10 anni di Fondazione Dinamo. Incontro con gli studenti del sassarese sui valori dello sport. La fantastica storia di Giovanni Achenza.

Ieri il PalaSerradimigni è stato la cornice di un incontro inserito nel programma delle celebrazioni dei dieci anni della Fondazione Dinamo che ha visto la partecipazione delle tre squadre biancoblu (la Dinamo, Dinamo Women e Dinamo Lab)e circa 500 studenti degli istituti della provincia insieme a eminenti personaggi dello sport isolano.

Ad aprire l’incontro è stato il numero uno della società, Stefano Sardara, che ha evidenziato l’importanza dei valori dello sport specialmente verso i giovani: “La Fondazione è nata per i ragazzi perché anche da genitori sappiamo che spesso le informazioni e le indicazioni su come comportarsi nella vita hanno più valore se arrivano da degli esempi. I giocatori di basket hanno il potere di essere esempi di vita per i ragazzi e in tempi non sospetti abbiamo pensato che fosse corretto che loro restituissero al territorio e alla gente ciò che ricevono quotidianamente. All’inizio era strano convincere i ragazzi a fare qualcosa di diverso dal giocare, coinvolgendoli nelle attività in ambito sociale, ma adesso è parte del patrimonio della Dinamo Basket. Chi viene qui sa che è un aspetto centrale del nostro mondo e lo fa volentieri”.

Parere condiviso dal direttore generale del Banco di Sardegna Giuseppe Cuccurese: “Per me è un piacere essere qui oggi, passo tutte le domeniche al Palazzetto ed è una gioia vederlo gremito di tanti ragazzi: il Banco fa tante altre cose insieme alla Dinamo e alla sua Fondazione, che è una costola importante del mondo biancoblu. Crediamo fortemente che abbia senso stare vicino ai giovani, a partire dal sostegno alle scuole e alle famiglie. Negli anni scorsi abbiamo portato 3000 ragazzi alle sfide di coppa, per tanti è stata la prima volta al Palazzetto, speriamo di poterlo rifare presto“.

Spazio quindi agli ospiti della giornata, a partire dal portavoce di Unicef Andrea Iacomini: “Per capire il significato che lo sport può assumere nella vita di qualcuno, soprattutto di chi non ha niente, voglio condividere con voi la storia di una ragazza della Moldavia che viveva sulla strada: lei, che oggi è una maratoneta, ha iniziato a prendere parte a una gara podistica organizzata da Unicef dove in palio c’era un gelato. Quel piccolo premio ha cambiato la sua vita; ai ragazzi che ci sono qui oggi voglio dire che alla loro età non avevo gli strumenti che hanno oggi, se vedete qualcosa che vi colpisce tenetelo a mente, parlatene e fate delle domande. Siate curiosi, chiedete, informatevi: non vi è richiesto oggi di salvare il mondo ma dovete sapere che all’estremo sud di questo mondo c’è sempre qualcuno che ha bisogno. Divertitevi, vivete la vostra vita al 100 per cento“.

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Le imprese di Luna Rossa hanno animato i tanti tifosi italiani fino alla finale della America’s Cup, tra i protagonisti dell’incredibile cavalcata anche Davide Cannata e Michele Cannoni, che hanno condiviso le loro esperienze: “La passione per la vela è stata naturale, io sono nato in Liguria e sono per metà sardo – racconta Michele -: il mare è nei miei geni. Ho avuto un nonno velista e da lì ho seguito il cammino per diventare professionista. La vela è uno sport brutale perché non è un campionato in cui ogni domenica giochi e puoi crescere partita dopo partita: ti alleni da solo, progetti la barca per quattro anni e vai a fare la regata. Solo lì capisci se hai lavorato bene o meno: quando siamo andati a Auckland non eravamo contenti, nel 2021 con tutto il team abbiamo fatto solo tre giorni off. È andata bene anche se non come volevamo contro un avversario come New Zeland nelle loro acque, ma abbiamo provato a portargli via tutti i punti che potevamo. CI sono però team che come noi hanno lavorato per tre anni e mezzo alla barca e dopo cinque giorni sono rientrati a casa senza niente in mano”.

Per Davide invece la passione per la vela è nata con Luna Rossa: “Prima facevo il nuotatore: è capitata l’occasione di trovare un posto nel team perché cercavano un grinder – che è chi dà energia alla barca – mi sono fatto trovare pronto e la mia vita è cambiata. Quando capita un’occasione dobbiamo usare tutte le nostre energie perché potrebbe cambiarci la vita. Oggi la vela è la mia vita. Nel nostro lavoro il tempo non basta mai, bisogna spingere dal primo giorno anche se poi il tempo è la risorsa più importante che abbiamo e non va sprecato. Dedicate le vostre energie a qualcosa che vi appassioni”.

