Femmine e maschi, Cnr: “Ecco come ricordiamo”.

Cosa succede quando abbiamo tante informazioni da ricordare? Per anni abbiamo pensato che si potessero memorizzare ripetendo, studiando e ripassando. Ma cosa succede con le esperienze uniche, che non viviamo con l’intenzione di ricordarle? Per esempio, un ristorante dove abbiamo mangiato benissimo, del quale però non rammentiamo nome né indirizzo? Sull’argomento è stato pubblicato su Nature Communications uno studio, coordinato da Elvira De Leonibus dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibbc) e del Telethon Institute of Genetics and Medicine (Tigem) della Fondazione Telethon, che ha rivelato come la quantità di informazioni influenzi la nostra capacità di ricordare a lungo termine in condizioni di apprendimento spontaneo.

“Per esempio, in media tutti siamo in grado di ricordare un numero di telefono di 7 cifre per il tempo necessario a trascriverlo, ma quanti di questi numeri ricordiamo un’ora dopo o il giorno successivo? Nel lavoro abbiamo studiato, in un modello murino, i meccanismi biologici alla base di questo processo, in seguito alla scoperta casuale che i maschi e le femmine, quando vengono esposti al massimo numero di oggetti che possono memorizzare nel breve termine, ossia 6, il giorno successivo tendono a ricordarli in modo differente: i maschi li ricordano tutti, le femmine 4”, spiega De Leonibus. “Ci siamo quindi chiesti perché le femmine pongano un limite in questo trasferimento di informazioni e quali sono i meccanismi che si attivano nel cervello per imporlo. Abbiamo quindi scoperto che i maschi attivano di più l’ippocampo, la regione corticale deputata alla formazione delle memorie a lungo termine, mentre le femmine attivano maggiormente i nuclei della linea mediana del talamo, posta sotto la corteccia, in particolare il nucleo reuniens, una regione più antica del cervello”.

LEGGI ANCHE:  Le aree visive del cervello influenzano la percezione della realtà.

Giulia Torromino e Vittorio Loffredo del Cnr-Ibbc, primi autori del lavoro, grazie al ricorso a sofisticate tecniche di manipolazione cerebrale che utilizzano le opsine, molecole prodotte dalle alghe che sono in grado di accendersi e spegnersi in risposta a un fascio di luce, hanno potuto attivare specifiche popolazioni di neuroni, consentendo un preciso studio delle funzioni cerebrali. “Abbiamo ‘spento’ il reuniens nelle femmine e aumentato la memoria da 4 a 6 oggetti e ci siamo accorti che, così facendo, si ri-attivava anche l’ippocampo. Questo suggerisce che una parte di cervello più antica può prendere il controllo di porzioni del cervello che svolgono funzioni più complesse dal punto di vista cognitivo e governarne l’attivazione”, chiarisce De Leonibus.

Il lavoro ha posto l’accento sul modo in cui il sesso biologico possa influenzare l’utilizzo dei circuiti cerebrali. E ha dimostrato innanzitutto che le femmine non ricordano meno dei maschi. “Se infatti tra i due sessi ci fossero differenze strutturali non sarebbe possibile annullarle attraverso una semplice stimolazione delle medesime aree. Le differenze si trovano invece nel modo in cui gli stessi stimoli possono ‘accendere’ circuiti diversi nei due sessi”, aggiunge la ricercatrice del Cnr-Ibbc. “La situazione stimolo che abbiamo usato è l’‘incidental learning’, ossia l’apprendimento spontaneo per curiosità, che favorisce l’emergere di differenze di strategie mentali. Ad esempio, se durante la memorizzazione dei 6 oggetti distraiamo femmine e maschi con altri stimoli, la memoria dei primi ne risente, quella delle femmine si mantiene intatta. Questo suggerisce che i maschi usano una strategia maggiormente orientata alla memorizzazione a lungo termine, le femmine una indirizzata alla gestione degli stimoli nel contesto specifico. Nell’economia cerebrale, ogni azione mentale complessa, infatti, va a discapito di altre azioni; dunque nessuna delle due è superiore all’altra, dipende dalla situazione”.

LEGGI ANCHE:  Cnr: "L’aria della foresta diminuisce l’ansia".

La ricerca è stata finanziata dall’Alzheimer’ Association. La complessità degli approcci e delle tematiche ha richiesto la partecipazione allo studio di ricercatori appartenenti a diversi enti nazionali e internazionali: l’Istituto di biologia e patologia molecolari e l’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti “Eduardo Caianiello” del Cnr, l’Ebri, la Sissa, l’Embl; e la collaborazione di giovani ricercatori del Cnr-Tigem e di studenti del corso di laurea in Biotecnologie e Neurobiologia dell’Università di Roma “La Sapienza” e dell’Università degli Studi Federico II di Napoli.

Foto di Free-Photos da Pixabay