Start-up, l’ingenuità della ministra Fabiana Dadone.

Nel corso di una conferenza online sul tema dei giovani, lavoro e tecnologia andata in onda sulla piattaforma twitch con l’ospite Agostino Santoni, Amministratore Delegato di Cisco Italia, la ministra per le Politiche Giovanili, Fabiana Dadone ha condiviso con il ‘popolo della rete’ una nuova alzata d’ingegno: la creazione di un sito dedicato ai fondi per le start-up nel nostro Paese, così da aiutare gli aspiranti startupper a districarsi all’interno della mole di informazioni sparse nel web per la creazione d’impresa: “In Italia ci sono i fondi per creare una start up. C’è ne sono tanti. Ho fatto un’indagine mia perché anche tramite gli uffici ministeriali non riuscivo ad avere un quadro di tutti i fondi che ci sono, ma sono sparsi nei vari ministeri che interessano tutti gli under 35. E li sto facendo mettere insieme all’interno di un sito, come unico punto dì accesso perché è impossibile chiedere di andare sul sito del Mise, poi delle Politiche agricole e forestali, poi su quello dell’Università e Ricerca. Serve un unico sito che comunichi in maniera semplicissima quali sono i fondi, perché ci sono, e come poter accedere in maniera semplice”.

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Uno statement a mezzo social che evince un’ingenuità di fondo in merito al supporto degli aspiranti imprenditori nel nostro Paese dove, ricordiamolo, in assenza di garanzie e di risorse proprie non è possibile accedere ad alcun fondo perduto per l’innovazione, nonostante l’ingente stanziamento di risorse da parte dello Stato per le start-up. Non per niente, leggendo le dotazioni finanziarie dei bandi per le start-up e, in generale per l’imprenditoria giovanile, è facile notare una discrepanza tra le risorse stanziate e quelle effettivamente erogate agli/alle aspiranti startupper. Giovani che, come capita nella stragrande maggioranza dei casi, o fanno affidamento su un garante – spesso la famiglia -per poter accedere a un contributo a fondo perduto o rinunciano alla presentazione del proprio piano d’investimento, rendendo di fatto il sostegno alle giovani imprese una questione di censo e appannaggio di coloro che hanno la possibilità di anticipare le spese per gli investimenti e/o di sottoscrivere con un istituto bancario o assicurativo una fideiussione a garanzia delle risorse gestite dagli enti erogatori.

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Quindi – consiglio spassionato per la giovane ministra Dadone – per essere realmente incisivi nel campo del supporto alle nuove aziende dei/delle giovani italiani/e bisogna andare oltre le iniziative spot e l’autoreferenzialità istituzionale o del più inopportuno “volemose bene a mezzo social” per fare spazio, invece, a una seria discussione sull’accesso al credito dei giovani startupper e sulle iniziative che lo Stato e le Regioni devono proporre per facilitare l’accesso al credito e, in generale, ai bandi per le start-up. Iniziative pubbliche, ancora, che devono rimuovere il più possibile gli attuali paletti inseriti all’interno degli avvisi pubblici, tali da limitare l’efficacia del piano di investimento e la riuscita dello start-up, come ad esempio capita – giusto per citarne uno – nel bando Resto al Sud dove il costo del personale non è ammissibile.

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Ancora, bisognerebbe ragionare seriamente sull’inerzia dei dipendenti pubblici delle varie agenzie regionali e nazionali che spesso non mettono efficacemente in condivisione, attraverso iniziative di animazione territoriale, l’esistenza dei fondi di garanzia per le nuove imprese. Ma questa è un’altra storia.

Cara ministra Dadone, non serve mettere a sistema milioni di euro per le startup se poi gli aspiranti beneficiari – i giovani – non hanno i mezzi per accedere ai fondi, per quanto essi possano essere inseriti “ordinatamente in un unico sito”. Sveglia Dadone!