Stime Istat: “1,9 famiglie in povertà assoluta nel 2021”.

Secondo le stime definitive rese note dall’Istat, nel 2021 sarebbero poco più di 1,9 milioni le famiglie in povertà assoluta (con un’incidenza pari al 7,5%), per un totale di circa 5,6 milioni di individui (9,4%). Valori, ricordano dall’istituto, stabili rispetto al 2020 quando l’incidenza fu, rispettivamente, del 7,7% e 9,4%. La causa di questa sostanziale stabilità è imputabile a diversi fattori; in particolare, a un incremento più contenuto della spesa per consumi delle famiglie meno abbienti (+1,7% per il 20% delle famiglie con la capacità di spesa più bassa, ossia la quasi totalità delle famiglie in povertà assoluta) che non è stato sufficiente a compensare la ripresa dell’inflazione (+1,9% nel 2021), in assenza della quale la quota di famiglie in povertà assoluta sarebbe scesa al 7,0% e quella degli individui all’8,8%.

L’intensità della povertà assoluta – che misura in termini percentuali quanto la spesa mensile delle famiglie povere sia in media al di sotto della linea di povertà (cioè “quanto poveri sono i poveri”) – rimane anch’essa sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente (18,7%), con le uniche eccezioni del Centro dove raggiunge il 17,3% dal 16,1% del 2020 e del Nord-ovest (19,3% dal 18,6%).

Nel 2021, l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma più alta nel Mezzogiorno (10,0%, da 9,4% del 2020) mentre scende in misura significativa al Nord (6,7% da 7,6%), in particolare nel Nord-ovest (6,7% da 7,9%). Tra le famiglie povere, il 42,2% risiede nel Mezzogiorno (38,6% nel 2020), e il 42,6% al Nord (47,0% nel 2020). Si ristabilisce dunque la proporzione registrata nel 2019, quando le famiglie povere del nostro Paese erano distribuite quasi in egual misura fra Nord e Mezzogiorno.

Anche in termini di individui il Nord registra un miglioramento marcato dell’incidenza di povertà assoluta che passa dal 9,3% all’8,2% (risultato della diminuzione nel Nord-ovest dal 10,1% all’8,0% e della sostanziale stabilità nel Nord-est dall’8,2% all’8,6%) con valori tuttora distanti, però, da quelli assunti nel 2019. Sono così oltre 2 milioni 200mila i poveri assoluti residenti nelle regioni del Nord contro 2 milioni 455mila nel Mezzogiorno. In quest’ultima ripartizione l’incidenza di povertà individuale cresce dall’11,1% al 12,1% (13,2% nel Sud, 9,9% nelle Isole); nel Centro sale al 7,3% dal 6,6% del 2020.

Facendo riferimento alla classe di età, l’incidenza di povertà assoluta si attesta al 14,2% (poco meno di 1,4 milioni) fra i minori; all’11,1% fra i giovani di 18-34 anni (pari a 1 milione 86mila individui) e rimane su un livello elevato (9,1%) anche per la classe di età 35-64 anni (2 milioni 361mila individui), mentre si mantiene su valori inferiori alla media nazionale per gli over 65 (5,3%, interessando circa 743mila persone).

Rispetto alla tipologia del comune di residenza la quota di famiglie povere si distribuisce in maniera simile allo scorso anno con l’unica eccezione per i comuni fino a 50mila abitanti (diversi dai comuni periferia di area metropolitana) del Nord in cui l’incidenza passa dal 7,8% al 6,6%, a causa per lo più della dinamica che interessa il Nord-ovest (al 6,3% dall’8,2%).

Peggiora la condizione delle famiglie con maggior numero di componenti. Nel 2021, l’incidenza di povertà assoluta è più elevata tra le famiglie con un maggior numero di componenti: raggiunge il 22,6% tra quelle con cinque e più componenti e l’11,6% tra quelle con quattro; segnali di miglioramento provengono dalle famiglie di tre (da 8,5% a 7,1%) e di due componenti (da 5,7% a 5,0%). Il disagio è più marcato per le famiglie con figli minori, per le quali l’incidenza passa dall’8,1% delle famiglie con un solo figlio minore al 22,8% di quelle che ne hanno da tre in su. Valori elevati si registrano anche per le coppie con tre o più figli (20,0%) e per le famiglie di altra tipologia, dove spesso coabitano più nuclei familiari (16,3%).

