Giovani e mobilità internazionale in Sardegna. Quale futuro? Intervista a Luca Frongia.

Qual è lo stato di salute della mobilità internazionale in Sardegna? L’emergenza coronavirus ha causato un vero e proprio blackout a tutti i livelli nel campo delle politiche giovanili. Un contesto di incertezza che porta, necessariamente, a riflettere sulle pregresse criticità del settore e, in particolare, sulla mancanza di un maturo sistema di riconoscimento delle competenze trasversali e sul disallineamento economico dei programmi europei per i giovani, che perdura da circa 21 anni.

Conoscere lo stato dell’arte insieme alle organizzazioni qualificate in materia di politiche giovanili è, quindi, un atto dovuto. Facciamo il punto sullo stato della mobilità giovanile con Gianluca Frongia, Presidente dell’organizzazione giovanile TDM2000 e portavoce del CASMI, Comitato delle Associazioni Sarde per la Mobilità Internazionale, che raggruppa le organizzazioni protagoniste del settore in Sardegna.

Salve Gianluca, dopo circa 7 anni il programma europeo Erasmus+ volge al termine del suo mandato. L’Unione Europea, recentemente, ha dichiarato che le risorse previste per il futuro programma saranno raddoppiate da 15 a 30 miliardi di euro. Facendo il punto su alcune azioni, però, abbiamo rilevato che restano confermati i massimali in vigore per le azioni chiave 1. Insomma negli ultimi 20 anni, con i programmi europei Youth, Youth in Action, Erasmus+ e il futuro programma che verrà, abbiamo assistito alla conferma dei massimali per i costi dei progetti, nonostante l’aumento dei prezzi di beni e servizi. Come fate a garantire la qualità dei progetti giovanili alla luce dell’aumento fisiologico dei prezzi di beni e servizi? 

Il programma Erasmus+ è il risultato delle esperienze di tantissimi progetti svolti in tutto il mondo negli ultimi 25 anni. Una parte fondamentale della costruzione della “casa comune” dell’Unione Europea, trova fondamento nei valori espressi e condivisi da tantissimi giovani nelle varie azioni del programma in particolare il valore della comprensione interculturale e della solidarietà, principi cardine a cui ispirarsi anche in questo particolare momento. Ricercare soluzioni sempre più innovative e sostenibili è ciò a cui il terzo settore è abituato, ma lavorare offrendo la qualità necessaria con delle quote forfettarie simili al periodo in cui ancora mandavamo i fax fa sorridere.

Sarebbe auspicabile finanziare meno progetti di mobilità giovanile puntando all’approvazione di progetti di maggiore qualità, e, quindi, con maggiore budget?

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La Commissione ed il Parlamento europeo hanno previsto un incremento delle risorse per il prossimo programma 2021-2027 per l’educazione e per i giovani. I report di valutazione dei progetti realizzati e inviati da tanti operatori ed associazioni giovanili che operano sul territorio, dicono chiaramente che è necessario lavorare soprattutto con i giovani con poche opportunità, che rimangono spesso ai margini della società ed esclusi dalle rispettive comunità. 
Se le quote forfettarie non verranno aggiornate assisteremo ad una sempre minore partecipazione dei giovani più vulnerabili alle attività di mobilità internazionale.

Come valutate le risorse per gli operatori giovanili? Nel programma Erasmus+, come per i precedenti programmi, non sono previste remunerazioni specifiche per gli operatori giovanili per l’azione chiave 1. Vi sembra congrua questa decisione alla luce della necessità di valorizzare la figura dell’operatore giovanile e garantire la qualità dei progetti?

Gli operatori giovanili sono assolutamente ai margini di questo programma. Una figura professionale che svolge un lavoro educativo fondamentale, in prima linea con i ragazzi/e nelle periferie delle città, che portano con sé esperienze complicate e fortemente a rischio di emarginazione. Pochissime le risorse previste.
E’ necessario che l’Europa riconosca questi sforzi e che i Paesi Europei affermino questa figura professionale nel proprio ordinamento.

