Rapporto AlmaLaurea: “Il sistema non promuove i laureati”.

E’ stato presentato ieri il XXIV Rapporto AlmaLaurea, sul Profilo e sulla Condizione Occupazionale dei Laureati. In estrema sintesi, gli indicatori fanno emergere una valutazione positiva dell’università con l’88,8% dei laureati che si dichiara soddisfatto per il rapporto con i docenti e il 72,9% che confermerebbe la scelta compiuta sia di corso sia di ateneo. Anche l’indagine sulla Condizione occupazionale fotografa un tendenziale miglioramento del tasso di occupazione a un anno dal titolo, segnando +2,9 punti percentuali rispetto al 2019 per i laureati di secondo livello e +0,4 punti per i laureati di primo livello. Anche le retribuzioni risultano in aumento: rispetto all’indagine del 2019 si rileva +9,1% per i laureati di primo livello e +7,7% per quelli di secondo livello.

Per contro, il mercato del lavoro tratteggia un quadro di instabilità per i neo-laureati con un aumento dei contratti a tempo determinato, una sfiducia nelle istituzioni e, al contrario, un’ampia fiducia nella tecnologia, nella rete di relazioni sociali e nella famiglia, fattori cruciali per il miglioramento delle possibilità occupazionali e professionali dei laureati.

Prima di fissare gli indicatori più significativi emersi nelle indagini, alcuni dati di contesto sono importanti in premessa per sancire che laurearsi conviene. Il livello del titolo di studio posseduto è determinante per non restare disoccupati e per guadagnare di più. Nel 2021 il tasso di occupazione della fascia di età 20-64 anni tra i laureati è pari al 79,2% a fronte del 65,2% dei diplomati (dati ISTAT) e un laureato, secondo la documentazione OECD (Organization de Coopération et de Développement Économiques), guadagnava nel 2017 il 37,0% in più rispetto a un diplomato.

Quanto alle immatricolazioni, dopo il notevole calo registrato a partire dall’anno accademico 2003/04, a partire dall’anno accademico 2014/15 si è osservato un costante incremento delle matricole, arrivando nel 2020/21 a +21% rispetto al 2013/14 (fonte MUR). Tuttavia nell’ultimo anno accademico (2021/22) si è rilevato un calo delle immatricolazioni (-3% rispetto al 2020/21), più forte negli atenei del Mezzogiorno (-5%). In ogni caso il numero degli immatricolati è ancora oggi inferiore rispetto a quello del 2003/04 (-5%). L’andamento delle immatricolazioni si rispecchia in modo interessante nelle aree disciplinari: rispetto all’a.a. 2003/04 l’area STEM mostra un aumento del 14%, mentre quella sanitaria e agro-veterinaria ha registrato un incremento del 2%. Infine, l’area artistica, letteraria ed educazione e soprattutto l’area economica, giuridica e sociale sono ancora al di sotto della quota di immatricolati del 2003/04 (rispettivamente -11% e -15%).

La contrazione della fruizione delle strutture e dei servizi universitari (postazioni informatiche -5,3 punti percentuali, le attrezzature per le attività didattiche, quali laboratori e attività pratiche -4,5 punti percentuali, i servizi di biblioteca -4,7 punti percentuali e gli spazi dedicati allo studio individuale -3,3 punti percentuali) rilevata nel 2021 rispetto al 2020, a causa dell’emergenza pandemica, non ha tuttavia intaccato il relativo gradimento, che risulta invece in crescita negli ultimi anni.

In generale il 90,5% dei laureati si dichiara complessivamente soddisfatto dell’esperienza universitaria appena conclusa. Nel 2011 era pari al 87,1%. In particolare l’88,8% dei laureati è complessivamente soddisfatto del rapporto con il corpo docente; l’80,9% dei laureati che ne hanno usufruito considerano le aule adeguate; il 72,9% dei laureati sceglierebbe nuovamente lo stesso corso e lo stesso ateneo (quota in crescita rispetto a quanto osservato nel 2011, 68,9%).

