovani in Italia, come confermato anche dall’ultimo Esecutivo, non se ne parla nemmeno. Volendo andare oltre il recente scontro tra Bruxelles e Roma sui controlli del PNRR, decisamente sacrosanti dato il pregresso rilevato nella gestione delle risorse europee nel nostro Paese, nessuno dalle parti della maggioranza (e dall’opposizione), negli ultimi 2 anni ha provato ad alzare l’asticella del dibattito sugli interventi per i giovani contenuti nel “salvifico” PNRR.

Come risaputo (forse non da tutti dalle parti della nostra classe dirigente), le misure previste dal PNRR per i giovani dovrebbero in prevalenza essere rivolte a promuovere una maggiore partecipazione dei giovani al mercato del lavoro, attraverso interventi diretti di sostegno all’occupazione giovanile e interventi indiretti.

Risorse pari a circa 7,5 mld di euro, che rappresentano poco più del 3.9% delle risorse del Dispositivo di ripresa e resilienza (pari a 191,5 mld di euro).

Giorgia Meloni, foto Governo.it licenza CC-BY-NC-SA 3.0 IT
Giorgia Meloni, foto Governo.it licenza CC-BY-NC-SA 3.0 IT

Nel dettaglio, rileggendo l’immutato paradigma di interventi per i giovani, per favorire l’occupazione giovanile è prevista l’assunzione di giovani per l’esecuzione dei progetti finanziati dal PNRR e dai Fondi REACT-EU e FCN. A tale previsione è stata data attuazione con l’articolo 47 del D.L. 77/2021 (cd. decreto semplificazioni). Ancora sono stati previsti 600 milioni per il sistema duale (220 per il 2021, 120 per il 2022, 220 per il 2023, 20 per il 2024 e 20 per il 2025), con la previsione della partecipazione di almeno 135.000 persone nel quinquennio 2021-2025. Inoltre, nel PNRR è previsto il potenziamento del Servizio Civile Nazionale: circa 650 milioni che saranno suddivisi in più anni (216,6 per il 2021, 216,7 nel 2022, 216,7 nel 2023 e 300 provenienti dal Fondo Nazionale per il Servizio Civile), per sostenere la partecipazione di circa 120mila giovani italiani. Minori risorse, invece, per il Servizio Civile Digitale, circa 60 milioni (14 nel 2021, 18 nel 2022, 24 nel 2023, 4 per il 2024), con l’obiettivo di coinvolgere almeno 1 milione di cittadini ad iniziative di formazione promosse da enti no profit e volontari entro il secondo trimestre 2025.

Un’altra misura del PNRR per i giovani è rappresentata dalle assunzioni nella Pubblica Amministrazione per la quale è stanziata la cifra di 9 milioni di euro (1 nel 2021, 4 nel 2022 e altrettanti nel 2023) per il reclutamento di personale a tempo determinato che lavorerà alle misure previste dal PNRR. Nel frattempo, oggi, si discute l’emendamento per mettere una riserva del 15% per i giovani ex volontari del Servizio Civile Universale. Molto probabilmente l’ennesima iniziativa che non avrà alcun seguito.

Su un altro fronte spicca invece la misura per l’assunzione dei giovani nei tribunali. Un piano di assunzioni a tempo determinato (con una durata massima di 3 anni) per l’Ufficio del processo. Facile qui intravvedere spiragli di precarietà per il futuro. Per questa azione saranno investiti circa 603 milioni dei quali 211 per l’assunzione di 1660 laureati, 82 mln per circa 750 giovani diplomati specializzati, 310 mln per l’assunzione di 3000 giovani diplomati.

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Quasi la metà del budget per i giovani sarà investito per l’istruzione e la formazione. Circa 1500 milioni andranno per lo sviluppo del sistema di formazione professionale terziaria (gli ITS) e altri 1500 saranno destinati alla riduzione dei divari territoriali nel primo e secondo ciclo delle superiori, con la missione, rispettivamente, di incrementare il numero degli attuali iscritti a percorsi ITS (18.750 frequentanti e 5.250 diplomati all’anno) almeno del 100 per cento tra il 2021 ed il 2025 e, infine, garantire un livello adeguato di competenze ad almeno un milione di studenti all’anno (per 4 anni), anche per mezzo dello sviluppo di un portale nazionale formativo unico. L’obiettivo, per il Governo, è di ridurre, entro il secondo trimestre del 2026, il divario nel tasso di abbandono scolastico nell’istruzione secondaria fino a raggiungere la media UE del 2019 (10,2 %). All’orizzonte anche la riforma delle lauree abilitanti per determinate professioni.