L’incidenza di povertà è invece più bassa, al 5,5%, nelle famiglie con almeno un anziano e si conferma al 3,6% tra le coppie in cui l’età della persona di riferimento della famiglia è superiore a 64 anni (nel caso di persone sole con più di 64 anni l’incidenza è pari al 5,1%). In generale, la povertà familiare presenta un andamento decrescente all’aumentare dell’età della persona di riferimento; generalmente, infatti, le famiglie di giovani hanno minori capacità di spesa poiché dispongono di redditi mediamente più bassi e hanno minori risparmi accumulati nel corso della vita o beni ereditati.

La povertà assoluta riguarda il 9,4% delle famiglie con persona di riferimento tra i 18 e i 34 anni e il 5,2% di quelle con persona di riferimento oltre i 64 anni. I valori più elevati dell’incidenza si trovano tra le famiglie con persona di riferimento di 35-44 anni (9,9%) e tra quelle in cui la persona di riferimento ha fra i 45 e i 54 anni (9,7%), stabili rispetto al 2020.

Istruzione e lavoro strumenti contro la povertà. L’incidenza della povertà assoluta decresce al crescere del titolo di studio della persona di riferimento della famiglia. Se quest’ultima ha conseguito almeno il diploma di scuola secondaria superiore l’incidenza è pari al 3,9%, in miglioramento rispetto al 2020; si attesta all’11,0% se ha al massimo la licenza di scuola media.

La povertà assoluta è stabile tra le famiglie con persona di riferimento occupata (pari al 7,0%) che avevano risentito maggiormente degli effetti della crisi. Valori elevati si confermano per i dipendenti inquadrati nei livelli più bassi (13,3%) e, fra gli indipendenti, per coloro che svolgono un lavoro autonomo (7,8%), mentre nel confronto con il 2020 solamente le famiglie con persona di riferimento imprenditore o libero professionista mostrano segnali di miglioramento (1,8% dal 3,2% del 2020). Si conferma, inoltre, il disagio per le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione, per le quali l’incidenza arriva al 22,6%.

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Sempre molto difficile la condizione dell’infanzia. Nel 2021, la povertà assoluta in Italia colpisce 1 milione 382mila bambini (14,2%, rispetto al 9,4% degli individui a livello nazionale). L’incidenza varia dall’11,4% del Centro al 16,1% del Mezzogiorno. Nel confronto con il 2020 le condizioni dei minori sono stabili a livello nazionale, ad eccezione del peggioramento osservato per i bambini dai 4 ai 6 anni (15,4% dal 12,8%), in particolare nel Centro, dove, nella stessa classe di età, l’incidenza passa al 13,2% dall’8,3% (in generale per i minori del Centro peggiora l’incidenza passando all’11,4% dal 9,5%). Seppur sostanzialmente stabili gli altri valori restano distanti da quelli registrati nel 2019.

Le famiglie in povertà assoluta in cui sono presenti minori sono quasi 762mila, con un’incidenza del 12,1% (stabile rispetto al 2020). Se in questo sottoinsieme si studiano le tipologie familiari, si nota come le famiglie di altra tipologia con minori, ossia quelle famiglie dove frequentemente convivono più nuclei familiari, presentano i valori più elevati dell’incidenza (26,6%, contro 16,3% delle famiglie di altra tipologia nel loro complesso).

Inoltre, l’incidenza di povertà assoluta aumenta al crescere del numero di figli minori presenti in famiglia (6,0% per le coppie con un figlio minore, 11,1% per quelle con due figli minori e 20,4% per le coppie con tre o più figli minori) ed è elevata tra le famiglie monogenitore con minori (11,5%). Tutte le tipologie di questo sottoinsieme presentano valori stabili rispetto al 2020. L’intensità della povertà, pari a 18,8%, è in linea con il dato generale per tutte le famiglie povere (18,7%), ma presenta nel 2021 valori in lieve diminuzione.

