Investimenti cinesi nella RDC, Bilde: “Sfruttamento illegale delle miniere”.

Lo scorso mese di ottobre la Reuters ha riferito che l’Extractive Industries Transparency Initiative aveva pubblicato un rapporto sull’accordo firmato il 22 aprile 2008 tra la Repubblica Democratica del Congo e società cinesi (tra le quali Sinohydro Corp e China Railway Group Limited) prevedendo la realizzazione di infrastrutture (strade e ospedali) utilizzando gli utili realizzati dalla joint venture mineraria Sicomines.

Una modifica apportata all’accordo nel 2017, spiega l’eurodeputato Dominique Bilde, prevedeva che solo il 65% degli utili di Sicomines dovesse essere inizialmente utilizzato per rimborsare gli investimenti, mentre il 35% sarebbe andato agli azionisti. Sarebbero stati investiti meno di un miliardo di dollari rispetto ai 3 previsti dall’accordo, inoltre una commissione d’inchiesta conclusa da rappresentanti eletti nella provincia del Kivu meridionale ha evidenziato lo sfruttamento illegale di giacimenti minerari presumibilmente operato dalle società cinesi.

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Sullo sfondo di questa vicenda da scenario post-coloniale, l’UE ha assegnato 620 milioni di euro alla Repubblica democratica del Congo nell’ambito del Fondo europeo di sviluppo tra il 2014 e il 2020, per la realizzazione di progetti infrastrutturali. Da qui la richiesta alla Commissione UE, da parte dell’esponente di Identità e Democrazia, per conoscere le azioni a sostegno del Paese africano contro l’azione destabilizzante della Cina attraverso le sue aziende.

Per la Commissaria europea per lo sviluppo, Jutta Urpilainen la Commissione si sarebbe già “impegnata a promuovere pratiche minerarie responsabili nel Paese. Ciò include il sostegno alle iniziative internazionali per la trasparenza delle industrie estrattive, la partecipazione al Partenariato europeo per i minerali responsabili. Progetti che mirano a migliorare la trasparenza, il buon governo, il rispetto degli standard sociali e ambientali e la due diligence nel settore estrattivo”.

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Una strategia che – guardando allo sfruttamento di migliaia di bambini nelle miniere di cobalto, gestite da compagnie internazionali -, non sembra ottenere i risultati sperati.

Ciò nonostante, in barba al rispetto al principio della condizionalità dello Stato di diritto (che sembra valere solo per le nazioni ribelli dell’UE), l’Unione ha dato il via libera per l’invio di nuove risorse alla Repubblica Democratica del Congo per il 2022, circa 54,4 milioni di euro, sulle quali non sembra essere stata posta un’apposita condizionalità. Difficile, pertanto, osservare sullo sfondo una moral suasion dell’UE verso la Cina sulla questione dello sfruttamento delle risorse minerarie e umane nello sfortunato Paese africano.

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