Armi di distruzione di massa, USA: “La Russia mina sforzi comunità internazionale”.
In una recente nota stampa il Dipartimento della Difesa statunitense ha fatto il punto sulle principali milestones raggiunti dalla comunità internazionale per la riduzione delle minacce nucleari, chimiche e biologiche. Un’occasione per rimarcare le responsabilità della controparte russa che, secondo gli USA, starebbe cercando, con il sostegno della Repubblica Popolare Cinese, di minare gli sforzi delle istituzioni “diffondendo disinformazione e seminando sfiducia nelle persone”.
In particolare, seguendo la narrazione a stelle e strisce, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, gli Stati Uniti, insieme ad alleati, partner e organizzazioni internazionali, hanno avviato una nuova collaborazione per ridurre la minaccia nucleare, e la proliferazione delle armi chimiche e biologiche nei Paesi dell’ex blocco sovietico.
Il Congresso degli Stati Uniti – prosegue la ricostruzione statunitense – attraverso il programma Nunn-Lugar Cooperative Threat Reduction (CTR) ha fornito negli anni finanziamenti e competenze con lo scoopo di inventariare e mettere sotto controllo, in un limitato numero di siti, le armi di distruzione di massa, offrendo, inoltre, assistenza al reimpiego per migliaia di ex scienziati sovietici.
“Gli Stati Uniti – si legge nella nota del Pentagono – hanno fornito questa assistenza con trasparenza e in cooperazione con i partner internazionali, inclusa la Russia prima del 2014. Oltre al lavoro di riduzione delle minacce cooperative Nunn-Lugar, i Dipartimenti dell’Energia e di Stato hanno sostenuto gli sforzi di riduzione delle minacce nucleari, chimiche e biologiche, spesso con l’assistenza tecnica di altri dipartimenti e agenzie statunitensi. Questo lavoro è avvenuto in collaborazione con altri Paesi, come Canada, Unione Europea, Giappone, Norvegia e la Corea del Sud”.
Tra i risultati raggiunti nell’ambito della cooperazione nell’ex Unione Sovietica merita una particolare menzione la distruzione di 2.531 missili, la dismissione di 1.300 armi di distruzione di massa (silos, lanciatori mobili, sottomarini e bombardieri strategici), la messa in sicurezza di oltre 600 testate nucleari.
Durante la Guerra Fredda, prosegue il DoD, l’esercito sovietico stabilì un numero considerevole di armi nucleari in Ucraina, che si ritiene fossero circa 1.800 testate nucleari, nonché bombardieri strategici e missili balistici intercontinentali (ICBM) con armi nucleari. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, la Russia ha mantenuto il controllo di queste armi sotto l’egida della Comunità degli Stati Indipendenti. L’Ucraina ha poi rispettato gli obblighi previsti ai sensi del Trattato di riduzione delle armi strategiche (START I) nel 1992 come stato successore dell’Unione Sovietica e nel 1994 ha aderito al Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (NPT) come Stato Parte non dotato di armi nucleari, rinunciando alle armi nucleari dell’eredità sovietica che erano state dispiegate o immagazzinate in Ucraina.
Il trasferimento di tutte le armi nucleari dall’Ucraina alla Federazione Russa è stato completato nel 1996, in cambio di combustibile per reattori e garanzie di sicurezza da Russia, Stati Uniti e Regno Unito, come stabilito nel Memorandum di Budapest del 1994. Tutti gli ICBM sono stati smantellati o rimossi dall’Ucraina e tutti i silos di missili nucleari in Ucraina sono stati distrutti.
In quanto Stato non dotato di armi nucleari parte del TNP, l’Ucraina ha rispettato l’obbligo di non fabbricare o acquisire in altro modo armi nucleari o di cercare o ricevere assistenza nella loro fabbricazione. L’Ucraina ha anche rispettato l’obbligo del TNP di accettare le salvaguardie dell’AIEA su tutto il materiale nucleare nel Paese e ha inoltre in vigore un protocollo aggiuntivo al suo accordo sulle salvaguardie richieste dal TNP per consentire all’AIEA di fornire garanzie credibili alla comunità internazionale che tutte le armi nucleari materiale in Ucraina rimane in attività pacifiche.
Recentemente, attraverso gli sforzi della National Nuclear Security Administration (NNSA) del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, circa 234 kg di HEU (Uranio arricchito) dell’Ucraina sono stati rimpatriati in Russia. Il materiale è stato quindi sottoposto a downblend ad uranio a basso arricchimento (LEU). In cambio dell’eliminazione di questa quantità di HEU, l’NNSA ha fornito carburante LEU per il reattore di ricerca presso l’Istituto di ricerca nucleare di Kiev e ha sostenuto lo sviluppo e la costruzione della struttura per la sorgente di neutroni presso l’Istituto di fisica e tecnologia di Kharkiv.
“La piccolissima quantità di HEU che rimane in Ucraina – confermano dal Pentagono – è destinata a scopi scientifici specifici, come la scientifica nucleare, ed è ben al di sotto della quantità necessaria per produrre un ordigno nucleare. L’Ucraina non possiede capacità di arricchimento dell’uranio o di ritrattamento del combustibile esaurito, né possiede quantità sostanziali di plutonio separato”.
Al momento del suo scioglimento nel 1991, l’Unione Sovietica, nonostante fosse uno Stato parte della Convenzione sulle armi biologiche (BWC), disponeva di un vasto e sofisticato programma di armi biologiche, composto da dozzine di strutture di ricerca, sviluppo e produzione, con decine di di migliaia di dipendenti, sparsi in molti dei suoi stati successori: “In violazione della BWC – secondo gli Stati uniti – la Russia ha sviluppato un’ampia gamma di agenti patogeni biologici. Al contrario, nessun altro Stato europeo né gli Stati Uniti hanno portato avanti programmi di sviluppo di armi biologiche, in ottemperanza ai loro obblighi ai sensi della BWC”.
foto Nato.int