L’incidenza della povertà tra le famiglie con minori varia molto a seconda della condizione lavorativa e della posizione nella professione della persona di riferimento: 9,5% se occupata (16,1% nel caso di operaio) e 23,3% se non occupata (27,2% se è in cerca di occupazione).

La cittadinanza gioca un ruolo importante nel determinare la condizione socio-economica della famiglia. Si attesta a 8,3% l’incidenza di povertà assoluta delle famiglie con minori composte solamente da italiani, mentre cresce al 36,2% (dal 28,6% del 2020) per le famiglie con minori composte unicamente da stranieri e arriva al 30,7% nel caso in cui nella famiglia in cui sono presenti minori ci sia almeno uno straniero, ben due volte e mezzo rispetto al valore medio delle famiglie con minori.

L’incidenza di povertà assoluta per le famiglie con minori è più elevata nelle aree metropolitane, sia nei comuni centro di area metropolitana sia nei comuni periferia dell’area metropolitana e nei comuni oltre i 50mila abitanti dove si attesta al 13,2%; infine nei comuni più piccoli fino a 50mila abitanti è pari all’11,1%.

L’analisi del titolo di godimento dell’abitazione mostra come l’incidenza di povertà assoluta delle famiglie dove sono presenti minori sia pari al 28,2% se la famiglia è in affitto, contro il 6,4% di quelle che posseggono una abitazione di proprietà e il 13,1% delle famiglie in usufrutto o in uso gratuito.

Ancora elevata la povertà assoluta tra gli stranieri. Gli stranieri in povertà assoluta sono oltre un milione e 600mila, con una incidenza pari al 32,4%, oltre quattro volte superiore a quella degli italiani (7,2%). Rispetto al 2020 si registra un incremento della povertà assoluta per gli stranieri sia nel Centro che nel Mezzogiorno (rispettivamente 27,5% e 40,3%), mentre al Nord si riduce l’incidenza di povertà assoluta individuale, trainata dal calo dell’incidenza osservata per gli italiani. Le famiglie in povertà assoluta sono nel 68,7% dei casi famiglie di soli italiani (quasi 1 milione e 350mila) e per il restante 31,3% famiglie con stranieri (oltre 614mila), pur rappresentando queste ultime solo il 9% del totale.

Per le famiglie con almeno uno straniero l’incidenza di povertà assoluta è pari al 26,3% (25,3% nel 2020); è al 30,6% per le famiglie composte esclusivamente da stranieri (in crescita rispetto al 26,7% del 2020) e al 5,7% per le famiglie di soli italiani (valore non significativamente diverso rispetto a quello del 2020). La criticità per le famiglie con stranieri è più marcata nei comuni periferia area metropolitana e nei comuni con più di 50.000 abitanti (28,6%, contro il 5,6% delle famiglie composte da soli italiani).

A livello territoriale, l’incidenza più elevata si registra nel Mezzogiorno, con quote di famiglie di soli stranieri in povertà oltre quattro volte superiori a quelle delle famiglie di soli italiani (rispettivamente 37,6% e 8,8%). Nel Nord, le famiglie di soli stranieri registrano valori dell’incidenza pari al 30,2% mentre nel Centro i valori sono più contenuti (25,9%). Rispetto al 2020, segnali di peggioramento si registrano per le famiglie di soli stranieri a livello nazionale (si arriva al 30,6% da 26,7%), mentre segnali di miglioramento si registrano per le famiglie miste in tutta Italia (l’incidenza scende dal 22,2% al 17,0% nel 2021) e per le famiglie di soli italiani del Nord (dal 5,4% al 4,3%).

Nelle famiglie con stranieri in cui la persona di riferimento è in cerca di occupazione, l’incidenza della povertà assoluta è in forte crescita e pari al 43,5% (dal 29,1% del 2020, per un totale di oltre 74 mila famiglie); se la persona di riferimento è occupata, la condizione di povertà riguarda invece una famiglia su quattro (24,7%).

