Giovani. Continua la saga dei tirocini non retribuiti al Parlamento italiano.

Nonostante il moto di sdegno verso i tirocini non retribuiti nelle istituzioni, ultimo a cadere il Parlamento europeo, continua nella più totale assenza di critiche – specialmente da parte dei cosiddetti “organi rappresentativi dei giovani” – la prassi dei tirocini non retribuiti al Parlamento italiano.

Che si tratti di quel famoso “messaggio notevole, di speranza e di riapertura” che l’ex presidente del Senato, Elisabetta Casellati, aveva ricordato in occasione della firma del protocollo d’intesa con la Conferenza dei rettori delle Università Italiane? Oppure siamo in presenza dell’ennesima constatazione che in Italia il tempo dei giovani, anche quello del cosiddetto tirocinio curriculare, non è debitamente considerato come un valore? Se poi è anche la stessa Camera dei Deputati ad ospitare ancora nel 2022 (con inizio 2023) percorsi in presenza non retribuiti per “i più meritevoli e promettenti”, l’impressione è che si sia sempre in presenza di un paradigma decisamente sfavorevole per i/le giovani italiani/e.

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Da qui la riflessione circa l’opportunità di garantire realmente l’accessibilità per tutti/e i giovani meritevoli del Paese. Chi potrà mai partecipare ad un tirocinio al Parlamento Italiano senza alcun supporto economico? Come potranno gli studenti particolarmente meritevoli affinare, come indicato nella comunicazione istituzionale del CRUI, “il processo di apprendimento e di formazione e di agevolarne le scelte professionali?”. Come potrà lo studente fuori sede sobbarcarsi le spese di un soggiorno romano per 6 mesi in assenza di adeguati mezzi economici? Non è dato saperlo.

Come non è dato difendere il livello di coerenza della comunicazione istituzionale della Camera, secondo la quale tali percorsi di formazione apriranno l’Aula parlamentare ai giovani favorendone “la conoscenza “sul campo” del ruolo e del funzionamento dell’Istituzione parlamentare”. Una idea di trasparenza, però, distonante con quanto richiesto ai candidati, ai quali è ordinato il mantenimento della “riservatezza per quanto attiene ai dati, informazioni o conoscenze
acquisite”.

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6 mesi di tirocinio, da febbraio a luglio 2023, ancora, nel corso dei quali i candidati prescelti (meglio definirli cittadini/e agiati/e) avranno il compito di elaborare studi o ricerche utili nei settori della comunicazione e delle pubblicazioni, dell’archivistica e della biblioteca e della valorizzazione dei beni culturali e architettonici della Camera e per la propria tesi o per il proprio percorso formativo. Ovviamente “a gratis”.

Interessante, e forse decisamente esagerato, uno dei requisiti richiesti ai/alle candidati/e, ovvero la conoscenza della lingua inglese B1. Una richiesta decisamente incoerente riflettendo sul patriottardo Governo Meloni e sulle capacità linguistiche richieste per sedere sugli scranni dello stesso Parlamento. In breve, nessuna!

Stesso discorso, con i dovuti distinguo, si potrebbe fare anche per i requisiti di ordine penale. Ai/alle candidati/e, infatti, è richiesto di avere la fedina penale pulita, libera da decreti di condanna o di applicazione della pena per delitti non colposi, nonché di procedimenti penali pendenti per delitti non colposi. Ancora non essere destinatari di misure di sicurezza o di misure di prevenzione, pena l’immediata esclusione dal tirocinio stesso… quale conformazione potrebbe assumere il Parlamento italiano se lo stesso principio venisse applicato tempestivamente anche agli stessi parlamentari italiani?

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