Josep Borrell: “Le sanzioni contro la Russia stanno funzionando”.
Stanno funzionando le sanzioni contro la Russia? Le iniziative ideate dall’UE stanno “colpendo duramente” Vladimir Putin e la sua oligarchia? Per l’Alto rappresentante dell’UE, Josep Borrell la risposta è assolutamente affermativa ma “bisogna avere pazienza strategica prima che producano gli effetti desiderati”.
Da quando la Russia ha iniziato l’invasione dell’Ucraina, l’ UE ha adottato sei pacchetti di sanzioni contro Mosca e, allo stato attuale, si sta redigendo un nuovo provvedimento per allineare le sanzioni dell’UE a quelle degli alleati e partner del G7″.
“Le nostre misure – ha ricordato Borrell – colpiscono già 1.200 individui e quasi 100 entità in Russia. Tali sanzioni sono state adottate in stretto coordinamento con i membri del G7 e il fatto che oltre quaranta altri Paesi le abbiano adottate ne accresce l’efficacia.
Una delle principali azioni adottate dall’UE riguarda l’interruzione dell’acquisto del 90% delle forniture petrolifere dalla Russia entro la fine del 2022, privando Mosca delle entrate corrispondenti ma, ricorda l’Alto rappresentante “la Russia è in grado di vendere il proprio petrolio ad altri mercati”, evidenziando però che “questo vantaggio è limitato dal fatto che la Russia è costretta a concedere sconti elevati su ogni barile – il petrolio russo viene venduto a circa 30 dollari in meno rispetto alla media globale -. Inoltre, prosegue Borrell, questo graduale embargo petrolifero e il ridimensionamento delle importazioni di gas, libera l’Europa dalla sua dipendenza energetica dalla Russia”.
Un’azione politica, quest’ultima, da sempre capace di rappresentare un freno verso le azioni aggressive di Mosca: “Questa dipendenza ha probabilmente giocato un ruolo importante nei calcoli iniziali di Putin in Ucraina. Potrebbe aver creduto che l’UE non avrebbe mai sanzionato seriamente la Russia perché troppo dipendente dall’energia. Questa è stata una valutazione erronea di Putin”.
Taglio dei rifornimenti che sta avendo, però, importanti ripercussioni e costi significativi per i Paesi UE: “Tuttavia – spiega Borrell – questo è il prezzo da pagare per difendere le nostre democrazie e il diritto internazionale”.
Le sanzioni, per diversi osservatori, non stanno però danneggiando l’economia russa. Una interpretazione dubbia per l’esponente dell’UE: “Alcuni osservatori hanno sostenuto che non sono molto efficaci perché il tasso di cambio della valuta russa è molto alto. Il tasso di cambio del Rublo riflette semplicemente il fatto che la Russia ha un enorme squilibrio tra l’alto volume di esportazioni di petrolio e gas e il parallelo crollo delle importazioni che ha seguito le sanzioni. Questo surplus commerciale non è un segno di buona salute economica, soprattutto per un’economia come la Russia. Durante l’esportazione di materie prime non lavorate, la Russia deve importare molti prodotti di alto valore che, come risaputo, non produce. Per i prodotti di tecnologia avanzata, la Russia dipende dall’Europa per oltre il 45%, dagli Stati Uniti per il 21% e dala Cina solo per l’11%. La Russia può ovviamente cercare di limitare gli effetti delle sanzioni sostituendo le importazioni con prodotti nazionali. Ciò è stato fatto, non senza successo, nel settore agricolo dopo le sanzioni del 2014. Tuttavia, per i prodotti high-tech, la sostituzione delle importazioni è molto più difficile da mettere in pratica. Le sanzioni sulle importazioni di semiconduttori, ad esempio, hanno un impatto diretto sulle aziende russe che producono elettronica di consumo, computer, aeroplani, automobili o attrezzature militari. In questo campo, ovviamente cruciale nella guerra in Ucraina, le sanzioni limitano la capacità della Russia di produrre missili di precisione. Sul campo, l’esercito russo non fa molto uso di questo tipo di missili a guida di precisione, non per moderazione, ma per necessità, in quanto non ne ha abbastanza. Inoltre, l’azione dell’aviazione russa in Ucraina non ha registrato grandi risultati anche perché manca di munizioni a guida di precisione”.
Il settore automobilistico, prosegue Borrell, è un altro settore che risente molto degli effetti delle sanzioni. Quasi tutte le case produttrici straniere, infatti, hanno deciso di ritirarsi dalla Russia e lo scorso maggio la produzione è scesa del 97% rispetto al 2021: “Inoltre – afferma Borrell – le poche auto che le case produttrici russe producono ancora non avranno né airbag né cambio automatico”-
La Russia, secondo l’UE, in quanto secondo produttore mondiale di petrolio, sta ancora guadagnando ingenti somme dalla vendita del suo petrolio in tutto il mondo, in particolare ai clienti asiatici e questo la aiuta a continuare a finanziare la guerra. Ma nel tempo l’industria petrolifera russa soffrirà non solo dell’abbandono degli operatori stranieri, ma anche della crescente difficoltà di accesso a tecnologie sofisticate come la perforazione orizzontale. Infatti, la capacità della Russia di mettere in produzione nuovi pozzi sarà limitata, il che comporterà un calo della produzione nel medio-lungo periodo secondo la proiezione dell’UE.
Infine, c’è l’industria aerea, che gioca un ruolo molto importante in un Paese così vasto. Circa 700 dei 1.100 aerei civili russi sono di origine straniera. La Russia dovrà sacrificare gran parte della sua flotta, per trovare pezzi di ricambio, in modo che i restanti aerei possano volare. Come ha scritto di recente Alexander Morozov, il capo del dipartimento di ricerca della Banca di Russia: ”Le restrizioni porteranno a una diminuzione della sofisticazione tecnologica e ingegneristica e della produttività del lavoro nelle industrie sanzionate. Le industrie che si affidano alle più avanzate tecnologie estere e quelle con processi aziendali altamente digitalizzati rischiano di essere colpite più duramente di altre”.
Pro che non possono che aumentare guardando alla perdita di accesso ai mercati finanziari alla disconnessione della Russia con le maggiori reti di ricerca mondiali come ad esempio il CERN e alla massiccia fuga di cervelli delle élite russe con migliaia di professionisti altamente qualificati che hanno lasciato il Paese.
Una contrapposizione che, secondo l’Alto rappresentante, sta danneggiando anche gli alleati di Mosca: “Le sanzioni contro la Russia stanno penalizzando il suo commercio con i Paesi come la Cina. Anche se Pechino sembra voler fare gesti ideologici schierandosi con Mosca, rifiutandosi di condannare la sua invasione in Ucraina o riprendendo la narrativa russa sulla minaccia della NATO, nel complesso il Paese asiatico è piuttosto attento nell’aiutare la Russia a eludere le sanzioni UE. Mentre le sue importazioni dalla Russia sono aumentate (principalmente grazie a maggiori importazioni di energia), le esportazioni cinesi verso la Russia sono diminuite in proporzioni paragonabili a quelle dei Paesi occidentali. Anche se non lo ammette pubblicamente, la Cina è probabilmente preoccupata che questa guerra possa rafforzare la posizione degli Stati Uniti non solo in Europa ma anche in Asia, con il forte coinvolgimento di Paesi come Giappone e Corea del Sud nella risposta all’aggressione russa. Uno sviluppo strategico che la Cina non vuole”.
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