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Le famiglie con almeno uno straniero in cui sono presenti minori mostrano un’incidenza di povertà pari al 30,7% (325mila famiglie), ma il sottoinsieme delle famiglie di soli stranieri con minori presenta una crescita maggiore dei segnali di disagio (36,2% dal 28,6% del 2020), che è oltre quattro volte superiore a quello delle famiglie di soli italiani con minori (8,3%).

Nel Mezzogiorno e nel Nord l’incidenza supera il 30,0% nelle famiglie con stranieri dove sono presenti minori, (rispettivamente 37,1% e 30,5%, contro il12,9% e il 5,7% delle famiglie di soli italiani con minori). Si nota inoltre un andamento opposto per le famiglie miste con minori del Nord, che vedono ridurre il valore dell’incidenza al 22,8% dal 32%, mentre quelle con almeno uno straniero e minori del Centro registrano rispetto al 2020 un peggioramento dell’incidenza (al 26,8% dal 18,9% del 2020).

Si conferma più diffusa la povertà assoluta tra le famiglie in affitto. L’incidenza di povertà assoluta varia anche a seconda del titolo di godimento dell’abitazione in cui si vive, e la situazione è più critica per le famiglie che vivono in affitto. Le oltre 889mila famiglie povere in affitto nel 2021 sono il 45,3% di tutte le famiglie povere, con un’incidenza di povertà assoluta del 18,5%, contro il 4,3% di quelle che vivono in abitazioni di proprietà.

Le famiglie in affitto residenti nel Mezzogiorno mostrano valori dell’incidenza di povertà assoluta pari al 22,4%, rispetto al 17,6% del Nord, con valori sostanzialmente stabili sul 2020, e al 15,4% del Centro (+3,1 punti percentuali). Le famiglie con persona di riferimento giovane (frequentemente con minori al loro interno) e quelle con stranieri, vivono più spesso in affitto, poiché scontano sia una minore capacità reddituale sia una minore probabilità di avere accumulato risparmi o aver avuto accesso a beni ereditari.

L’incidenza di povertà assoluta è più elevata per le famiglie con persona di riferimento fra i 45 e i 54 anni in affitto (pari al 23%). Guardando la cittadinanza, vive in affitto il 76,5% delle famiglie povere con stranieri; solo il 10,6% ha una casa di proprietà contro, rispettivamente, il 31,1% e il 54,9% delle famiglie in povertà di soli italiani. L’affitto medio per le famiglie in povertà assoluta è pari a circa 337 euro mensili, contro i 434 euro pagati dalle famiglie che non sono in condizione di povertà. Il 15,0% delle famiglie in povertà assoluta che vivono in casa di proprietà paga un mutuo (contro il 19,3% delle famiglie non povere). Pur trattandosi di un investimento, che, come tale, non rientra nella spesa per consumi, tuttavia, per le famiglie che la sostengono, rappresenta un’uscita gravosa.

Povertà assoluta ai massimi negli ultimi anni. Il livello raggiunto dalla povertà assoluta nel 2021 (7,5%) è tra i più elevati dall’anno in cui si è iniziato a misurare questo indicatore. Guardando all’ultimo quinquennio, nel 2017 l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta era del 6,9%, in forte crescita sull’anno precedente (6,3%) e nettamente superiore a quella media del quadriennio precedente (2013-2016) quando risultava stabile e pari al 6,1%.

L’aumento del numero di famiglie povere ha portato all’introduzione, tra il 2018 e il 2019, di varie misure di contrasto alla povertà: reddito di inclusione (2018) e reddito di cittadinanza (2019). L’impatto di tali misure si coglie almeno in parte nel calo delle famiglie in povertà assoluta osservato nel 2019, con un’incidenza pari al 6,4%, valore prossimo a quello del quadriennio 2013-2016. Nel 2020 gli effetti economici della pandemia da Covid-19 hanno favorito la crescita della povertà assoluta, determinando anche qualche cambiamento strutturale delle famiglie povere assolute.

