Sardegna Isola Megalitica. Al via la mostra itinerante sul megalitismo.
Le antichissime culture megalitiche della Sardegna e in particolare la cultura Nuragica a partire da luglio saranno al centro, per la prima volta, di un incredibile evento internazionale, che, dal 30 giugno fino a settembre, toccherà quattro importanti città europee come Berlino, San Pietroburgo, Salonicco e Napoli, rivelando al pubblico storie e testimonianze materiali, paesaggi e civiltà affascinanti e uniche, per molti versi ancora avvolte nelle nebbie della ricerca.
4 tappe di una straordinaria mostra – promossa dalla Regione Sardegna con il patrocinio del Ministero della Cultura -, dedicata alle antichissime culture megalitiche della Sardegna, compresa quella nuragica, per la prima volta al centro dell’attenzione internazionale. Nel cuore del Mediterraneo, crocevia di incroci e relazioni, l’Isola ha sviluppato civiltà uniche e originali ancora oggi oggetto di interrogativi e ricerche scientifiche.
Un vero e proprio evento espositivo itinerante in Europa che, tra i vari reperti, porterà fuori dall’Isola uno dei Guerrieri di Mont’e Prama, accendendo, inoltre, i riflettori sulle sepolture delle “domus de janas” di epoca neolitica ed eneolitica e sulle iconiche riproduzioni statuarie di “dee madri”, veri e propri capolavori artistici. Un viaggio alla scoperta delle incredibili architetture dei nuraghi che hanno caratterizzato l’Età del Bronzo nell’Isola e sulle cosiddette “tombe di giganti”, sui contatti tra civiltà lontane e sugli eccezionali bronzetti nuragici raffiguranti donne, uomini, guerrieri e animali.
Una mostra finanziata dall’Unione Europea, grazie ai fondi Por Fesr, che sarà ospitata nel Museo Nazionale per la Preistoria e Protostoria di Berlino (dal 30/06/21 al 30/09/21), presso il Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo (dal 19/10/21 al 16/01/22), nel Museo Archeologico Nazionale di Salonicco (dall’11/02/22 al 15/05/22) e, infine, al MANN Museo Archeologico Nazionale di Napoli (dal 10/06/22 all’11/09/22).
Poli museali dove i visitatori potranno scoprire il patrimonio archeologico dell’Isola che nel corso dei millenni ha visto svilupparsi culture e civiltà originali, capaci di dar vita a testimonianze ed evidenze monumentali e creando, di fatto, una plurimillenaria avventura.
In ogni sede, ricordano i promotori della mostra, attraverso le collezioni dei musei, sarà favorito il confronto e il dialogo con le civiltà coeve sviluppatisi in Europa e nel Mediterraneo, a mostrare connessioni, contatti e differenze, alla scoperta del megalitismo, il filo rosso scelto per ripercorrere le vicende della Sardegna, ovvero quell’attitudine alla realizzazione di edifici con elementi litici di grandi dimensioni. Una tendenza che contraddistinse l’Isola per un lungo lasso di tempo, dall’età Neolitica attraverso tutta l’età del Bronzo fino a quella del Ferro, e che segna, tuttora, il paesaggio sardo attraverso i lasciti della civiltà nuragica, tra cui circa 7000 nuraghi.
Si parte dunque dal periodo recente e finale del Neolitico, quando si diffondono le ”domus de janas” scavate nella roccia, ovvero in lingua sarda le “case delle fate o delle streghe” – in diversi casi successivamente monumentalizzate in facciata – o quando si diffondono i dolmen e poi, in Età del Rame, quando si costruisce un altare monumentale unico nel panorama del Mediterraneo – ma con parallelismi nelle ziqqurath del Vicino Oriente – come il santuario di Monte d’Accoddi e si realizza la muraglia monumentale di Monte Baranta.
Quindi la mostra conduce nel cuore della civiltà nuragica, vero simbolo dell’unicità della Sardegna. Gli impressionanti nuraghi, costruiti in numero elevatissimo a partire dal 1600/1800 a.C. circa con blocchi di basalto, trachite e granito, di grande varietà tipologica e funzionale ma tutti accomunati dalle torri a tholos (sistema di copertura), sono stati al centro di importanti dibattiti e interpretazioni che hanno messo a fuoco le loro molteplici funzioni, rievocate in mostra dai manufatti esposti: l’alimentazione, l’agricoltura e allevamento, il controllo del territorio, le produzioni artigianali.
