Adolescenza: le linee guida regionali a contrasto del ritiro sociale.

Sono state presentate oggi a Bologna le Linee guida regionali dell’Emilia-Romagna – approvate recentemente dalla Giunta Bonacini – sul ritiro sociale, finalizzate a riconoscere i sintomi e delineare le azioni da intraprendere per impedire che adolescenti e giovani finiscano intrappolati nelle maglie del cosiddetto ritiro sociale, cioè si rinchiudano in casa abbandonando la scuola e le attività sociali.

Le linee guida, spiegano dalla Giunta, sono il risultato di un lavoro iniziato nel marzo del 2021 che ha coinvolto l’Ufficio scolastico regionale, i servizi educativi, i servizi di psicologia, gli spazi giovani dei consultori, la neuropsichiatria infantile, i centri per la salute mentale, i centri per le famiglie, diverse scuole, gli spazi d’ascolto scolastici, i pediatri di libera scelta, i servizi sociali, i servizi per le dipendenze, oltre le rappresentanze di cooperative e associazioni.

Il documento parte dalla consapevolezza che il problema possa essere avviato solo coordinando tutti i servizi che ruotano intorno agli adolescenti coinvolti: i vari nodi della rete sono chiamati a comunicare e collaborare per affiancare i ragazzi e le famiglie in modo precoce e tempestivo. Anche perché è dimostrato come il ritiro sociale non solo sia in aumento, ma abbia un esordio sempre più precoce nei bambini e nelle bambine.

“Queste Linee di indirizzo sono il frutto del lavoro di tante professionalità diverse che hanno condiviso saperi, proposte ed angolature diverse di lettura della complessità dei problemi che affrontano nel lavoro quotidiano a contatto con i più giovani – commenta la vicepresidente della Regione con delega alle Politiche sociali e giovanili, Elly Schlein –. Il fenomeno, infatti, è molto complesso e solo un approccio multidisciplinare può rivelarne gli aspetti psicologici, sociali, educativi, sanitari. Oggi disponiamo di uno strumento che ci permette di individuare gli interventi da attuare tempestivamente, dal momento in cui l’insegnante segnala un numero di assenze sospette o la famiglia coglie dei segnali, fino a quando l’adolescente, se necessario, viene preso in carico dai servizi sanitari, attraverso una serie di passaggi che coinvolgono la scuola, i servizi educativi, i servizi sociali, le famiglie. Il ritiro sociale può essere contrastato tanto più efficacemente quando più precoce è l’intervento e quanto più si agisce in rete, fornendo supporto concrete ad adolescenti in difficoltà e le loro famiglie”.

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Il testo traccia le caratteristiche maggiormente diffuse dell’adolescente “ritirato”: un/a ragazzo/a che teme fortemente lo sguardo altrui, che per proteggersi da giudizi negativi tende all’isolamento dal contesto sociale e assume comportamenti poco partecipi della vita sociale e scolastica. Nei preadolescenti tali comportamenti nascono dallo scarto tra ciò che si è e ciò che si vorrebbe essere. Mentre dal punto di vista epidemiologico, non c’è una codificazione condivisa del fenomeno.

Se è vero che la maggior parte dei soggetti ritirati utilizza Internet, videogiochi, pc o smartphone, questo non significa che sia opportuno eliminarli: al contrario, essi vengono utilizzati soprattutto come mezzi lenitivi per la sofferenza, utili per mantenere alcune relazioni sociali, seppur virtuali, attraverso chat, forum, social network e giochi online. Se eliminati, portano all’aggravamento dell’isolamento.

A fronte di questo quadro vanno messe in atto azioni di prevenzione, rilevazione precoce e attivazione tempestiva di interventi. La prevenzione si traduce nella promozione del benessere a scuola con particolare riferimento alla creazione di un ambiente accogliente e positivo ed al sostegno dello sviluppo delle abilità sociali. Un elemento di rilievo in questo ambito della prevenzione è lo spazio d’ascolto di cui vengono descritte possibili funzioni.  La prevenzione del malessere è possibile a patto di prevedere una formazione specifica rivolta a docenti, genitori, personale educativo, sociale e sanitario e la proposta di laboratori esperienziali volontari.

Il documento descrive alcuni indicatori a cui prestare attenzione nel contesto scolastico (i primi segnali di chiusura e ritiro relazionale, le prime assenze), nel contesto familiare (comportamenti di evitamento e segnali di ansia per la frequenza scolastica), nel contesto sanitario (sintomi differenti che motivano le assenze, senza causa organica).

