Dopo il diploma, il 50% dei maturandi ha paura di diventare un Neet.

Un futuro da neet. E’ questo il pensiero ricorrente del 50% dei maturandi e maturande del Paese. A evidenziarlo l’indagine condotta da Skuola.net in collaborazione con Gi Group, realizzata su un campione di 2.500 ragazze e ragazzi delle scuole secondarie superiori, tra cui 800 maturandi.

Alla fine del ciclo scolastico, infatti, oltre 1 su 2 ha manifestato il timore di non trovare lavoro in tempi ragionevoli, né nell’immediato né dopo gli eventuali studi successivi al diploma. Una preoccupazione che colpisce più le ragazze che i ragazzi. Presentimenti che trovano fondamento nelle ultime statistiche ufficiali che in Italia, confermano nella fascia d’età 15-34 anni, circa 3 milioni di Neet. Con una grossa differenza: “per chi rimarrà tra i banchi si può ancora intervenire, mentre sui maturandi ci sono pochi margini di manovra, visto che il tempo delle scelte importanti è alle porte”, ricordano i promotori della ricerca.

Continua a mancare, in particolare, un orientamento di qualità per i maturandi e le maturande: al termine della scuola 1 su 3 ammette di avere le idee poco o per niente chiare su quale percorso intraprendere nell’immediato futuro. Un risultato in linea con le ambizioni di un sistema scolastico desueto, scarso servizio pubblico, slegato dalla società e distratto verso “le sfide del futuro”.

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Ben 3 diplomandi/e su 10, ad esempio, sostengono di non aver svolto alcuna attività di orientamento nell’intero quinquennio degli studi superiori. E per una quota simile (29%) l’orientamento è arrivato last minute durante l’ultimo anno di scuola. Un ulteriore 27% ha iniziato a essere instradato sul “dopo” dal quarto superiore. Alla fine, solamente poco più di 1 su 10 ha avuto l’opportunità di essere informato nel corso dell’intero triennio conclusivo. Numeri deprimenti riflettendo sulla mission del sistema di istruzione, ovvero sostenere l’inclusione dei giovani.

Ma le iniziative di orientamento delle scuole, anche quando si svolgono, fanno acqua da tutte le parti: per il 59% i consigli ricevuti sono stati davvero poco utili, se non del tutto inutili. Una possibile motivazione potrebbe arrivare osservando i “protagonisti” delle sessioni di orientamento. Infatti, 2 studenti su 5 si sono confrontati soprattutto con rappresentanti di atenei ed enti di formazione, circa 1 su 4 quasi esclusivamente con i propri docenti. Solo 1 su 5 ha avuto l’occasione di “lavorare” al fianco di orientatori e formatori professionisti, mentre appena 1 su 10 si è confrontato o con rappresentanti del mondo del lavoro o con esperti di selezione del personale. Proporzioni esattamente contrarie ai desiderata, assolutamente legittimi, degli studenti: il 60% avrebbe voluto incontrare esperti di orientamento e formazione, il 44% rappresentanti del mondo del lavoro e il 40% esperti di risorse umane. Attori locali difficili da coinvolgere in un contesto avulso alla qualità e alla sinergia.

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Tutto questo, ovviamente, si riflette anche sui contenuti delle attività di orientamento: quasi sempre gli studenti hanno sentito parlare di università e corsi di laurea. Solamente a una minoranza, invece, sono state presentate anche le alternative all’iscrizione a un ateneo: meno di 3 su 10 hanno avuto un quadro delle opportunità di lavoro per diplomati, circa 1 su 4 ha affrontato il tema concorsi, solo 1 su 5 è stato introdotto al mondo dell’imprenditorialità (come creare startup o avviare attività), idem per quel che concerne l’universo ITS e IFTS (ne ha sentito parlare, rispettivamente, solo il 20% e il 16% degli intervistati).

Proprio sugli Istituti Tecnici Superiori – ovvero i percorsi post-diploma a carattere esperienziale, che permettono di conseguire il titolo di studi in due o tre anni al massimo, garantendo elevati tassi di occupazione –, complice anche l’inerzia dell’orientamento scolastico, solamente 1 neodiplomato su 4 afferma di averne approfondito l’offerta formativa, mentre il 29% ne ha sentito parlare solo di sfuggita e il 47% li ignora completamente. E solo meno della metà (43%) ne ha conosciuto struttura e finalità grazie alla scuola. Un vero peccato, perché praticamente tutti (95%) coloro che hanno avuto contezza della formula ITS, a prescindere dal fatto che la stiano valutando o meno come opzione per il futuro, la giudicano in maniera positiva.

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