Spesso nel settore giovanile si assiste ad una proliferazione di progetti molto simili. Mancanza di creatività dei giovani o bandi e valutazioni liberticide? 

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Le priorità sono importanti, giusto che si lavori nei temi di rilevanza Europea che stimolino i ragazzi a trovare idee e nuove soluzioni. Lavorare nelle stesse priorità pone però il tema da lei indicato.

Parliamo ora di Youthpass e certificazioni delle competenze di apprendimento non formale. Parlando con diversi beneficiari dei progetti di mobilità spesso queste certificazioni, seppur utili, non vedono alcun riconoscimento fuori dai progetti di mobilità, rischiando di essere troppo autoreferenziali. Sarebbe auspicabile una maggiore spinta legislativa per il loro riconoscimento nel mondo del lavoro?

Il programma Europeo Gioventù in Azione (2007-2013) diede molti spunti innovativi alle politiche giovanili nazionali tra questi lo Youthpass, un certificato che riconosceva gli apprendimenti dei giovani attraverso l’educazione non formale in 8 diverse competenze chiave. Tuttavia, dal 2007 ad oggi, nonostante alcuni interessanti documenti legislativi nazionali (legge Fornero) vi è stato senza dubbio poco interesse a validare queste competenze apprese e a costruire un modello curriculare non soltanto sui valori scolastici ma anche sulle esperienze acquisite. Auspichiamo che la prossima programmazione dia nuovo slancio a queste politiche. L’Europa in questo deve dare un impulso e gli Stati nazionali devono creare e definire il sistema di riconoscimento.

Anche in Sardegna, come in altre regioni d’Italia, non esiste ancora una legge matura per il sostegno delle politiche giovanili. L’ultimo tentativo risale al 1999 con una dotazione di 10milioni di lire (5mila euro di oggi) per il fabbisogno di tutta la Regione. Da organo qualificato sulle politiche giovanili come valutate l’inerzia delle Giunte regionali degli ultimi 21 anni?

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La Legge del 1999 è quella ancora in vigore. Il documento si basava su principi e valori assolutamente rilevanti ed in linea con le politiche Europee in materia di gioventù (ad esempio il libro bianco delle politiche giovanili). Purtroppo la Legge non diede mai i propri frutti e non vi fu seguito nella costituzione degli organi previsti nella legge venendo meno anche la rappresentanza giovanile. Ci sono stati degli interventi molto validi come il Piano Straordinario per i Giovani del 2010, il programma Slegali, la legge per le organizzazioni di comprovata esperienza internazionale, nei quali, però, è mancata una concertazione con i giovani, unita ad una assenza di tempestività nella pianificazione di questi strumenti.

Nella nostra Isola, sono ricorrenti le frasi sulla valorizzazione e lo sviluppo delle competenze dei giovani, da parte degli amministratori locali. Se è vero che le decisioni politiche spesso si traducono in servizi per i cittadini, come valutate i servizi erogati ai giovani da parte delle amministrazioni locali?

I giovani sono la categoria che sta più soffrendo la crisi socio-economica in questi anni e certamente dopo l’epidemia occorrerà ridisegnare parecchi interventi.
Supportare e guidare i giovani verso la propria crescita personale e professionale dovrà essere l’obiettivo delle amministrazioni che siano locali o nazionali. Nessuno deve essere lasciato indietro, ma per farlo occorre comprendere sia le difficoltà che i giovani incontrano che le metodologie di lavoro per interagire con loro. Il legislatore, gli uffici amministrativi ed i giovani devono trovare delle risposte comuni.
Le associazioni giovanili del CASMI e gli animatori giovanili che fanno parte della rete sono pronti a fare la propria parte mettendo a disposizione delle amministrazioni il proprio bagaglio esperienziale.

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