8 marzo, Terre des Hommes: “L’Italia non è un Paese per ragazze”.

Il 50% delle giovani donne italiane si sente limitata, nelle scelte sul futuro e da anacronistici – quanto barbari – retaggi maschilisti. Il lavoro, ancora, nonostante le tante battaglie degli ultimi 80 anni, è ancora percepito come un luogo ad alto rischio discriminazione. È quanto emerge dall’Osservatorio indifesa realizzato da Terre des Hommes e OneDay Group, che quest’anno ha coinvolto oltre 2000 ragazze adolescenti dai 14 ai 26 anni.

Giovani donne per le quali il luogo in cui si assiste a più discriminazione o violenza di genere è proprio l’ambito lavorativo.
Più della metà delle intervistate, il 53,96%, ritiene che le scelte riguardo agli studi futuri o alla carriera lavorativa, le

ambizioni e le passioni vengano limitate dagli stereotipi di genere. Al secondo posto viene indicata l’assenza di una rete di sostegno, al terzo la mancanza di modelli a cui ispirarsi. Una mancanza sottolineata anche dal fatto che per il 20% di loro “non c’è nessun modello di riferimento” e per il 30% il principale modello è la propria mamma. In sostanza una su 2 non ha modelli esterni alla famiglia a cui riferirsi “idealmente” per progettare il proprio futuro.

“C’è molto da fare per il futuro delle giovani donne nel nostro Paese- secondo Paolo Ferrara, dg di Terre des Hommes – è urgente un cambiamento culturale che non può che partire dalla scuola. Occorre lavorare affinché genitori e insegnanti incoraggino le ragazze a seguire percorsi di studio che permettono carriere vicine ai loro reali desideri, al netto dei condizionamenti esterni, che arrivano persino dai libri di testo che ancora troppo spesso raffigurano gli uomini come scienziati e ingegneri e le donne come maestre e infermiere. Ogni anno con la nostra campagna indifesa ci impegniamo a diffondere i dati della violenza e delle discriminazioni, ma cerchiamo anche di offrire a ragazze e ragazzi percorsi che possano accrescere la loro consapevolezza su queste tematiche e proporre nuovi modelli per essere davvero leader del cambiamento per una società più equa e inclusiva”.

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In particolare, si legge nel report, la mancanza di modelli di riferimento e gli stereotipi non aiutano le giovani Neet (Not in Education, Employment or Training), per cui l’Italia detiene il record europeo negativo: le italiane tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano sono ben il 25%.

Criticità anche nelle ormai note discipline STEM. Sebbene le ragazze rappresentino quasi il 60% dei laureati in Italia la loro presenza all’interno dei corsi di laurea Stem (Science, Technology, Engineering e Mathematics) è decisamente più ridotta a vantaggio di percorsi di studio in ambito linguistico, medico e umanistico. Su questo aspetto, volendo andare oltre la ricerca di Terre des Hommes, però il tema non può essere ascritto alla diretta responsabilità del genere maschile ma – probabilmente – alla non ancora emancipata visione verso la propria formazione da parte di ampi strati della popolazione giovanile italiana.

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Secondo il Ministero della Pubblica Istruzione, nell’anno accademico 2020/2021 le studentesse immatricolate nei corsi di laurea Stem sono il 21%, la metà rispetto agli uomini. Di chi può essere la responsabilità essendo la scelta del percorso di laurea universalmente libera e accessibile?

Un altro gender gap è quello legato a ciò che viene definita “educazione finanziaria”: dal gestire un conto corrente o calcolare il tasso di interesse di un prestito a capire un investimento finanziario. Su questo bisognerebbe anche aprire una finestra sulla complessità del linguaggio finanziario e, in generale, della mancanza di insegnamenti fin dai primi anni di scuola, mirati a sostenere una maggiore comprensione dei fenomeni economici.

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I più recenti test Pisa-Ocse evidenziano come, in media, i livelli di alfabetizzazione finanziaria dei maschi 15enni siano superiori di due punti percentuali rispetto a quelli delle coetanee. Il gap in Italia è addirittura di 15 punti.

Se il futuro è in pericolo, il presente è già compromesso. Basti pensare che il 47,78% delle giovani ha dichiarato all’Osservatorio indifesa di aver assistito a una violenza fisica. Non va meglio con la violenza psicologica: 7 ragazze su 10 hanno assistito ad episodi di questo tipo. La realtà non è rassicurante per le nuove generazioni: le giovani percepiscono il rischio della solitudine e dell’isolamento sociale (23,14%), il pericolo della violenza psicologica (19,72%), del bullismo (17,90%) e della violenza sessuale (17,39%). Per l’82,90% il web non è un ambiente sano e sicuro. Tra i rischi mettono al primo posto il cyberbullismo.

Non migliora la situazione nella vita offline: il 23,14% sente il pericolo della solitudine e dell’isolamento sociale il 19,72% quello della violenza psicologica, il 17,70% del bullismo e il 17,39% della violenza sessuale. Per quasi il 34% delle intervistate, d’altra parte, non si stanno facendo passi avanti nella parità di genere.