Neet: 1 giovane su 4 non è coinvolto nella crescita economica e civile del Paese.

1 giovane su 4 non è coinvolto nella crescita economica, civile del Paese. Un segno lampante della rinuncia del Paese alla costruzione del proprio futuro. Negli ultimi 10 anni ben 260mila giovani (circa il 30% laureati), sono emigrati all’estero. Fenomeno migratorio capace di rendere il quadro decisamente più nitido ma, nonostante l’evidenza, sui Neet l’Italia continua a detenere il primato negativo dei Paesi europei, frutto anche delle diseguaglianze territoriali esplose negli ultimi anni e che disegnano sempre di più l’attuale geografia sociale del Paese.

Di fronte a tale condizione continua a mancare l’impegno da parte delle istituzioni. Assenti e incompetenti verso l’adozione di un minimo intervento nel merito della questione giovanile. Le prospettive lavorative, formative dei Neet, quindi, non posso che essere sempre più scarse. Da qui è obbligatoria una riflessione: che razza di stimoli possono avere i giovani Neet italiani ad attivarsi e a reinserirsi nel circuito lavorativo e formativo italiano?

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La questione giovanile, guardando anche alle prime avvisaglie offerte “gratuitamente “dall’attuale compagine governativa, non potrà che tradursi sempre più in una problematica di ordine democratico, a partire dall’astensionismo giovanile e all’allargamento del cosiddetto “inverno demografico” del Paese.

Si continua, nelle prime battute del Governo Meloni, a parlare di devianza giovanile per affrontare autoreferenzialmente la tematica e, ancora, con 3 milioni di Neet al Governo c’è chi pensa che la soluzione sia la promozione di una scuola più selettiva e meno inclusiva, senza mai avviare una concreta analisi sui disastrosi interventi pubblici per i giovani. Negli anni, per esempio, nonostante l’esoso programma Garanzia Giovani, il numero dei Neet è rimasto praticamente inalterato e all’interno dell’attuale PNRR gli interventi per i giovani continuano ad essere decisamente iniqui e capaci di reiterare schemi fallimentari per la gioventù italiana.

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Lo stesso schema adottato per la gestione del Fondo Nazionale per le Politiche giovanili, a partire dal livello ministeriale e fino ad arrivare alle unità territoriali periferiche, esclude e preclude ogni possibilità di avviare una proficua programmazione partecipata degli interventi nel settore della gioventù, a tutto vantaggio delle solite “cappellate” autocelebrative in materia di politiche giovanili.

Occorre, invece, orientare le politiche e le risorse non verso uno o due tipologie di intervento, come finora fatto attraverso tirocini e incentivi alle assunzioni che hanno dimostrato di essere inefficaci, eufemisticamente parlando. Occorre costruire percorsi integrati e multimisura di lunga durata che siano strutturali e sostenibili nel tempo, nonché incentrati sui giovani più fragili, perennemente fuori dai radar delle “lungimiranti” politiche istituzionali. Come non ricordare, in ordine di arrivo, la stupidaggine ministeriale del Neet Working Tour, dove non è stata inserita neanche una tappa in una località rurale del Paese?

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Potrà mai il Governo Meloni coinvolgere i/le giovani italiani e cambiare il paradigma sulle politiche giovanili? Riuscirà a costruire alleanze con le giovani generazioni attraverso interventi disruptive e disegnati dal basso, a partire dalle esigenze dei giovani? Si riuscirà ad andare oltre le rendite di posizione dei vari “portatori di interesse” presenti nel Paese e superare le barriere ideologiche di una certa destra? O, come molto probabile, si continuerà, per incapacità e scarso interesse, a riprodurre nella prossima legislatura le trite e ritrite “cappellate dal facile happy ending” per i/le giovani italiani/e?

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