Politiche giovanili, Andrea Abodi: “Voglio prenderle sul serio”.
I giovani italiani possono tornare a sperare per l’introduzione di misure capaci di produrre un maggiore impatto in termini di inclusione e di cambiamento dell’attuale paradigma italiano delle politiche giovanili? Sembrerebbe, dopo le disastrose performance delle gestioni dei ministri Spadafora e Dadone, con la reiterazione di schemi fallimentari e di iniziative imbarazzanti eufemisticamente parlando – ultimo in ordine di arrivo il Neet Working Tour – che un cambio di passo sia possibile con la nuova delega affidata al ministro Andra Abodi.
Presente ieri alla presentazione del progetto che porterà alla costruzione del Palasport nell’area dei parcheggi Cuore di Cagliari (sempre che siano rispettati i tempi della gara entro il 31 marzo 2023), l’esponente dell’Esecutivo Meloni ha dichiarato ai microfoni di Sardegnagol – con grande sorpresa riflettendo sull’autoreferenzialità della politica – di voler andare oltre le iniziative spot, di scarso impatto e senza alcuna sostenibilità.
“Non esiste per la delega ai giovani un’audizione programmatica ma tanto la farò per conto mio, spiegando i miei obiettivi di mandato – ha dichiarato a Sardegnagol il ministro Abodi -. Cercherò di praticare e non di predicare l’interdisciplinarità del tema con i colleghi dell’esecutivo. Per i giovani ho un’idea diversa rispetto a chi mi ha preceduto. Voglio prendere sul serio le politiche giovanili. Non posso immaginare che il tema dei giovani sia lontano dai temi della formazione, casa, lavoro, accesso al credito. Devo solo capire se riuscirò a farcela da solo. Cercherò di emanare un decreto per riformulare la funzione del Consiglio Nazionale dei Giovani che è uno strumento formidabile dentro il quale si generano analisi e ricerche che non vengono utilizzate. Ritengo – prosegue – che questo patrimonio di informazioni debba diventare la coscienza critica del Governo”.
“Il Servizio Civile Universale – ha aggiunto Abodi – che abbiamo recentemente celebrato per i suoi 50 anni, deve avere una finalizzazione diversa, altrimenti rischia di diventare soltanto un ammortizzatore sociale, dove diamo qualche soldino per un anno a dei ragazzi, senza certificarne le competenze e valorizzarne il rapporto con le imprese private e la partecipazione ai concorsi pubblici. A me non piacciono le prese in giro: o la cosa e seria o non si fa”, ha concluso il ministro per lo Sport e i Giovani.