Sono i laureati magistrali biennali quelli più inclini a spostarsi geograficamente per motivi di studio, il 38,9% ha conseguito la laurea in una provincia diversa e non limitrofa a quella di conseguimento del diploma di scuola secondaria di secondo grado (contro il 25,4% dei laureati di primo livello e il 27,1% di quelli a ciclo unico). E le migrazioni sono quasi sempre dal Mezzogiorno al Centro–Nord. Il 28,0% dei giovani del Mezzogiorno decide di conseguire la laurea in atenei del Centro e del Nord (16,1% al Nord e 11,9% al Centro). Pertanto, per motivi di studio, il Mezzogiorno perde, al netto dei pochissimi laureati del Centro-Nord che scelgono un ateneo meridionale, oltre un quarto dei diplomati del proprio territorio.

LEGGI ANCHE:  Liste d'attesa: la Camera approva il decreto del Governo.

Sono il 4,2% i laureati di cittadinanza estera, che provengono in buona parte da famiglie immigrate residenti in Italia. Mentre sono il 2,5% i cittadini stranieri in possesso di un diploma all’estero che hanno scelto l’Italia per i loro studi universitari. Il 45,3% del complesso dei cittadini stranieri, compresi i diplomati in Italia, proviene dall’Europa; mentre tra i laureati stranieri diplomati all’estero la quota di europei è pari al 29,9% e lo stato più rappresentato è la Cina con il 12,8%.

La famiglia di origine influenza la scelta dell’università e l’entrata nel mercato del lavoro. I laureati con almeno un genitore in possesso di un titolo universitario sono il 30,9% (nel 2011 erano il 26,9%). Il contesto culturale e sociale della famiglia influenza anche la scelta del corso di laurea: i laureati provenienti da famiglie con livelli di istruzione più elevati hanno scelto più frequentemente corsi di laurea magistrale a ciclo unico (il 43,5% ha almeno un genitore laureato) rispetto ai laureati che hanno optato per un percorso “3+2” (28,2% per i laureati di primo livello e 31,3% per i magistrali biennali).

L’età media alla laurea migliora e nel 2021 è pari a 25,7 anni (nel 2011 era 26,9 anni). Così come migliora la regolarità negli studi in modo costante e marcato, negli ultimi due anni, grazie alla proroga della chiusura dell’anno accademico concessa agli studenti per l’emergenza Covid-19. Nel 2011 concludeva gli studi in corso il 38,9% dei laureati, nel 2021 la percentuale raggiunge il 60,9%. Il voto medio alla laurea nel 2021 è pari a 103,5 su 110 (nel 2011 era 102,9 su 110).

A causa della pandemia si sono ridotte le esperienze di studio all’estero riconosciute dal corso di laurea, che hanno coinvolto solo l’8,5% dei laureati nel 2021, tornando così su livelli inferiori a quelli del 2011 (percentuale pari all’11,3% nel 2020 e all’8,9% nel 2011).

Si tratta di esperienze che, oltre a valorizzare il proprio bagaglio personale, consentono di acquisire maggiori competenze linguistiche. Infatti, il 90,2% dei laureati che ha avuto un’esperienza di studio all’estero riconosciuta dichiara di conoscere almeno una lingua straniera scritta ad un livello pari o superiore a B2, mentre tale quota è del 59,3% tra chi non ha fatto questa esperienza.

Anche le esperienze di tirocinio curriculare hanno subito una battuta d’arresto dopo un periodo di aumento. Nel 2021 è il 57,1% la quota dei laureati che hanno svolto tirocini riconosciuti dal corso di laurea. Nel 2011 era il 55,3% e, dopo alcuni anni di sostanziale stabilità, dal 2015 si è evidenziata una costante crescita durata fino al 2019 (portando tale quota al 59,9%), cui è seguita la contrazione del 2020 (-2,3 punti percentuali rispetto al 2019) e del 2021 (-0,5 punti rispetto al 2020).

