Conferenza sul futuro dell’Europa: l’esecuzione dei panel dei cittadini è sempre più imbarazzante.
Dovevano rappresentare uno dei momenti più performanti della Conferenza sul futuro dell’Europa ma, come si è registrato nel corso del secondo incontro, i panel dei cittadini europei si stanno rivelando per quello che sono: un imbarazzante e improduttivo esercizio di partecipazione nell’ambito del cosiddetto “futuro dell’UE costruito dal basso”, come ricordato dall’organizzazione degli incontri e, in particolare, dal tenore dell’output prodotto e condiviso dai partecipanti.
Nulla di nuovo per una iniziativa partita male – che ha visto, inspiegabilmente, la predisposizione di una pessima dotazione finanziaria per la promozione a livello europeo -, e proseguita peggio grazie anche a una insostenibile verve autocelebrativa sul presunto successo della Conferenza nell’UE. Narrazioni autoreferenziali che neanche gli esigui risultati di engagement riportati quotidianamente sulla piattaforma online e multilingue, sono riusciti a smorzare.
Un percorso di coinvolgimento indecoroso per i cittadini partecipanti al secondo Panel della Conferenza, alcuni dei quali, come emerso nel corso del wrap-up sui lavori della discussione, hanno lamentato una scarsa condivisione ex ante delle informazioni sugli argomenti trattati. Partecipanti come Juan per il quale la sensazione condivisa è che ci sia stata confusione nell’ordine e nella metodologia dei lavori: “Siamo tutti molto confusi e talvolta non conosciamo gli argomenti sui quali dobbiamo esprimerci. Se ci fosse stata comunicata meglio la metodologia avremmo potuto migliorare il nostro apporto e posizionamento”. Per un altro partecipante, ancora, servirebbero “più informazioni sugli argomenti da discutere in modo da prepararci meglio. Difficile – prosegue – esprimersi su temi che non conosciamo bene. Sono stato inserito in un gruppo sui media digitali ma non ero pronto. Se avessi saputo che si sarebbero affrontati questi argomenti mi sarei preparato meglio”.
Feedback che non possono che confermare un certo imbarazzo e portare a domandarsi circa l’utilità di far interagire cittadini europei senza cognizione di causa su temi così rilevanti. Ricordiamolo, argomenti fondamentali per “l’Europa del futuro”, quali economia, giustizia, lavoro, politiche giovanili, formazione, cultura, sport e trasformazione digitale.
Una discussione sui lavori resa ancora più improbabile a causa della pessima traduzione degli interventi da parte degli interpreti e dagli innumerevoli problemi tecnici di collegamento. Elementi inaccettabili per una iniziativa che fin dal giorno del suo lancio ha dichiarato di voler essere determinante per il ‘tracciamento’ di un nuovo corso europeo. Nella realtà, purtroppo, si sta assistendo a un esperimento partecipativo di dubbio gusto e scarsamente di servizio pubblico.
Mediocrità confermata anche dal tenore ‘generalista’ degli enunciati dei partecipanti che tra dichiarazioni sui massimi sistemi e banalità non hanno permesso di far emergere il cosiddetto ‘nocciolo della questione’ sui temi trattati. Ne è un candido esempio l’intervento di Marina: “Abbiamo avuto una discussione vivace sul tema dei giovani sul mercato del lavoro. Un dibattito utile e concreto: genitori, studenti e persone coinvolte nel sistema dell’istruzione hanno presentato esperienze e ognuno ha potuto osservare il tema condividendo il proprio punto di vista”. Quali? Non è dato saperlo se non che la questione è stata “esaminata sotto diversi punti di vista” e che “parliamo degli stessi problemi a livello sovrannazionale”.
Generalizzazioni che ricorrono anche nell’intervento successivo: “Abbiamo parlato di argomenti vari e su come equilibrare i desiderata di ogni cittadino/a europeo/a. Il dibattito è stato serio”. Poco ma buono verrebbe da dire!
Discussione proseguita con Nikola: “Abbiamo parlato di digitalizzazione, discusso con gli esperti, rilevando forti discrepanze nel mondo del lavoro e la non completa applicazione delle basi giuridiche”. Intervento reso confuso dai diversi problemi tecnici e proseguito con il richiamo ai “problemi di piattaforma” e alla traduzione dei contributi dei partecipanti “che hanno creato notevoli difficoltà all’interno della discussione tra cittadini”.
Dal feedback del gruppo coinvolto nella discussione “lavorare in Europa” si è poi passati al focus group sull’economia per il futuro, anch’esso accompagnato dai soliti problemi tecnici: l’imbarazzo per i conduttori in studio sembrerebbe essere il vero leit motiv del wrap-up dei lavori del panel dei cittadini, concordi sul “passare avanti” al prossimo collegamento con Vincenzo: “Nel nostro gruppo il clima è stato costruttivo”. Nuovamente problemi di collegamento seguiti dalla sostituta di Ilaria, un’altra partecipante: “Ilaria è malata. La sostituisco io. Abbiamo parlato di clima, molto interessante e ottime idee da parte di tutti. Siamo concordi sulla necessità di rivedere il nostro modo di consumare e infliggere sanzioni per le imprese che non adottano procedure verdi e aumentare la tassazione per le multinazionali tipo Amazon. Sì alle sovvenzioni per le PMI che desiderano passare all’energia verde e all’uniformità della politica fiscale”.