Governo, foto Governo.it
Governo, foto Governo.it

Un quadro che dedicherà risorse anche al finanziamento dei progetti presentati dai giovani ricercatori. 600 milioni spalmati nei prossimi 5 anni (100 nel 2022, 175 nel 2023, 150 nel 2024, 100 nel 2025 e 76 nel 2026). A questi si aggiungeranno 200 mln provenienti dai Fondi strutturali e di investimento europei, con l’obiettivo di sostenere le attività di ricerca di un massimo di 2100 giovani ricercatori che potranno presentare i propri progetti attraverso 4 inviti che saranno pubblicati dal 2022 al 2025.

Per il diritto allo studio nel PNRR sono inoltre previsti 500 milioni per le borse di studio per l’accesso all’università (166 per il 2022, 167 per il 2023, 167 per il 2024), ai quali si aggiungeranno 450 mln da REACT-EU e 660 mln dalla legge di bilancio 2021. Risorse che nelle ambizioni dell’Esecutivo che ha siglato l’accordo con l’UE avrebbe dovuto aumentare – tra il 2022 e il 2024 – di 700 euro in media l’importo delle borse di studio, arrivando così ad un valore di circa 4.000 euro per studente e, ancora, permettere di ridurre il divario tra la percentuale di studenti con una borsa di studio in Italia (pari al 12%) e la media UE (circa il 25%). Come rilevato anche con riferimento alle recenti tendopoli create per protesta dagli studenti e studentesse italiani/e, previsioni decisamente disattese. Ma, grazie anche a un sistema informativo poco distratto e perennemente fermo al tema della “fuga dei cervelli” (senza peraltro affrontarlo con i dovuti dati e contributi), tali correlazioni sono sfuggite all’attenzione dell’uomo della strada.

Per l’edilizia studentesca, invece, sono stati definiti circa 960 milioni (40 per il 2022, 160 per il 2023, 320 per il 2024, 280 per il 2025 e 160 per il 2026). Risorse che dovrebbero portare a triplicare i posti letto per gli studenti fuorisede, portandoli da 40 mila a oltre 100 mila entro il secondo trimestre del 2026.

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Risorse, fin qui, rappresentate da sovvenzioni ma per l’imprenditoria giovanile, una piaga per il nostro Paese, sono previsti esclusivamente prestiti per le misure del Turismo e per le Start-Up. I giovani italiani, anche con il PNRR, o avranno risorse proprie per avviare le attività o potranno ingannarsi di seguire i milionari corsi per l’imprenditoria foraggiati dallo Stato e dalle rispettive amministrazioni periferiche.

L’ennesima ‘ruberia’ a danno dei beneficiari finali, i giovani. In particolare per i giovani è prevista una garanzia per facilitare l’accesso al credito per i giovani che intendono avviare una propria attività all’interno dell’investimento “Fondi integrati per la competitività delle imprese turistiche”: circa 358 milioni di prestiti suddivisi in 100 per il 2021, 58 per il 2022, 100 per il 2023, 50 rispettivamente per il 2024 e il 2025 con la previsione di sostenere 11800 imprese turistiche. Prestiti anche per le giovani start-up: 250 milioni (spalmati in 5 anni) per il finanziamento di circa 350-400 start-up. Una misura che con grandissima probabilità escluderà dal processo giovani senza risorse proprie e non bancabili.

Giovani, foto Sardegnagol, riproduzione riservata
Giovani, foto Sardegnagol, riproduzione riservata

Accanto a queste misure definite come dirette, si segnalano anche le azioni trasversali del PNRR: l’accelerazione della transizione ecologica che dovrebbe contribuire all’incremento dell’occupazione giovanile in tutti i settori, a partire dalle energie rinnovabili, dalla filiera dell’idrogeno e fino ad arrivare alle reti di trasmissione e distribuzione. In una parola ‘fantascienza’; lo sviluppo di una mobilità sostenibile e l’incremento delle opportunità di mobilità. Secondo una stima dell’Organizzazione internazionale del lavoro, il passaggio ad una mobilità sostenibile potrà creare entro il 2030 circa 18 milioni di nuovi posti di lavoro (risultato dato dalla differenza tra circa 24 mln di nuovi posti di lavoro e la perdita di 6 mln); la possibile revisione dell’Irpef, inserita nell’ambito della Riforma fiscale di accompagnamento al Piano che, attualmente, è al palo e registrerà notevoli ritardi sulla roadmap dell’Esecutivo) e gli interventi di rigenerazione urbana.