Sono poi indicati i percorsi di primo livello da attivare dapprima all’interno della scuola, dove periodicamente il consiglio di classe verifica situazioni potenzialmente riconducibili a ritiri (periodi consecutivi o frammentari e intermittenti di assenza scolastica, non giustificati), unitamente a comportamenti di evitamento sociale. Dopo una prima valutazione, il coordinatore di classe contatta la famiglia e raccoglie elementi per avviare in accordo con essa e con il dirigente le azioni successive che possono prevedere il coinvolgimento dei servizi educativi territoriali per progetti individuali o per piccoli gruppi, finalizzati al reinserimento sociale e scolastico.

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Dalla rilevazione delle assenze e dei segnali ad esso collegati all’attivazione del colloquio con i genitori è opportuno che si intervenga tempestivamente entro alcune settimane e che l’attivazione della rete interna alla scuola e l’avvio dei primi interventi avvenga entro tre o quattro settimane: la tempestività è uno degli elementi chiave di un intervento efficace che eviti la cronicizzazione.

Le azioni di secondo livello, infine, coinvolgono più attori esterni alla scuola a sostegno del nucleo familiare, per curare la psicopatologia eventualmente presente: in questa fase, infatti, intervengono i servizi di neuropsichiatria infantile. Le linee guida individuano le peculiarità e le attenzioni dell’approccio ai ragazzi “ritirati” e le indicazioni per il lavoro a sostegno dei genitori, con la scuola ed il contesto sociale allargato. Senza dimenticare che i servizi sanitari devono poter contare su interventi educativi domiciliari e spazi laboratoriali educativi con attività extrascolastiche.

La Regione Emilia-Romagna implementerà questo percorso con risorse dedicate al monitoraggio e alla formazione. Gli ultimi dati a disposizione risalgono al 2018 e descrivono già un fenomeno preoccupante, che secondo gli esperti è peggiorato durante la pandemia: di qui l’esigenza di tornare a raccogliere dati accurati attraverso azioni di monitoraggio. Il Fondo sociale regionale ha istituito nel 2020 un Fondo finalizzato alla prevenzione e al contrasto del disagio adolescenziale e del ritiro sociale dotato di 1,5 milioni di euro, cui si sono aggiunti 1,7 milioni l’anno successivo grazie anche alla scelta, condivisa con l’Assemblea legislativa, di finanziare interventi di prevenzione del disagio giovanile, progetti di sostegno socioeducativo, attività scolastiche e formative, anche con l’ausilio di educatori per interventi domiciliari, e specifici contributi per l’acquisto di dispositivi digitali o connessioni. Proprio sul ritiro sociale la Regione dal 2020, attraverso questo Fondo finalizzato, ha chiesto a ciascuno dei 38 distretti dell’Emilia-Romagna di costruire un progetto specificatamente dedicato a questo fenomeno.  

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Il fenomeno è stato registrato negli anni Ottanta del secolo scorso dapprima in Giappone, per poi diffondersi in Estremo Oriente come in Occidente. Il termine con cui in genere vengono identificate le persone ritirate in casa è di origine giapponese: Hikikomori significa ritiro, ritirato. Lo studio Adolescenti “Eremiti Sociali”, una rilevazione del 2018 nelle scuole dell’Emilia-Romagna degli alunni che non frequentano più la scuola a cura dell’Ufficio scolastico regionale, li definisce ragazzi che hanno una scarsa opinione di se stessi e quindi si “bloccano” per paura di fare brutta figura, di non essere socialmente adeguati, spigliati, di essere di conseguenza guardati dagli altri con scherno o compassione, derisi.

Ragazzi bloccati dall’ansia, difficili da aiutare a scuola: sollecitare i ragazzi eccessivamente timidi e ritrosi a farsi avanti può portare a conseguenze negative. Sempre dalla rilevazione si apprende come la condizione di isolamento e ritiro sociale si insinua nella vita di tutti i giorni in modo graduale e quasi impercettibile.

L’hikikomori evita situazioni o individui per eliminare l’ansia relativa al giudizio: uno dei timori più diffusi tra gli adolescenti odierni è di non essere sufficientemente popolari, di non avere quel fascino e quel successo indispensabili per non sentirsi trasparenti e privi di valore.

Spesso la dipendenza da internet viene spesso indicata come una delle principali responsabili dell’esplosione del fenomeno ma non è così: essa rappresenta una conseguenza dell’isolamento, non una causa: infatti, quando il fenomeno degli hikikomori esplose in Giappone, il computer e Internet non facevano ancora parte della quotidianità. È vero però che i social network in particolare rappresentano un nuovo spazio sociale costituito da legami virtuali e reali, più malleabile per i ragazzi rispetto alle reti sociali tradizionali