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Spazio quindi a Giovanni Achenza, medaglia di bronzo Paratriathlon alle Olimpiadi di Tokyo ed eccellenza isolana: “La prima esperienza a Rio è stata bellissima, non ero certo un atleta candidato al podio e arrivando terzo è stata un’emozione indescrivibile: da lì ho lavorato duro per arrivare a Tokyo. Qui non era scontato andare sul podio ed è stata una seconda rivincita”. La sua storia umana è incredibile: “Avevo un’impresa edile, ho avuto un incidente in un cantiere dove dovevo essere e ho avuto una lesione al midollo. Quando sono uscito dall’ospedale ho dovuto imparare tutto di nuovo, per tre anni non sapevo cosa fare della mia vita: poi ho iniziato quasi per caso a fare delle gare, vincere delle maratone e ci siamo accorti che avevo del potenziale. Nel 2009 ho iniziato il percorso da professionista con la nazionale ciclistica italiana fino ad arrivare a Londra 2012, qui ho deciso di cambiare disciplina e sono passato al triathlon e dal 2013 ho iniziato a vincere il campionato italiano (di cui sono ancora campione in carica) e ho iniziato il percorso prima per gli europei e poi mondiali che mi ha portato fino alle Olimpiadi“.

Sul parquet del PalaSerradimigni l’applauso per i ragazzi della Nazionale con sindrome down che ha vinto gli Europei, in rappresentanza Davide Paulis oristanese doc e coach Giuliano Bufacchi: “Allenare una nazionale è un impegno, ci vuole molta preparazione – racconta il ct azzurro – siamo uno staff più ampio con altre tre persone oltre me. Giocare con la maglia dell’Italia è tanta roba non solo per noi ma anche per i ragazzi che conoscono i sacrifici che hanno fatto. Dal 2016 abbiamo vinto due europei e un mondiale, due mesi fa vincere su un campo di casa ha veramente un valore inestimabile” . Davide Paulis, doppio campione europeo, campione nazionale e tifoso Dinamo: “La Sardegna ci permette di andare avanti, sono molto orgoglioso di essere sardo e rappresentare la mia isola in Europa e nel mondo. Per me non arrendersi significa stare sempre con la squadra, che si vinca o si perda”.

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In chiusura i tre capitani della Dinamo Jack Devecchi, Cinzia Arioli e Claudio Spanu: “La pallacanestro è la mia vita, ho iniziato a giocare a 6 anni e la mia vita è ruotata intorno al basket: per perseguire gli obiettivi servono la passione e il sacrificio. Ci sono dei momenti difficili, non è tutto sempre rose e fiori: la vita di uno sportivo è accompagnato dalle difficoltà ma fare della propria passione un lavoro è la cosa più bella che può capitare” ha raccontato Cinzia.

Claudio Spanu non ha dubbi: “So che suonerà forte ma devo ringraziare l’incidente che mi ha portato al basket in carrozzina che nella sfortuna è stata la mia fortuna: il basket è la mia vita, quello che mi ha aiutato a rialzarmi. Mi sono allenato senza sosta per perseguire il mio obiettivo. Ad aprile qui si disputeranno le final eight di Eurolega che non è una cosa che capita tutti i giorni, stiamo lavorando duro perchè non vediamo l’ora”.

Last but not least Jack: “E’ importante capire che oltre a essere atleti professionisti possiamo mandare dei messaggi importanti: siamo ammirati dai ragazzi, sappiamo di avere una responsabilità. Abbiamo iniziato questo percorso della Fondazione dieci anni fa e non era facile, piano piano è diventato un valore acquisito per tutti quelli che arrivano qui. Abbiamo fatto tante iniziative importanti, sono fiero di essere stato ambasciatore in tantissime e aver coinvolto sempre i miei compagni. I messaggi che sono partiti da questa ribalta oggi sono importanti, nella vita come nello sport ci vogliono passione e sacrificio: io credo nel lavoro, dietro tutto quello che c’è di bello ci sono sempre ore e ore di lavoro”.

Nel finale lo scambio di doni sul parquet: le Dinamo Women insieme alla Dinamo Lab e una delegazione della squadra maschile con Stefano Gentile, Gerald Robinson, David Logan e Filip Kruslin hanno consegnato agli ospiti delle maglie personalizzate. I campioni d’Europa della nazionale C21 hanno regalato le maglie dei due atleti sardi della Nazionale – Davide Paulis e Antonello Spiga- ai capitani delle tre squadre. Al termine dell’incontro spazio alla pallacanestro: sull’iconico parquet del PalaSerradimigni è stata improvvisata un’amichevole tra i campioni della Nazionale C21, i giocatori biancoblu e gli ospiti presenti.

foto Luigi Canu