Vigilanza sul rischio di credito bancario, la Corte dei Conti europea bacchetta la BCE.

Garantire una maggiore e puntuale vigilanza sulla gestione del rischio di credito da parte delle banche. Questo in sintesi il “succo” della bacchettata inflitta dalla Corte dei Conti europea alla Banca Centrale Europea, ovvero l’istituzione responsabile dell’attuazione della politica monetaria dell’area Euro. Banca, come ricordato dalla Corte, risultata essere particolarmente timida sul tema della vigilanza sulla gestione del rischio di credito delle banche dell’UE, in particolare quando i mutuatari non rimborsano i prestiti assunti. “Una gestione insoddisfacente – si legge nella nota della Corte – può compromettere la tenuta delle banche stesse e dell’intero sistema finanziario”.

La BCE, ancora, non avrebbe imposto agli enti requisiti patrimoniali direttamente proporzionali al rischio cui erano esposti, esprimendo, così, poca attenzione per il rispetto da parte delle banche dei requisiti prudenziali dell’UE.

“La BCE dovrebbe impedire la cattiva gestione dei rischi di credito, perché questa può portare le banche al fallimento”, ha dichiarato Mihails Kozlovs, il Membro della Corte responsabile della relazione. “Si tratta di un aspetto essenziale vista l’importanza che riveste la fiducia nel settore bancario, soprattutto in una congiuntura economica complessa come quella attuale”.

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Secondo gli auditor dell’UE, le valutazioni della BCE in merito ai rischi di credito e ai controlli delle banche erano in generale di buona qualità, malgrado alcune carenze. La BCE, tuttavia, non si avvale degli strumenti e dei poteri di vigilanza di cui dispone per far sì che i rischi riscontrati siano pienamente coperti da capitale aggiuntivo o per indicare alle banche come gestirli meglio. Il nuovo approccio adottato dalla BCE nel 2021 per stabilire l’ammontare di capitale che una banca deve detenere oltre al minimo obbligatorio non garantisce l’adeguata copertura dei vari rischi; peraltro, la BCE non l’ha applicato in maniera uniforme. In particolare, quando le banche erano esposte a rischi più elevati, la BCE non ha imposto requisiti proporzionalmente maggiori: ciò significa che manca un chiaro nesso tra i rischi e i requisiti imposti. Di fatto, per le banche a più alto rischio, la BCE ha costantemente selezionato i requisiti di fascia più bassa negli intervalli predefiniti. Inoltre, la Corte ha riscontrato che la BCE tendeva a non inasprire a sufficienza le misure di vigilanza a fronte di un rischio di credito elevato e protratto nel tempo, mentre persistevano carenze nei controlli.

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Gli auditor della Corte, inoltre, hanno criticato la carenza di personale addetto alla vigilanza bancaria (sia assunto dalla BCE che designato dalle autorità di vigilanza nazionali) e la durata del ciclo di vigilanza del 2021, che poteva dar luogo a valutazioni datate. D’altro canto, la Corte riconosce che i crediti deteriorati pregressi (ossia risalenti a prima dell’aprile 2018) sono in calo dal 2015 e che questo andamento è imputabile a svariati fattori, fra cui le azioni della BCE. Quest’ultima, tuttavia, non ha fatto sistematico ricorso ai propri poteri di vigilanza quando le banche non erano dotate di processi e dati solidi per individuare e misurare i crediti deteriorati.

Nel quadro del Meccanismo di vigilanza unico, istituito nel 2014 in risposta alla crisi finanziaria del 2008, ricordano infine dalla Corte, la BCE è chiamata ad assicurare la vigilanza diretta sulle banche significative dell’UE. Categoria nella quale rientrano 110 banche dei 20 Paesi UE che hanno adottato l’euro e della Bulgaria: banche che detengono quasi l’82 % degli attivi bancari dell’unione bancaria.

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foto mailgk1 da Pixabay