Tra le diverse misure presenti trasversalmente nel Piano dirette ad agevolare, anche indirettamente, l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro l’Esecutivo punta poi verso la direzione delle ipotesi, inseguendo la pista della probabilità e del ‘si vedrà’ tutta italiana. Una saga che prevede qualche risultato a partire dalla valorizzazione del capitale umano ed il miglioramento delle competenze con riferimento alle nuove professioni, che potrà creare maggiori opportunità di lavoro in particolar modo per le generazioni più giovani. Già, la nostra normativa italiana, come risaputo, è sempre stata molto tollerante verso le novità e la fase di avviamento di iniziative e professioni innovative, basta considerare, per ultimo, i notevoli disservizi e disparità di trattamento subite dalle aziende innovative in giro per lo Stivale e Isole.

Ancora, grande entusiasmo è affidato agli investimenti e alle riforme sulla transizione ecologica (la famosa Missione 2) che contribuiranno alla creazione di occupazione giovanile in tutti i settori toccati dal Green Deal europeo (tra cui le energie rinnovabili, le reti di trasmissione e distribuzione, la filiera dell’idrogeno). Con quali basi si garantirà tale rivoluzione alla luce della mancanza di percorsi professionali realmente qualificanti in materia? Misteri!

Giovani, foto Sardegnagol riproduzione riservata
Giovani, foto Sardegnagol riproduzione riservata

Inoltre, si prevede che il potenziamento della formazione professionale (Missione 5), potrà ridurre il disallineamento tra le competenze possedute, anche digitali, e quelle effettivamente richieste dalle imprese, agevolando così l’ingresso nel mondo del lavoro. Ipotesi da pura teoria ipodermica, buone giusto per riempire gli spazi del report per i Giovani del PNRR Italiano.

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Ancora, il potenziamento del “Servizio Civile Universale” (SCU) per l’Esecutivo, determinando un incremento del numero di giovani tra i 18 e i 28 anni allo strumento di volontariato, aiuterà ad accedere ad un percorso di apprendimento di nuove conoscenze e competenze. Skills difficilmente performanti senza la previsione di alcun supporto per gli Enti che dovranno garantire l’esecuzione dei progetti di SCU. Dettagli, ma si sà “the devil makes the pots but not the lids”, senza contare che il servizio civile da sempre rappresenta un vero e proprio palliativo contro la povertà educativa nonché capace di rappresentare, nella maggior parte di casi, un piacevole periodo di ‘gioco’ o di ‘parcheggio’ per tantissimi giovani italiani.

Stesse ingiustificate previsioni anche per l’istituzione del “Servizio Civile Digitale” (Missione 1). Qui è previsto – chissà da chi – che attraverso il reclutamento di giovani che aiuteranno gli utenti ad acquisire competenze digitali di base si potranno migliorare le competenze digitali e supportare l’inclusione lavorativa dei giovani. Considerazioni politiche da fare invidia all’apparente scarsa complessità del codice binario… inoltre, all’interno della pubblica amministrazione lo sforzo di reskilling e upskilling (ma siamo seri? La PA italiana?), includerà un’ampia offerta di corsi online aperti e di massa (MOOC, i.e. Massive Open Online Courses) e l’introduzione di “comunità di competenze” (Community of Practice). Il pot-pourri è servito!

Ma, volendo concedere beneficio del dubbio al PNRR italiano per i giovani, possiamo ancora mangiare la foglia offerta dalla valutazione di impatto del PNRR sull’occupazione giovanile realizzata dal Governo e che riporta le variazioni percentuali dell’occupazione giovanile come deviazione percentuale dallo scenario di base per tutto l’orizzonte temporale del Piano, secondo la quale l’occupazione giovanile registrerà un incremento massimo del 3,2 per cento nel triennio 2024-2026 rispetto allo scenario di base, con una accentuata attivazione massima nel Sud pari al + 4,9% (elaborazione MEF-DT su dati MACGEM-IT).