Attorno ad essi, in molti siti, si sono sviluppati villaggi più o meno estesi, talvolta racchiusi da antemurali altrettanto imponenti, anche questi intervallati da torri. Nello stesso contesto, ispirati al megalitismo, sono anche gli edifici legati al campo funerario e i luoghi di culto, pur con tutti i mutamenti della religiosità che si possono supporre nell’ampia fase nuragica.
Le “tombe di giganti”, così chiamate a livello popolare a causa delle imponenti dimensioni, che nell’immaginario venivano collegate al gigantismo dei defunti, erano in realtà sepolture comunitarie ospitanti anche centinaia di individui e connesse forse al culto degli antenati, davanti alle quali venivano praticati rituali e offerte, spesso al cospetto della rappresentazione di divinità (betili). Allo stesso modo anche i luoghi di culto e i santuari si articolano in numerose tipologie edilizie tutte improntate al megalitismo: tempi a pozzo, fonti sacre e templi a megaron sono diffusi in tutta la Sardegna.
La religiosità delle genti nuragiche è qui rappresentata al suo massimo grado dall’enorme numero di ex voto figurati in bronzo – i cosiddetti “bronzetti” di cui la mostra darà conto con alcuni reperti di grandissimo interesse – che riproducono figure umane, maschili e femminili nei diversi ruoli della società, ma anche animali, oggetti e persino edifici. Proprio la produzione della bronzistica figurata offre uno spaccato vivace della società nuragica, del vestiario, della gestualità, delle armi, dei sistemi alimentari; mentre la presenza di collane e vaghi in ambra, rinvenuti negli scavi degli ultimi trent’anni in tanti santuari della Sardegna, testimonia stretti collegamenti dell’Isola non solo con il mondo mediterraneo, ma anche con le reti commerciali e culturali della Penisola e dell’Europa centrale.
Anche nell’Età del Ferro (I millennio a.C.), in una società in cui si sono profondamente modificate le dinamiche sociali, economiche e costruttive, i nuraghi, pur non edificati da vari secoli, continuano a essere centrali nell’immaginario collettivo quale simbolo di un passato mitico in cui tutta la popolazione dell’Isola si riconosce.
Finito il tempo degli ingegnosi e arditi costruttori di torri nuragiche, si diffondono dunque le miniature di tali edifici, in pietra, ceramica, bronzo e anche in materiali deperibili, utilizzate probabilmente come altari in rituali collettivi e rinvenuti infatti al centro di edifici megalitici intesi come “capanne delle riunioni”. È questo il momento in cui alcuni gruppi emergono sugli altri e si formano le prime aristocrazie. A Mont’e Prama una di queste si autorappresenta e si autocelebra con un complesso scultoreo unico nel suo genere, composto da quasi 40 imponenti statue in pietra di Guerrieri, Arcieri e Pugilatori, oltre a modelli di nuraghe e betili.
Per la nuova società, il tempo lontano degli eroi era oggetto di venerazione e di richiamo identitario. Evento irripetibile è il prestito di una delle celebri sculture di Mont’e Prama da parte del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari per questa storica esposizione internazionale: un “Pugilatore” alto con piedestallo 190 cm e pesante circa 300 kg. Rinvenute in frammenti a partire dagli scavi del 1975-1979 e ricomposte grazie a
interventi di restauro di eccezionale delicatezza e dai risultati sorprendenti (i primi nel 2007-2011), queste imponenti statue, nelle loro raffigurazioni schematiche realizzate secondo uno stile convenzionale d’impronta geometrica, non trovano paragoni nel variegato patrimonio artistico e monumentale della Sardegna e ancora
sono aperte a diverse interpretazioni. Un dato tuttavia è certo: la civiltà nuragica era ormai al tramonto.
Nonostante questo, il suo retaggio continuerà ad essere leggibile attraverso i secoli, malgrado il mutare dell’orizzonte semantico: dapprima con l’arrivo dei Fenici attestati lungo le coste sarde a partire dal IX secolo a.C, quindi con la presa dell’Isola da parte di Cartagine, alla fine del VI secolo, e poi con l’arrivo dei Romani.
Anche dopo la conquista romana (238 a.C.) l’eredità nuragica appare leggibile, come testimoniano i resti della cultura materiale in mostra e in alcuni casi le fonti epigrafiche che ci restituiscono una onomastica prelatina.
Persino in età medievale i nuraghi e addirittura le “domus de janas” sono ancora oggetto di riutilizzo e molti villaggi medievali si addensano intorno alle torri nuragiche. Un mondo in evoluzione che non dimentica le sue origini.