In particolare, nel Nord si è avuto un forte aumento delle famiglie in povertà assoluta: il 6,7% nel 2021 a fronte del 5,8% del 2018. Nel Mezzogiorno, invece, l’incidenza della povertà familiare è rimasta stabile al 10%. La crescita della povertà assoluta ha riguardato maggiormente le famiglie nelle quali la persona di riferimento ha un’età compresa tra 45-54 anni; l’incidenza è cresciuta al 9,7% dall’8,3% del 2018; inoltre nel Nord l’incidenza della povertà per le famiglie residenti nella periferia area metropolitana è salita al 6,9% dal 5,4% del 2018.

Crescita generalizzata dell’incidenza di povertà relativa specie nel Mezzogiorno. Gli andamenti degli indicatori di povertà relativa sono il frutto della dinamica della spesa per consumi delle famiglie appartenenti alle diverse classi di spesa familiare. Nel 2021, l’incremento relativamente contenuto della spesa delle famiglie meno abbienti e la crescita più consistente per le famiglie con alti livelli di consumo (che, al contrario, nel 2020, avevano registrato riduzioni più marcate) favoriscono un aumento generalizzato dell’incidenza di povertà relativa, ampliando la distanza tra le famiglie che spendono di più e quelle che spendono di meno.

Le famiglie in condizioni di povertà relativa sono circa 2,9 milioni (l’11,1%, contro il 10,1% del 2020) per un totale di quasi 8,8 milioni di individui (14,8%, contro il 13,5%). Rispetto al 2020, l’incidenza di povertà relativa familiare aumenta soprattutto nel Mezzogiorno dove passa al 20,8% dal 18,3% del 2020. Anche a livello individuale si registra una crescita significativa dell’incidenza di povertà relativa sia in media nazionale (che torna ai livelli del 2019 quando era 14,7%) sia, in particolare, nel Mezzogiorno (dal 22,6% del 2020 al 25,3% del 2021) e nel Centro (dall’8,9% del 2020 al 10,0% del 2021).

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L’intensità della povertà relativa si attesta nel 2021 al 21,7%, in linea con il valore del 2020 (21,4%), raggiungendo il valore più elevato nel Sud (23,2%) e il più contenuto nel Nord-est (18,6%).

La variazione dell’incidenza della povertà relativa (1 punto percentuale in più rispetto al 2020) è di segno opposto rispetto a quella osservata lo scorso anno (-1,3 punti percentuali rispetto al 2019) e colloca i valori 2021 in continuità, almeno in parte, con i valori del 2019 dopo che, nell’anno della pandemia, con l’abbassamento della linea di povertà relativa, alcune delle famiglie che in precedenza si trovavano in povertà relativa erano uscite da questa condizione (su questo aspetto si veda la Nota Metodologica della Statistica report “La povertà in Italia” del 16 giugno 2021).

La soglia unica calcolata per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media per persona nel Paese (ottenuta dividendo la spesa totale per consumi delle famiglie per il numero totale dei componenti) e, nel 2021, è pari a 1.048,81 euro, valore nettamente superiore al 2020 (1.001,86 euro), ma ancora inferiore all’anno precedente lo scoppio della pandemia (1.094,95 euro nel 2019).

A livello territoriale, nel Nord l’incidenza di povertà relativa si attesta al 6,5%, con valori simili nel Nord-ovest rispetto al Nord-est (rispettivamente, 6,4% e 6,6%), al Centro è del 6,9% mentre nel Mezzogiorno, dove il peggioramento è più deciso, è pari al 20,8% dal 18,3% (più vicina al valore del 2019, 21,1%).

Su scala regionale, Puglia (27,5%), Campania (22,8%) e Calabria (20,3%) sono le regioni che registrano valori più elevati dell’incidenza, mentre Trentino-Alto Adige (4,5%), Friuli-Venezia Giulia (5,7%) e Lombardia (5,9%) presentano i valori più bassi, in tutti i casi, non significativamente diversi dallo scorso anno, ad eccezione della Puglia, quando era pari al 18,1%.

