Neet, Meritocrazia Italia: “Andare oltre le logiche di sussidio. Corsi di formazione slegati dai reali bisogni delle imprese”.

“Mai come in questo momento storico serve mettere al centro dell’agenda politica la realizzazione di una rete di protezione a tutela del lavoratore disoccupato e favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Dall’inizio della crisi emergenziale, milioni di posti di lavoro sono stati persi, ma non si dimentichi che, oltre ai disoccupati, ci sono altrettanti milioni di inattivi e inoccupati. Sono tantissimi i giovani che non cercano un posto di lavoro perché sono convinti di non poterlo trovare”.

Una riflessione condivisa oggi da Meritocrazia Italia, alla luce degli scarsi risultati prodotti dal Sistema Informativo Lavoro, la Borsa lavoro e le Agenzie private per il lavoro: “In questo momento di affanno – ricordano da Meritocrazia Italia – i Centri per l’impiego dovrebbero mostrare tutta la loro utilità, come accade in altri Paesi come Germania e Francia. E invece, lo si rileva sempre, le politiche interne sociali del lavoro si riducono alla previsione di sussidi. Ci si limita a distribuire assegni ai disoccupati per consentire di ‘arrivare a fine mese’ e incentivi alle aziende per assumere. Politiche ‘passive’, inutili alla risoluzione dei problemi. Né possibili per sempre. Tolto il cerotto, la ferita ricompare!”.

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Si investono, in particolare, poche risorse per i servizi che potrebbero essere d’aiuto ai disoccupati nel trovare un posto di lavoro. Vulnus, probabilmente, che risiede proprio nella organizzazione dei Centri per l’impiego, perennemente alle prese con le note carenze di organico e risorse umane non adeguatamente formate.

Da qui la proposta di Meritocrazia Italia: “Si applichi la legge secondo la quale, lì dove le Regioni non garantiscono i servizi di ricollocazione, è lo Stato a dover subentrare, commissariando i Centri per l’impiego inadempienti. Si preparino e formino i lavoratori in base a ciò che il territorio richiede (addetti delle rsa, alla produzione di beni e servizi, manovalanza, autisti, etc.), anche puntando sulla implementazione e diversificazione degli ITS. La programmazione di corsi di formazione oggi non è legata ai reali bisogni delle imprese, ma nella maggior parte dei casi si tratta di generiche lezioni di informatica o di inglese (dagli istituti professionali escono ogni anno meno di 4.000 diplomati, mentre le aziende potrebbero assorbirne almeno 20.000)”.

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