‘Liminal’, il secondo disco del progetto Safir Nòu.

Verrà presentato ufficialmente sabato 6 e domenica 7 novembre alle 20.30 nella Sala Eleonora d’Arborea a Cagliari “Liminal”, il nuovo disco del progetto Safir Nòu, guidato dal musicista e compositore Antonio Firinu. Il disco è prodotto dall’etichetta Seahorse Recordings (con la distribuzione di Audioglobe) e vede la luce dopo quattro intensi anni di lavoro, studio, letture e viaggi del suo autore.

Nel lavoro in studio, hanno affiancato l’autore Antonio Firinu (alle chitarre, fisarmonica e synth), Sergio Tifu al violino, Ivana Busu alla fisarmonica, synth ed elettronica, Andrea Lai al contrabbasso e Antonio Pinna alla batteria e percussioni. Sono tanti gli ospiti di prestigio che hanno contribuito ad arricchire l’importante e dettagliato lavoro, tra i quali Matteo Leone al calabash, mondòl e frame drum, Yaacob Gonzalez Garcia al rabab e kemenche, Gianluca Pischedda al violoncello, Andrea Sanna al Fender Rhodes, Marco Caredda al vibrafono e Marco Pittau alla kalimba.

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Liminal, ricordano i promotori, si suddivide in due parti, intitolate Waves e Sands, ciascuna composta da sei composizioni: “Waves racconta il mare quale dimensione liminale. É liberamente ispirato al romanzo “Marinai Perduti” di Jean Claude Izzo. I marinai, assettati di avventura, si trovano intrappolati per lungo tempo nel porto di Marsiglia, e la narrazione si dispiega attraverso i loro racconti il cui tema principale è la libertà. Il mare diventa un rituale, un grembo che accoglie uno stato di piena libertà, ma allo stesso tempo di abbandono e lontananza, uno spazio interstiziale senza meta. Waves – proseguono – si focalizza sulla costante ricerca della libertà, della dimensione di sospensione dell’essere, tra le onde, lungo un ambiente di passaggio. Come le onde, la musica accompagna il viaggio su ritmi costanti, delle volte cullanti, altre volte più incalzanti. La musica dipinge costantemente tonalità di blu, lungo un continuo sviluppo di armonie, melodie e ritmiche che descrivono uno stato di sospensione costruito sugli scambi di chitarra classica, percussioni, contrabbasso, violino, violoncello, fisarmonica e sonarità elettroniche”.

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Sands racconta il deserto quale dimensione liminale. Si ispira al romanzo biografico “Il deserto non ha cielo” di Lamin Ceesay, che documenta il viaggio di un migrante dal Gambia verso l’Italia, ma è anche un tentativo di raccontare il coraggio, la fuga, la speranza di tutti i migranti. L’essere “non più” e contemporaneamente “non ancora” è ontologicamente una condizione di liminalità per il migrante. In questo caso, il viaggio è spinto dalla speranza, dalla ricerca di una condizione altra, per una meta incerta e non chiara. La musica dipinge tonalità di giallo, è arida, psichedelica, a tratti malinconica, a tratti incalzata da ritmi di danza propiziatoria. Il lavoro prende forma e si sviluppa a partire dal suono del vento e della sabbia che si fondono fino a creare ritmo e armonia. La musica descrive dei luoghi ben precisi che intitolano i brani. Così si sentono riecheggiare modalità sonore ispirate al blues del deserto, alla musica tradizionale del popolo nomade dei Tuareg, ma anche musiche del Mediterraneo, sorrette da un senso di sospensione, di attesa, di fatica e di speranza”.

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