Altro collegamento: fermo immagine e rumore di sottofondo. Riprende il collegamento con Vincenzo: “Contributo attivo da parte di tutti. Abbiamo discusso sull’agricoltura, infrastrutture e le difficoltà di accesso ai servizi internet da parte degli anziani”. Anche qui non è dato sapere quali siano state le soluzioni condivise dal gruppo se non la proposta di “istituire una delega per le persone di fiducia dell’anziano per lo svolgimento delle attività sulla rete”.
Dopo una pausa di 4 minuti si ritorna in studio per il feedback del gruppo impegnato sul tema della “società giusta”. Prende la parola Juan: “C’è stato consenso e poco disaccordo. Si è parlato di giustizia sociale, di salute, anziani e pensioni. Insomma, tanti temi”.
Intervento talmente generico da richiedere l’intervento del presentatore in studio: “Sembra che il dibattito sia stato molto ampio. Di cosa avete parlato? Potete fare un esempio concreto?”. La risposta pragmatica non si fa attendere: “Parlato di differenze tra gli uni e gli altri, dei problemi di alloggio per i giovani e del sostegno per l’infanzia”.
A questo punto nuovi problemi di collegamento, interrotti dal successivo intervento: “Abbiamo discusso su istruzione, divario di genere e sport, riscontrando differenze educative nei 27 Paesi UE – chi lo avrebbe mai detto? -. Si deve promuovere l’armonizzazione e la convalida dei titoli accademici cosi da garantire maggior mobilità e occupazione nell’UE. Ancora, abbandonare la discriminazione socio economica causata dalla pandemia. Sul divario salariale e di genere promuovere la pari opportunità nel lavoro e salari giusti. I cittadini – prosegue – non devono spostarsi per trovare migliori condizioni di vita, ma trovarle nel Paese dove risiedono L’Ue deve lavorare sul divario di genere. Promuovere maggiori opportunità per lo sport e la cultura. Lo sport deve entrare nei sistemi sanitari. Serve una campagna di sensibilizzazione europea per portare lo sport in tutti gli aspetti della vita quotidiana. Spero che il nostro contributo sia stato utile”. Chi potrebbe mai affermare il contrario?
Wrap-up proseguito con le presentazioni del gruppo incaricato della discussione sul tema “apprendere e studiare in Europa”, del quale faceva parte Camila: “Abbiamo parlato di identità comune europea, un tema che è stato difficile da discutere. Cosa vuol dire identità? Ci deve essere una educazione all’identità europea? Abbiamo parlato di Erasmus+ utilizzato più che altro dalle elité. Abbiamo ragionato – prosegue – sulla possibilità di avere una lingua comune? Per molti il multilinguismo è essenziale per altri ci deve essere una lingua comune, l’inglese”. Discussioni di ‘ampio respiro’ e di ‘sistema’, come ricordato da un’altra partecipante: “Ognuno ha fatto del proprio meglio. Abbiamo parlato di Erasmus+, programmi di scambio e su come ampliarli, rilevando che sono conosciutissimi. Forse non si conosce bene il programma tra le stesse persone coinvolte nel panel dei cittadini”.
Ma allora di cosa parliamo? Come si possono proporre soluzioni se non si conoscono neanche i minimi rudimenti sui temi della discussione? Mistero!
Si è passato poi al tema della digitalizzazione e trasformazione digitale: “Il gruppo è stato attivo e sono state condivise idee molto valide – ha proseguito Camila -. Come consumatori non conosciamo i rischi dell’uso di internet. Specialmente gli anziani non percepiscono i suoi rischi. Abbiamo parlato di reati commessi su internet e sulle azioni congiunte per contrastarli, rilevando che non ci sono abbastanza regole sui dati personali. Dobbiamo accettare pagine di regole per accedere a un sito. Ci vogliono testi più brevi: non si possono leggere troppe pagine”.
Parere condiviso da Andrea (“Ci siamo concentrati sul divario digitale e l’istruzione. Siamo stati colpiti dal sistema finlandese e abbiamo chiesto di testarlo per capire se è possibile applicare tale sistema in UE”) e da Gino per il quale “bisogna tutelare i nostri dati”. Intervento, quest’ultimo, di difficile condivisione per via della improbabile traduzione dell’interprete.
Banalità, problemi tecnici e scarse skills degli interpreti. Come si possono informare e coinvolgere compiutamente i cittadini europei sulle attività dei panel della Conferenza in un siffatto contesto di pura e semplice sprovvedutezza?
Improvvisazione disarmante che prosegue nel corso della presentazione del sondaggio dei partecipanti: “Non si legge il sondaggio” si sente in live, al quale risponde il conduttore: “Un attimo. Cosa dicono i tecnici?”. Il sondaggio non si vede…
Se questa può essere considerata come “una tappa importante per i lavori della Conferenza sul futuro d’Europa” c’è poco da aggiungere.
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