Nel 2021, l’incidenza di povertà relativa cresce per le famiglie residenti nei comuni fino a 50mila abitanti (12% dal 10,8% del 2020), in particolare nel Mezzogiorno (21,2% da 18,3%), dove è in aumento anche nei comuni centro delle aree metropolitane (22,6% da 18,1%).

In crescita la povertà relativa per le persone sole anziane. Nel 2021, l’incidenza di povertà relativa cresce per le famiglie monocomponente (dal 4,5% nel 2020 al 5,7% nel 2021), soprattutto nel Mezzogiorno (dal 9,1% al 12,2%); sono per lo più persone sole over 65 anni per le quali l’incidenza cresce dal 4,4% al 6,6% a livello nazionale, con un incremento più significativo nel Mezzogiorno, dal 7,9% al 13,7%. Tale andamento riguarda anche le coppie con persona di riferimento con più di 65 anni (dal 6,8% all’8,4%), per le quali nel Mezzogiorno l’incidenza arriva al 18,1% (13,2% nel 2020). Anche le famiglie di altra tipologia, che sovente vedono la presenza di più nuclei al loro interno, registrano un incremento di ben 4,1 punti percentuali (dal 21,3% al 25,4%) dovuto in larga parte all’incremento registrato nel Mezzogiorno (40,3% dal 31,6%).

Ancora in sofferenza le famiglie con tre o più figli minori che mostrano un’incidenza di povertà relativa quasi tre volte superiore a quella media nazionale (31,9% contro 11,1%) più elevata anche di quella registrata per le coppie con tre o più figli, non necessariamente minori (28,4%). Decisamente più contenuto, seppur in crescita rispetto al 2020, (sia in media nazionale sia nel Mezzogiorno) il valore dell’incidenza per le famiglie in cui è presente almeno un anziano, che passa dall’8,0% al 9,7% in Italia e dal 14,4% al 19,4% nella ripartizione meridionale.

La dinamica dell’incidenza di povertà relativa per le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione mostra valori in crescita (30,1% da 24,4%) e in linea con i livelli del 2019 (30,7%); analogamente, peggiora tra le famiglie in cui la persona di riferimento è ritirata dal lavoro (incidenza che cresce dal 6,7% del 2020 all’8,0% del 2021). Tali andamenti sono più marcati nel Mezzogiorno dove l’incidenza per le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione arriva al 40,1%.

In base alla cittadinanza dei componenti della famiglia, l’incidenza di povertà relativa è in aumento e pari al 9,2% per le famiglie di soli italiani (dall’8,6%), ma è tre volte più grande e cresce molto per le famiglie con almeno uno straniero (30,4% da 26,5%; 32,2% per quelle di soli stranieri che mostravano un valore di 25,7% nel 2020). I valori più bassi si registrano per le famiglie di soli italiani nel Nord (4,0%), i più alti per quelle con stranieri nel Mezzogiorno (45,8%, se di soli stranieri 47,6%).

Famiglie “sicuramente povere” soprattutto nel Mezzogiorno. La classificazione delle famiglie in povere e non povere, ottenuta attraverso la linea convenzionale di povertà relativa, può essere articolata ulteriormente con l’utilizzo di soglie aggiuntive, corrispondenti all’80%, al 90%, al 110% e al 120% di quella standard. Nel 2021, le famiglie “sicuramente” povere (con livelli di spesa mensile equivalente sotto la linea standard di oltre il 20%) sono pari al 5,2%, (4,5% nel 2020), con valori più elevati nel Mezzogiorno (10,0%). Quelle “appena” povere (spesa inferiore alla linea di non oltre 20%) sono il 6,0% e raggiungono il 10,8% nel Mezzogiorno; tra le “appena” povere, il 3,3% presenta livelli di spesa per consumi molto prossimi alla linea di povertà (inferiori di non oltre il 10%); sono il 5,8% nel Mezzogiorno. Le famiglie quasi povere raggiungono il 7,6%.

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