LEGGI ANCHE:  Stop alle iniziative spot, l'appello degli infermieri italiani.

Sia le esperienze all’estero sia i tirocini curriculari aumentano le chance di trovare lavoro. A parità di condizioni, chi ha svolto un tirocinio curriculare ha il 7,6% di probabilità in più di essere occupato a un anno dal titolo, mentre chi ha svolto un periodo di studio all’estero riconosciuto ha il 15,4% di probabilità in più.

Nel 2021 il tasso di occupazione è pari, a un anno dal conseguimento del titolo, al 74,5% tra i laureati di primo livello e al 74,6% tra i laureati di secondo livello del 2020. Un tendenziale miglioramento del tasso di occupazione si registra rispetto al 2019 segnando un +2,9% per i laureati di secondo livello; per i laureati di primo livello l’incremento è più contenuto e pari a +0,4%. Nelle analisi si è deciso di tralasciare il confronto con l’anno 2020, per la sua particolare connotazione determinata dall’insorgere della pandemia da Covid-19. È però importante sottolineare che praticamente tutti gli indicatori presi in esame figurano in miglioramento rispetto al 2020.

In questo quadro, sostanzialmente positivo sulle performance occupazionali dei laureati, è opportuno rilevare che la forma contrattuale più diffusa nel 2021, a un anno dal conseguimento dal titolo, è il lavoro non standard, prevalentemente alle dipendenze a tempo determinato, che riguarda circa il 40% degli occupati (41,4% laureati di primo livello e 38,5% laureati di secondo livello). Rispetto alla rilevazione del 2019 l’incremento è pari a +2,6 punti percentuali per i laureati di primo livello e +4,9 punti quelli di secondo livello.

Rapporto Almalaurea
Rapporto Almalaurea

La retribuzione mensile netta a un anno dal titolo è nel 2021, in media, pari a 1.340 euro per i laureati di primo livello e a 1.407 euro per i laureati di secondo livello. Rispetto all’indagine del 2019 si rileva un aumento: +9,1% per i laureati di primo livello e +7,7% per quelli di secondo livello.

Inoltre, oltre il 60% degli occupati (60,6% per i laureati di primo livello e 66,3% per i laureati di secondo livello), a un anno, considera il titolo di laurea “molto efficace o efficace” per lo svolgimento del proprio lavoro. Rispetto all’indagine del 2019 si rileva un aumento dei livelli di efficacia sia per i laureati di primo livello (+2,3 punti percentuali) sia per quelli di secondo livello (+4,9 punti).

Anche a cinque anni dalla laurea il tasso di occupazione è in aumento. Nel 2021 è pari a 89,6% per i laureati di primo livello e a 88,5% per quelli di secondo livello. Nel 2019 erano rispettivamente 88,7% e 86,8%. Nel 2021, a cinque anni dal titolo, la forma contrattuale più diffusa è il contratto alle dipendenze a tempo indeterminato, che coinvolge oltre il 50% degli occupati (65,5% tra i laureati di primo livello e 55,8% tra quelli di secondo livello).

Per quanto riguarda il lavoro autonomo la quota si attesta al 9,4% tra i laureati di primo livello e al 19,8% tra i laureati di secondo livello, e il contratto non standard (in particolare alle dipendenze a tempo determinato) riguarda il 15,8% dei laureati di primo livello e il 17,4% di quelli di secondo livello.

La retribuzione mensile netta a cinque anni dal titolo è pari a 1.554 euro per i laureati di primo livello e 1.635 euro per i laureati di secondo livello, con un aumento rispetto al 2019 rispettivamente di +8,3% e +7,3%.

