Interruzione di gravidanza a Malta: S&D solleva il caso di Andrea Prudente.

Andrea Prudente, donna statunitense di 38 anni, lo scorso mese di giugno ha rischiato di morire a Malta per complicanze dovute alla gravidanza e al rifiuto dei medici maltesi di praticarle un aborto. A ricordarlo recentemente alcuni eurodeputati del Gruppo S&D al Parlamento europeo*.

“Giunta a Malta per una vacanza – ricordano gli esponenti italiani del gruppo – ha cominciato ad avere perdite e in ospedale ha scoperto che la placenta era in parte distaccata e il feto non sarebbe sopravvissuto. Per via di queste complicazioni, Prudente avrebbe potuto sviluppare un’infezione letale ma, poiché il cuore del feto continuava a battere, i medici si sono rifiutati di terminare la gravidanza, come imposto dalla legge maltese, nonostante non ci fossero possibilità di sopravvivenza fuori dall’utero”.

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La donna, fortunatamente, aveva successivamente ottenuto il nullaosta per il trasferimento in Spagna, riuscendo, così, a ricevere le cure necessarie ed evitare di aggiungersi al drammatico numero decessi avvenuti nel piccolo Stato dell’UE a causa dalla legge maltese sull’interruzione di gravidanza.

Motivata e di pubblico servizio, quindi, la richiesta alla Commissaria europea – la maltese Helena Dalli – di riferire circa le misure a sostegno del riconoscimento dei diritti delle donne in tutti gli Stati membri dell’UE.

La risposta dell’esponente dell’Esecutivo von der Leyen non si è fatta attendere troppo e ieri, a nome della Commissione ha dichiarato che “tutte le donne dell’Unione europea dovrebbero avere un accesso adeguato all’assistenza sanitaria e a cure mediche di qualità”, ricordando, come di consueto, il limite dell’azione della Commissione europea, poiché “l’assistenza sanitaria, compresa l’assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva, rientra nelle competenze degli Stati membri”. Nulla quindi potrà essere fatto per garantire i diritti delle donne alla luce della limitata competenza della Commissione sulle “legislazioni nazionali”. A cosa serve, dunque, lo strumento della condizionalità dello Stato di diritto? Non è dato ancora saperlo data la mai pervenuta adozione di alcun provvedimento in seguito alla violazione dei diritti umani all’interno dell’UE da parte dei vari Stati membri.

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Ma il politichese è la regola anche dalle parti della Commissione. “Nell’esercizio delle loro competenze, gli Stati membri devono rispettare i diritti fondamentali sanciti dalle rispettive costituzioni e rispettare gli impegni assunti a norma del diritto internazionale – ha proseguito diplomaticamente la Dalli -. Le disuguaglianze di genere possono incidere in modo significativo sui risultati in materia di salute sessuale e riproduttiva”. Tradotto “non si potrà fare nulla per intervenire sulla legislazione maltese e garantire i diritti delle donne”.

A cosa serve quindi la proposta di “scambi regolari tra gli Stati membri e i portatori di interessi su tematiche relative alla parità di genere”, se poi il risultato continua a non introdurre alcuna misura di tutela condivisa per le donne in tutti gli Stati dell’UE?

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* Alessandra Moretti (S&D), Camilla Laureti (S&D), Giuliano Pisapia (S&D), Irene Tinagli (S&D), Pierfrancesco Majorino (S&D) e Giuseppe Ferrandino (S&D).

foto https://www.europarl.europa.eu/