Spopolamento aree interne, CNA Sardegna: “-36% della popolazione in base alle proiezioni demografiche”.

Da una parte c’è la Sardegna costiera, quella nota, il paradiso del turismo balneare, dei servizi. Poi c’è quella più ancestrale, quella dell’interno, dei territori montuosi e degli scenari agro-pastorali. Da una parte un’Isola che lotta per emergere, per crescere, che guarda al futuro; dall’altra quella che lotta per sopravvivere e tutelare sé stessa, la sua memoria e la sua storia. Questa la fotografia dell’Isola scattata dalla CNA Sardegna, per la quale nell’entroterra sardo l’invecchiamento della popolazione e il fenomeno del brain drain giovanile non accenna ad arrestarsi: un impoverimento demografico accompagnato da un declino economico che non potrà che produrre sempre meno reddito, risorse e impresa nell’Isola.

“Lo spopolamento della Sardegna – ricordano dalla federazione locale – è iniziato dopo il piano di Rinascita. Ma dagli anni Sessanta ad oggi il fenomeno è diventato inarrestabile: se nel 1961 la popolazione localizzata nei comuni dell’interno dell’isola era pari al 47% del totale regionale, nel 2020 essa è scesa al 33% e di questo passo potrebbe scendere al 29,7% nel 2050”. Un declino – per incapacità o dolo – che va avanti da oltre trenta anni e che ha colpito alcune aree più di altre nella Regione, come emerge dall’indagine della CNA Sardegna che ha rilevato, oltre i tassi di invecchiamento nelle aree interne (1 su 4 over64), la presenza di molti edifici in disuso, ben 11700 stabili inutilizzati e 46mila abitazioni vuote.

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Un quadro da girone dantesco che difficilmente potrà risolversi con le solite partite di giro della programmazione territoriale nell’Isola, ampiamente fallimentare specialmente sul fronte dell’inclusione lavorativa e sociale dei giovani.

“Il calo demografico, lo spopolamento dell’entroterra, tende a determinare la perdita di identità culturale dell’Isola – spiegano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna – Serve dunque un progetto di sviluppo che ponga maggiore attenzione alle dinamiche socio-economiche dell’entroterra, attraverso la valorizzazione e la tutela dell’immenso patrimonio paesaggistico e culturale, ripensando la qualità della domanda turistica, promuovendo un turismo culturale, naturalistico, esperienziale e promuovendo la cultura, l’economia, l’artigianato e le tradizioni locali. Il rischio è che il fenomeno stesso, accelerando, possa portare, in certe realtà dell’interno, non solo ad una morte economica ma anche ad una ben più irreversibile morte anagrafica. Una morte che è anche una morte culturale, quando l’impoverimento del territorio porta ad un impoverimento del capitale umano, con gli individui culturalmente più preparati che prediligono contesti socio-economici più dinamici e tendono a spostarsi verso le grandi città, i comuni litoranei o all’estero. Inoltre in un contesto di declino demografico, diventano più onerosi e meno efficaci il presidio e la tutela del territorio”.

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