Infografica rapporto almalaurea
Infografica rapporto almalaurea

Nel 2021 circa due terzi degli occupati, a cinque anni, valuta il titolo di laurea “molto efficace o efficace” per lo svolgimento del proprio lavoro (66,2% per i laureati di primo livello e 69,5% per i laureati di secondo livello). Rispetto al 2019, sia per i laureati di primo livello sia per quelli di secondo livello si registra un aumento, di 6,0 e di 4,4 punti percentuali, rispettivamente.

LEGGI ANCHE:  Formazione e occupazione, il punto di Almalaurea sul Gender Gap.

Tra i laureati magistrali biennali del 2016 intervistati a cinque anni dal titolo si registrano forti differenze tra i vari gruppi disciplinari. Il tasso di occupazione è superiore al 90% per i laureati dei gruppi in informatica e tecnologie ICT, ingegneria industriale e dell’informazione, architettura e ingegneria civile e quelli del gruppo economico. Sotto all’83,0% è il tasso di occupazione dei laureati nei gruppi di educazione e formazione, arte e design nonché letterario-umanistico.

Anche i laureati magistrali a ciclo unico, a cinque anni da titolo, mostrano ampie differenze per ambito disciplinare: per il gruppo medico e farmaceutico il tasso occupazionale è al 92,9%. Mentre è sotto la media, e pari all’81,2%, il tasso di occupazione per i laureati del gruppo giuridico.

Quanto alle retribuzioni, sono più alte quelle dei laureati magistrali biennali di ingegneria industriale e dell’informazione e di informatica e tecnologie ICT, pari rispettivamente a 1.893 e 1.851 euro mensili netti. Sotto i 1.400 euro mensili le retribuzioni dei laureati dei gruppi educazione e formazione, psicologico e letterario-umanistico. Per i magistrali a ciclo unico le retribuzioni più elevate sono percepite dai laureati del gruppo medico e farmaceutico (1.898 euro), più contenute quelle del gruppo di educazione e formazione, che si attestano a 1.404 euro mensili.

Nell’ambito del Rapporto AlmaLaurea 2022 è stato analizzato il tema della fiducia per alcuni aspetti della vita e della società per il miglioramento delle possibilità occupazionali e professionali dei laureati.

Tra la fine di maggio e la prima settimana di giugno 2022 sono state condotte oltre 1.000 interviste su un campione di laureati di primo e secondo livello del 2021 a un anno dal conseguimento del titolo. Il campione è proporzionale per genere, ateneo e gruppo disciplinare. Più nel dettaglio, è stato chiesto di esprimere una valutazione (su una scala da 1 a 10) sulla fiducia che essi hanno, per migliorare le possibilità occupazionali e professionali dei laureati, nel ruolo giocato da istituzioni (Parlamento, Governo, …), università, imprese, famiglia, rete di relazioni sociali, transizione digitale, transizione ecologica e tecnologia. I laureati hanno espresso elevati livelli di fiducia (voto superiore o uguale a 8 su 10) nella tecnologia (70,9% per i laureati di primo livello e 69,6% per quelli di secondo livello), nella rete di relazioni sociali(67,2% e 67,8%, rispettivamente) e nella famiglia (67,2% e 67,0%). I laureati sono più fiduciosi nella transizione digitale (61,7% per i laureati di primo livello e 60,5% per quelli di secondo livello) rispetto a quella ecologica (rispettivamente, 53,3% e 50,4%). La quota di laureati che esprime un’elevata fiducia nell’università e nelle imprese è invece poco inferiore al 50%: 48,8% e 45,5% per l’università, 43,1% e 42,2% per le imprese, rispettivamente per i laureati di primo e di secondo livello. A fondo scala si trovano le istituzioni nelle quali solo il 16,7% dei laureati di primo livello e il 20,3% dei laureati di secondo livello ripone ampia fiducia. A livello disciplinare, i laureati STEM ripongono una maggiore fiducia nelle imprese rispetto agli altri laureati: 49,6% per i laureati di primo livello e 43,7% per quelli di secondo livello.